Esteri

Trump e Scholz, mano tesa a Putin. Ma Vladimir potrebbe non sedersi al tavolo delle trattative

La congiuntura politica porta sia il neopresidente Usa che il cancelliere tedesco a cercare la fine del conflitto ucraino. Ma il presidente russo potrebbe avere altri piani

di Andrea Muratore

Trump e Scholz, mano tesa a Putin. Ma Vladimir potrebbe non sedersi al tavolo delle trattative

Un asse Donald Trump-Olaf Scholz per la pace in Ucraina, a qualsiasi condizione? È quello che potrebbe nascere alla luce dell’insediamento del tycoon repubblicano a Washington il 20 gennaio e della corsa spasmodica del cancelliere tedesco a portare a casa risultati in vista del voto del 23 febbraio. Trump e Scholz pronti a parlare con Vladimir Putin per porre fine alla guerra da un lato, Emmanuel Macron e Keir Starmer a portare avanti le strategie antirusse dall’altro. Il recente incontro dell’Eliseo tra Trump, Macron e Volodymyr Zelensky ha permesso a The Donald di presentare la sua visione, ispirata al “Piano Kellogg” che prende il nome da Keith Kellogg, 80enne generale trumpiano di ferro che il presidente eletto ha nominato inviato speciale per l’Ucraina nella sua seconda amministrazione.

Kellogg, assai influente sul vicepresidente J.D. Vance, ha espresso ad aprile il suo piano in un saggio pubblicato dall'America First Policy Institute, centro studi conservatore, fondato sul concetto di pace attraverso la forza: usare la deterrenza americana per far sedere Putin al tavolo delle trattative, essere in prima persona la garanzia alla sicurezza dell’Ucraina senza farla entrare nella Nato. E, al contempo, spingerla però a negoziare politicamente le linee di demarcazione con la Russia sulla base dello status quo sul campo, rinviando a un negoziato post-cessate il fuoco il futuro assetto del Paese.

Il piano Kellogg e la "riforma" della Nato

“L'amministrazione Trump ha rafforzato la posizione di deterrenza dell'Europa nei confronti della Russia rivitalizzando l'alleanza NATO per lavorare per gli interessi americani, spingendo i membri della NATO a contribuire equamente all'alleanza e a soddisfare i loro obiettivi di spesa per la difesa dell'articolo 3 della NATO”, notava Kellogg. Aggiungendo che Washington dovrebbe agire ricordando che “riformando la NATO per riportarla al suo intento originale di fungere da accordo di sicurezza collettiva, l'onere della deterrenza russa non è più ricaduto esclusivamente sugli Stati Uniti. Gli europei sono stati spinti a farsi avanti per difendere la loro sicurezza regionale e tornare a essere alleati efficaci”. America First all’ennesima potenza.
 
Il presidente repubblicano americano intercetta qua la domanda di cambiamento del cancelliere socialdemocratico uscente, in piena crisi di consensi anche per l’onda lunga della guerra in Ucraina in cui Scholz ha sostenuto attivamente Zelensky, rendendo Berlino la seconda contribuente nella Nato alla resistenza di Kiev. Scholz ha bisogno di far qualcosa per rimontare la Cdu e Afd, soprattutto nelle regioni dell’Est colpite dalla crisi industriale e dall’impoverimento produttivo. Ecco che emerge politicamente l’immagine del “cancelliere della pace” già spesa più volte in passato: Scholz è tornato a parlare a Putin e nel primo mese di Trump potrebbe essere la sua maggiore sponda per un tentativo di dialogo.

Ma Macron ha un conto aperto con la Russia

Da Parigi è meno propenso a tale dialogo Macron, che ha un conto aperto con la Russia per il braccio di ferro africano, figlio delle numerose infiltrazioni di Mosca nel suo estero vicino tra Mali, Niger e Burkina Faso. Nulle le possibilità, per ora, di coinvolgere il falco antirusso Starmer da Londra. Ecco che potrebbe nascere lo strano asse figlio della volontà di accontentare la destra isolazionista americana da parte di Trump e di sottrarre voti a quella tedesca in Germania da parte di Scholz. Una strana coppia che può essere un fattore di stimolo su Zelensky per sedersi al tavolo dei negoziati e cercare volontà di trattativa.  Ma chi lo dirà a Putin? Oggi il meno propenso a trattare è proprio colui che si sta avvantaggiando sul campo in Ucraina. E se vale la vecchia regola che gli accordi si fanno in due parti, senza l’avversario Washington non ha di che trattare. È questo, per The Donald, il vero ostacolo. Potenzialmente insormontabile.