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Meta, Disney, McDonald's e Amazon dicono stop a diversità e inclusione: Trump mette fine alla cultura woke

Dopo anni di adesione ai movimenti per la diversità e l’inclusione, le aziende americane vogliono smantellare queste politiche.... Analisi

di Chiara Morelli

Woke Addio? Con Trump, le aziende Usa abbandonano i piani di “diversità e inclusione”. Ecco chi sono: dopo Meta, anche McDonald’s, Amazon, Disney e gli altri

Il 20 gennaio è ufficialmente iniziato l’era di “Trump 2.0”il tycoon repubblicano è tornato infatti ad essere il Presidente degli Stati Uniti d’America dopo Joe Biden, e per questo motivo, da diverse settimane aziende e colossi americani stanno effettuando enormi cambiamenti interni di natura politica, e soprattutto “comunicativa”, apparentemente, per adeguarsi alle idee del nuovo Presidente. Dopo l’annuncio del Ceo di Meta Mark Zuckerberg, che ha confermato l’eliminazione dei fact checkers su tutte le sue piattaforme (Facebook, Instagram, WhatsApp e Threads), in nome della “libertà di espressione”, molte altre aziende hanno iniziato ad “adeguarsi”, mostrando una nuova tendenza, segno di grandi cambiamenti in arrivo, come specchio dei tempi e del clima politico mutato.

Come evidenziato da Diana Mihaylova su InsideOver, il 10 gennaio Meta ha fatto sapere di voler abbandonare i propri piani di “diversità, equità e inclusione” (Diversity, Equity, Inclusion DEI), una serie di programmi (adottati da molte aziende americane) che negli ultimi anni avevano promosso iniziative contro la discriminazione, in particolare verso le minoranze e la comunità Lgbtq+. Ciò segna una decisiva inversione di rotta per il colosso di Mark Zuckerberg, che proprio per questo, ha suscitato moltissime polemiche sul web, anche dopo la decisione di rimuovere la fornitura di tamponi e assorbenti femminili dai bagni maschili degli uffici Meta, in linea con l’eliminazione dei piani DEI. Tuttavia, Meta non è affatto l’unica azienda ad aver deciso di eliminare dalle proprie policy i piani DEI, ma anzi, anche McdDonald’s, Amazon, Walmart, Ford, Harley-Davidson e molti altri hanno intrapreso la stessa strada.

Un altro caso particolare è poi quello della Walt Disney. Già prima di Meta, nel mese di dicembre, Disney aveva scelto di modificare alcuni contenuti dei suoi film e cartoni, tra cui non era passata inosservata la rimozione di un personaggio di orientamento trans dal cartone animato Moon Girl and Devil Dinosaur. In aggiunta, nelle stesse settimane Disney aveva anche cambiato la trama di Win or Lose (una serie animata in uscita a febbraio) rivedendo – anche in questo caso - un personaggio trans, e ridisegnandolo in una nuova veste, diffondendo una nota rispetto alla loro nuova policy comunicativa: “Quando si tratta di contenuti animati per un pubblico più giovane, riconosciamo che molti genitori preferirebbero discutere determinati argomenti con i propri figli secondo i propri termini e tempistiche”. Un importante cambiamento, dopo anni di film e pellicole dallo spirito più “inclusivo”.

Si può dunque parlare di una fine della “cultura woke” e del “politicamente corretto”? In molti hanno visto questa serie di grossi cambiamenti, come una risposta alle politiche e alle idee di Donald Trump, che spesso si è espresso proprio contro alcune idee della cosiddetta “cultura woke”, anche rispetto alla censura presente sui social fino a poco tempo fa (sulle piattaforme Meta), non presente invece su X, che - com’è noto – apparitene al suo amico, partner e collaboratore Elon Musk. Senza dubbio, è evidente che dopo anni di adesione ai movimenti per la diversità e l’inclusione, le aziende americane siano intenzionate a smantellare queste politiche, facendo però sorgere dubbi sulla loro sincerità, trasparenza e impegno politico reali, mossi piuttosto da interessi di posizionamento e convenienza, che poco hanno a che fare con etica e morale.

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