Esteri
Coronavirus, i taiwanesi in Italia: "Nessuna evacuazione, combattiamo insieme"
La richiesta di un imprenditore al governo di Taipei di evacuare i connazionali in Italia porta alla reazione della comunità taiwanese
L'emergenza coronavirus in Italia è seguita con attenzione anche a Taiwan. Lo è sin dall'inizio, visto che il governo Conte bis è stato il primo al mondo a vietare i collegamenti aerei diretti e poi a introdurre la quarantena di 14 giorni per tutti coloro che arrivano dall'isola, nonostante abbia sempre avuto un numero molto limitato di contagi. Ora che l'epicentro dell'epidemia si è spostato in Europa, con l'Italia che è diventato il secondo paese al mondo con più casi dopo la Cina, Taipei (che da un paio di settimane prevede a sua volta la quarantena per chi arriva dall'Italia) osserva con preoccupazione, anche in riferimento ai taiwanesi (circa 600) residenti su territorio italiano.
Qualche giorno fa, un imprenditore taiwanese residente a Milano ha lanciato un appello al governo di Taipei, chiedendo l'evacuazione sua e dei suoi connazionali, facendo riferimento ai numerosi studenti (e non solo) concentrati in particolare in Lombardia e nel suo capoluogo.
I media taiwanesi hanno dato ampio risalto al suo appello, tanto che il caso è stato discusso anche dal governo, con il ministero degli Esteri che ha dichiarato che, per il momento, non c'è la necessità di evacuare i cittadini taiwanesi presenti in Italia.
Sul tema ha deciso di lanciare un messaggio la comunità taiwanese in Italia, con un messaggio congiunto che è stato sottoscritto da più di 180 persone e pubblicato in un post sul gruppo Facebook "Taiwanesi in Italia", intitolato: "Affrontiamo l'epidemia insieme, non lasciamo che il virus ci divida".
Il messaggio è stato firmato residenti o domiciliati in diverse città italiane, da nord a sud, da Bergamo a Roma fino a Lecce. "Non abbiamo mai chiesto l'evacuazione dall'Italia", si legge nel messaggio. "Le fonti delle notizie non possono rappresentare la nostra opinione. Non aumenteremo l'onere degli operatori sanitari di Taiwan, né abbiamo intenzione di assorbire le risorse sanitarie di Taiwan". Si legge ancora: "Se e quando lasceremo l'Italia, compreremo da soli il biglietto". Poi un messaggio di solidarietà al nostro paese. "L'Italia è anche la nostra casa. Siamo abbastanza preoccupati perché l'Italia soffre dell'epidemia. Vivendo qui, abbiamo sperimentato in prima persona le carenze di questo paese e abbiamo capito che all'inizio il governo e le persone non erano diffidenti nei confronti del virus. Abbiamo una dura battaglia davanti a noi, ma crediamo che il luogo di nascita dell'umanesimo possa alla fine sopravvivere a questo momento difficile. I media continuano a parlare del sovraccarico del sistema sanitario, ma ciò dimostra che c'è una perseveranza degli stereotipi sull'Italia. L'isolamento non rende la folla indifferente. Sotto le restrizioni, i volontari aiutano comunque gli anziani che vivono soli a offrire pasti e chattare online. E non ci si dimentica di continuare a prendersi cura dei senzatetto per strada".
Il messaggio della comunità taiwanese ha l'intenzione anche di rassicurare le proprie famiglie che seguono con apprensione le notizie che arrivano dall'Italia: "Restiamo a casa ma non c'è carenza di cibo. L'epidemia cresce ma non c'è panico, il governo italiano ha ripetutamente adottato misure più drastiche da nord a sud, chiudendo scuola, chiese, musei e ogni attività di gruppo. Abbiamo abbandonato alcune delle attività quotidiane, dai ristoranti ai caffè, per restare a casa e prevenire l'estensione del contagio. Ma non c'è panico, tutti stanno continuando a vivere. Non c'è nessuna carenza di cibo o di farmaci".
Nel post di Facebook si fa anche un confronto con Wuhan: "Nessuno ci costringe a stare a casa. Possiamo sempre uscire, anche dalle città o paesi in cui viviamo, a patto di avere un motivo per farlo, come lavoro, salute o necessità di altro tipo. (...) Forse c'è qualcuno che se ne approfitta, ma la maggior parte delle persone obbedisce alle regole".
Il messaggio si conclude con un invito ad "affrontare l'epidemia tutti insieme. Si costruiscono muri, sospessi e ci si critica a vicenda, ma per quanto possano essere alti i muri non possono fermare il virus. Di fronte alla globalizzazione del virus, dobbiamo tutti avere maggiore comprensione e assistenza reciproca. Non lasciamo che il virus ci divida".