Esteri
Dietro la tregua in Libano la vittoria di Israele e la sconfitta di Hezbollah e dell'Onu
Perché tutto viene rimandato tra 60 giorni, guarda caso, quando si sarà insediato alla Casa Bianca Donald Trump
Tregua in Libano, l'intervista di Affari all'analista Luciano Tirinnanzi
Sono passate poche ore dal via alla tregua in Libano annunciata ieri al mondo prima da Bibi Netanyahu e poi da Joe Biden e tutto sembra tenere. Un accordo che non solo nasconde delle difficoltà ma che ha dietro di se vincitori, vinti e soprattutto provoca reazioni a catena di cui dobbiamo tenere conto nell'analizzare quello che è successo e che potrebbe succedere nei prossimi 60 giorni, come ci spiega Luciano Tirinnanzi, esperto di geopolitica e analista internazionale.
La vittoria di Tel Aviv
"Sul fatto che la tregua sia un successo di Israele non ci sono dubbi. Tel Aviv di fatto sta riuscendo in quelli che erano sul campo tutti gli obiettivi previsti. Il primo era lo smantellamento di Hezbollah, sopratutto dei suoi vertici e questa operazione, compiuta soprattutto con gli attacchi mirati a Beirut, è stata compiuta. C'era però una cosa ancora superiore, un traguardo più importante da raggiungere: il controllo della Blue Line. È quello il nuovo confine che Israele vede del Libano; il controllo dell'area a sud del paese dove operavano i miliziani di Hezbollah con i loro lanci di missili per colpire Israele. Netanyahu ha quindi ottenuto di rimanere nell'area e colpire alla bisogna".
L'area però sarebbe sotto il controllo dei Caschi Blu dell'Onu...
"Infatti se c'è uno sconfitto in questo accordo sono proprio le Nazioni Unite. E, vista la situazione passata e presente, sarebbe ora di ammettere il fallimento della missione Unifil con il ritorno a casa delle truppe, non solo quelle italiane".
Lei crede che questa tregua durerà?
"A livello globale sì. Tel Aviv non ha alcuna necessità di colpire per prima. Hezbollah deve ricostruirsi e rimettere insieme le proprie fila. La popolazione è esasperata e non più disposta a sopportare altri bombardamenti. C'è però sicuramente chi lavorerà contro l'accordo. Soprattutto l'Iran il cui interesse è scombinare le carte ed i progetti di Israele e degli Stati Uniti in una partita in cui ha fatto da spettatore. Ci saranno quindi azioni di cani sciolti, di miliziani ribelli per incendiare la situazione e vedere come si comporterà Netanyahu. Ma se Usa ed Israele resteranno uniti la tregua dovrebbe reggere anche perché se parliamo della situazione sul campo di battaglia la tregua in Libano libererà risorse per Tel Aviv da spostare a Gaza contro Hamas".
Anche perché alla scadenza della tregua alla Casa Bianca al posto di Biden ci sarà Donald Trump. Questo cosa cambia?
"È un altro vantaggio per Netanyahu. Lui e Trump sono in stretto contatto, da sempre, e molto amici. E a Trump non spiacerebbe una Blue Line sotto controllo di Israele, anche attraverso una missione con soldati americani. La vera partita per i due leader però non è mai stata in Libano ma restano Gaza ed Hamas. Quella è una situazione molto più complessa di difficile soluzione ed è chiaro dalle dichiarazioni anche della campagna elettorale che Trump ha come obiettivo la fine delle ostilità. Ci sono quindi 60 giorni di tempo per lavorare su questo. E l'Onu e l'Europa stanno tristemente ancora a guardare".