Food
Food Coop, ecco come funzionano i supermercati cooperativi
Il servizio è quasi completamente gestito dai soci-clienti
Food Coop, realtà come Camilla a Bologna cercano un rapporto più solidale a tutti i livelli tra produttori e consumatori
C'è un'alternativa alla grande distribuzione che si è posta l'obiettivo di trattare in modo più equo gli agricoltori. A Bologna, ad esempio, l'emporio di comunità Camilla ha da poco festeggiato cinque anni che punta su sostenibilità ambientale, sociale ed economica tramite un rapporto più diretto tra produttori e consumatori. I punti vendita che hanno aderito a questo approccio si chiamano food coop. "Abbiamo voluto eliminare la parola “supermercato” proprio per differenziarci dalla grande distribuzione, per dare un'idea diversa", spiega a Gambero Rosso Giovanni Notarangelo, uno dei fondatori e vice presidente di Camilla.
Leggi anche: Frutta esotica e fuori stagione: ecco tutte le provenienze
Camilla non è l'unica realtà di questo tipo. Tra le altre ci sono OltreFood Coop di Parma, Stadera di Ravenna, da Mesa Noa di Cagliari, Edera di Trento, Le Vie dell'Orto a Grossetto, l'Alveare a Conegliano Veneto e ed Eufemia a Milano.
Leggi anche: It's Bio, fare la spesa con la nutrizionista per la propria salute
La particolarità delle food coop sta nel fatto che sostanzialmente si tratta di un supermercato autogestito dai clienti, che devono diventarne però soci mettendo una piccola quota iniziale e il loro tempo. Camilla, ad esempio, conta 700 soci di cui oltre la metà ci lavora per 3 ore al mese. Tutto il ricavato viene speso per pagare le uniche due dipendenti, l'affitto del locale, costi di gestione e bollette.
Leggi anche: Agricoltura green, prodotti a residuo zero: cosa sono e come riconoscerli
A livello di prodotti si trovano dalla frutta alla verdura fresca ma anche formaggi e prodotti per l'igiene intima e della casa. Molti sono sfusi come pasta, cereali, riso, legumi, biscotti e zucchero. "In generale i prodotti che vendiamo, scelti dagli stessi soci, devono rispettare dei criteri ben precisi: - spiegano da Camilla - essere perlopiù locali, meglio se sostengono progetti sociali, devono essere biologici o, anche se non hanno la certificazione, devono seguire pratiche di agricoltura sostenibile. In questo la nostra esperienza pluriennale da gruppo di acquisto solidale è stata utile, ad ogni modo i nostri referenti sono piccole e medie aziende". E' il produttore a scegliere il giusto prezzo in un rapporto di fiducia con il consumatore.