Esteri

Vaccinazioni, il Cile un modello di velocità e solidarietà

di Daniele Rosa

Oltre 1250.000 cileni vaccinati in sette giorni. Un piano vaccinale del 1978

"Questo è un risultato dello Stato, non del governo", ha detto con orgoglio il ministro della Salute cileno Enrique Paris, presentando i dati sul processo di vaccinazione nel suo paese. In sette giorni, dal 3 al 10 febbraio sono state vaccinate ben 1.250.314 persone. Il risultato è stato considerato "impressionante" dal ricercatore dell'Università di Oxford, Max Roser, fondatore del sito Our World In Data, che ha considerato il Cile come il paese del Sud America con i migliori tassi di immunizzazione ogni 100 persone (5,58), superato solo da Israele (67,8), Emirati Arabi Uniti (45,7), Regno Unito (20,00) e Stati Uniti (13,4).

La vaccinazione è cominciata a fine dicembre 2020 con 50.000 dosi dedicate ai sanitari. Ma solo al 3 febbraio è iniziata la fase su larga scala dedicata al personale sanitario, ai lavoratori essenziali, agli over 65 e alle persone con patologie multiple. I cittadini hanno saputo in anticipo dove e quando avrebbero ricevuto a prima dose e, dopo la prima dose, anche la data della seconda.

L'obiettivo è di vaccinare cinque milioni di persone entro marzo e coprire l'80% della popolazione durante la prima metà del 2021. JP Morgan è convinta che il Cile potrà diventare un mercato emergente grazie anche al raggiungimento dell’immunità di gregge in tempi rapidi.

Ma quale il segreto di questo successo? Per il ministro della Salute, una delle chiavi del processo sta nel fatto che il Cile ha un forte piano nazionale di immunizzazione risalente al 1978.

“In Cile nessuno viene vaccinato senza che il suo nome, la sua identità e il vaccino somministrato non siano registrati. Pertanto abbiamo un follow-up dell'intera popolazione dalla nascita, con la sua storia vaccinale. Questo rende possibile mantenere statistiche accurate, per riconoscere a quale persona o gruppo potrebbe mancare una dose ”, ha spiegato il ministro.

A questo si aggiunge il lavoro con l'assistenza sanitaria di base, che dipende dai comuni. L'accademico della School of Public Health dell'Università del Cile, Cristóbal Cuadrado, ha confermato che "il sistema sanitario cileno ha una lunga tradizione di salute pubblica, con esperienza in grandi campagne di vaccinazione e cure primarie dispiegate in tutto il paese, un porcesso molto collaudato”.

Un altro fattore decisivo è stato quello di negoziare i vaccini in anticipo e poi cercare sperimentazioni cliniche che si potessero fare in casa.

Nel caso di Sinovac è stato determinante un accordo di collaborazione siglato dall'Università Cattolica con il laboratorio cinese, che oltre agli studi prevede un accesso preferenziale ai vaccini, con un orizzonte di 60 milioni di dosi per un periodo di tre anni. "Il vaccino Sinovac potrebbe svolgere un ruolo importante nell'immunizzare la nostra popolazione e contribuire alla tanto attesa immunità di gregge", sottolineano gli esperti cileni.

Inoltre, sono stati scelti i vaccini Pfizer e Oxford-AstraZeneca. Quest'ultimo dovrebbe essere il prossimo ad arrivare nel Paese, con cinque milioni di dosi.

Ma non tutto è filato liscio nel processo.

A metà gennaio, il laboratorio Pfizer ha annunciato una riduzione temporanea della spedizione di dosi, che ha interessato diversi paesi del mondo, compreso il Cile. Ma si sarebbe riusciti ugualmente a superare il problema senonchè un servizio della televisione peruviana ha promosso viaggi in Cile dicendo che c'erano "molti" vaccini contro il Covid-19. In risposta a ciò, il Ministero della Salute cileno ha aggiornato la regolamentazione del processo di immunizzazione e ha escluso “coloro che sono temporaneamente nel Paese” con un visto turistico. E non solo, il ministro degli Esteri Andrés Allamand ha sottolineato che "gli stranieri che si trovano nel Paese in una situazione irregolare e che non hanno avviato le procedure per la domanda di visto temporaneo o permanente non potranno farsi vaccinare".

"E 'una cattiva politica sanitaria, non è etica e da un punto di vista epidemiologico ci mette tutti a rischio", ha risposto immediatamente la Società cilena di epidemiologia. Il provvedimento contraddiceva anche quanto espresso dai relatori delle Nazioni Unite, che avevano indicato come  "i migranti devono avere accesso ai vaccini a parità di condizioni con i cittadini".

Le tante e forti critiche hanno fatto riconsiderare al Governo le decisioni. I migranti irregolari avranno così accesso alla vaccinazione fintanto che inizieranno un processo per normalizzare la loro situazione. "Le persone che si trovano in una situazione irregolare e che hanno fatto la loro autodichiarazione sono incluse e sono sempre state incluse, vaccineremo i migranti, quando opportuno nel calendario delle vaccinazioni, proprio come tutti i connazionali". E così il Cile avanza spedito verso l’immunità di gregge.