Esteri

"L'arresto del sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu? Manovra politica. Ecco perché Erdoğan ne uscirà ancora più forte" 

Imamoglu è finito in manette, insieme ad altre 78 persone, con l'accusa di corruzione e terrorismo. Nel Paese montano già le proteste e la politica guarda alle presidenziali del 2028. Che cosa aspettarsi? Parla Matteo Giusti, analista geopolitico

di Marta Barbera

Proteste in Turchia dopo l'arresto del sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu, parla Giusti (analista geopolitico)

“In Turchia le coincidenze non accadono più da molto tempo. Siamo di fronte a una chiara manovra politica che ridisegna, ancora una volta, quanta presa di potere abbia il presidente Recep Tayyip Erdoğan nel Paese. Le manifestazioni del CHP (Partito Popolare Repubblicano, ndr), che scoppieranno solo nei grandi centri, non scalfiranno la forza del Sultano. Alle prossime elezioni, anche se anticipate nel 2026, conquisterà la vittoria”. Così Matteo Giusti, analista geopolitico e autore per l'Espresso e Il Riformista commenta con Affaritaliani.it l’arresto del sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu, figura di spicco del CHP e oppositore dell’attuale presidente turco.

Imamoglu, accusato di "estorsione, corruzione, frode e turbativa d'asta da parte di un'organizzazione criminale" e per "favoreggiamento nei confronti il dell'organizzazione terroristica Pkk" è infatti il principale candidato alla presidenza del Partito Repubblicano alle elezioni del 2028 e i sondaggi lo vedevano in vantaggio su Erdoğan. La notizia, oltre a scuotere la politica interna, ha destato allarme anche in Europa: il portavoce del ministero degli Esteri tedesco, Sebastian Fischer, ha dichiarato che l'arresto di Imamoglu rappresenta un "grave stop per la democrazia" in Turchia, una mossa per intensificare le "pressioni", a pochi giorni dalle primarie del CHP. 

L'intervista 

E mentre nel Paese montano già le prime proteste, ci si interroga sul futuro. Come leggere la carcerazione dell'anti-Erdoğan per eccellenza in vista anche del voto del 2028? "In Turchia nulla avviene per caso, e le coincidenze non accadono più da molto tempo. Esattamente dal 2016 quando un presunto maldestro golpe voluto da una parte di forze dell’esercito- ma soprattutto almeno secondo l’accusa dell’attuale presidente turco da Fethullah Gulen (influente predicatore islamico, ndr)- ha rafforzato la presa del Sultano sul Paese. Da quel momento Erdoğan ha di fatto decapitato qualsiasi tipo di forma di opposizione accentrando su di sé ogni tipo di potere", spiega Giusti ad Affaritaliani.it. 

"L'arresto del sindaco di Istanbul è una mossa ad orologeriaImamoglu rappresenta l’unico vero avversario di Erdoğan, che ha strappato la grande città a cavallo da Europa e Asia. Insieme a lui, tra l’altro, sono state arrestate diverse centinaia di persone: politici, amministratori e giornalisti. E le accuse sono di corruzione, ma soprattutto di terrorismo, che in un contesto come quello turco non sono così difficili da ottenere.  Erdoğan da quando è al potere ha voluto mettere una serie di reati che potessero essere inseriti in tale dicitura. Quindi ora qualsiasi tipo di attacco o attentato a quella che lui ritiene l’entità di Stato diventa automaticamente terrorismo", sottolinea Giusti. "Anche il CHP, che resta un partito rilevante e influente nella Grande Assemblea (Parlamento, ndr) parla di un colpo di stato da parte del presidente turco e della magistratura sotto il suo controllo, per decapitare quel poco che resta dell’opposizione", aggiunge l'analista. 

L'arresto di Imamoglu è quindi una "netta manovra politica che ridisegna ancora una volta quanta presa di potere abbia il Sultano in Turchia. Nonostante le difficoltà economiche gigantesche e la moneta che si svaluta di continuo, Erdoğan continua ad avere un fortissimo seguito popolare. In tutto ciò poi va ricordato che il peso geopolitico della Turchia è in crescita ovunque. In tutti i tavoli negoziali trovi i turchi: Russia, Nagorno-Karabakh, Medio Oriente, Africa centrale e Corno d’Africa", commenta ancora Giusti. 

In questo apparente caos politico, secondo Giusti, "Erdoğan ne uscirà ancora più forte. Nel 2028, e sono pronto a fare questa scommessa, vincerà le elezioni perchè in primis, come detto pocanzi, ha ancora un grande seguito- non nelle grandi città come Istanbul, Ankara e Smirne- ma nelle campagne. Tutto il ceto tradizionalista sta dalla sua parte. Inoltre, le forze armate, la polizia, i servizi segreti sono suoi fedelissimi. Basti pensare che il capo dei servizi segreti, Hakan Fidan, è da un po’ di tempo ministro degli Esteri. Quindi io credo che Erdoğan abbia ancora totalmente il controllo politico del Paese". 

L'ipotesi di un voto anticipato, secondo Giusti, è "fattibile, anche se tecnicamente un po' complicato". "Si potrebbero anticipare le elezioni di un anno o un anno e mezzo: la Turchia così potrebbe andare al voto nella primavera del 2026. Considerando che Erdoğan ha più di 70 anni e non sta benissimo a livello sanitario, prima si fa rieleggere in un momento di massima popolarità e prima gli conviene. Il 2028 invece permetterebbe a Imamoglu di far crescere il suo seguito: è un politico giovane, popolare e molto amato. Un profilo adatto per il futuro della Turchia", spiega Giusti. 

Secondo Giusti invece il rischio di una mobilitazione popolare, a fronte dell'arresto del sindaco di Istanbul, non c'è.  "In Turchia il controllo poliziesco-militare dello Stato è molto forte. Le manifestazioni rimarranno limitate nei grandi centri. Non mobiliteranno certo milioni di persone e non potranno scalfire il potere di Erdoğan che è pronto a fare una contro manifestazione utilizzando il suo AKP (Partito per la Giustizia e lo Sviluppo, ndr) e i suoi fedelissimi". 

Infine, il terremoto economico-finanziario che questa mattina ha portato la lira turca a toccare nuovi minimi storici, con il cambio che ha raggiunto 40,24 lire per un euro e 36,81 lire per un dollaro e il contraccolpo che ha subito la Borsa di Istanbul con l'indice BIST che ha registrato un calo del 6,87% all'apertura, portando alla temporanea sospensione delle contrattazioni, è solo "temporaneo".

"La credibilità dei titoli turchi all’estero", spiega Giusti ad Affaritaliani.it, "è dovuta soltanto all’iperattivismo del sultano Erdoğan. Perché in realtà l’economia, nel suo complesso, è da tempo in estrema difficoltà: la disoccupazione è piuttosto alta e senza i sussidi statali che il presidente distribuisce a pioggia ai suoi fedelissimi tante famiglie sarebbero in difficoltà".

"L’economia, continua l'analista, ha bisogno di iniezioni di prestiti internazionali, e Erdoğan è in grado di prenderli praticamente da tutti. Per tanti anni ha preso intorno ai 6 miliardi dall’Europa per controllare la rotta balcanica. Ora sarebbe in grado di fare un accordo con l’Arabia Saudita o con i paesi del Golfo per un’altra iniezione che sostenga in primis gli stipendi statali (altrimenti andrebbe davvero verso un golpe), e che in secundis metta denaro pesante, quindi dollari, in un’economia che ha difficoltà nel reperire moneta estera che serve per pagare i debiti". "La Turchia ha un’esposizione debitoria molto importante, un prodotto interno lordo che cresce meno di quanto molti economisti, forse più ottimisticamente, avevano pensato", conclude Giusti. 

Sull'argomento leggi anche: 

Turchia, arrestato per corruzione il sindaco di Istanbul Imamoglu: è tra i principali oppositori di Erdogan

Chi è Ekrem Imamoglu, l'anti-Erdogan arrestato. La sinistra turca e il potere proibito