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24 giugno, ricorrono 30 anni dalla prima norma sul biologico

di Daniele Rosa

Nel 1991 la Commissione europea approvava il Regolamento su prodotti agricoli e biologici

Il 24 giugno 1991 veniva adottato dal Consiglio delle Comunità europee il Regolamento relativo al metodo di produzione biologico dei prodotti agricoli e all’indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari.

A ricordarlo una nota di FederBio che sottolinea come da allora il settore sia cresciuto in maniera esponenziale mantenendo ampi margini di sviluppo.

Con una superficie agricola utilizzata del 16%, il doppio rispetto alla media europea, il biologico rappresenta oggi l’elemento di punta del sistema agroalimentare italiano. “Dal 1991- ricorda FederBio-  sono stati fatti notevoli passi avanti in Europa che, con il Green Deal, le strategie Farm to Fork e Biodiversità e il nuovo Piano d’azione per il bio, sta puntando fortemente sulla transizione agroecologica. La ricorrenza cade nella giornata in cui  l’approvazione definitiva della legge sull’agricoltura biologica, inizia l’iter finale alla Commissione Agricoltura della Camera.L’impegno delle aziende che hanno fatto del biologico una scelta di responsabilità verso il consumatore, è quello di riportare in equilibrio il rapporto dell’uomo con la terra, valorizzare il ruolo dell’agricoltore-produttore, che ne è il custode e rendere consapevoli le persone che, con le loro scelte di acquisto, possono trasformarsi da consumatori a rigeneratori”. 

La scelta del gruppo Fileni è una storia che nasce negli anni 70 ed oggi fa del biologico una scelta di valore. “Per noi che la certificazione Bio l'abbiamo  ottenuta  nel  2001-  la scelta del biologico è stata la risultante di un istinto- spiega Massimo Fileni vicepresidente del Gruppo e figlio del fondatore dell’azienda Giovanni-  significa essere efficienti dominando una filiera complessa, che coinvolge molteplici passaggi sui quali noi riusciamo ad avere un controllo totale -dal campo alla tavola- perché verifichiamo che ogni singolo passaggio si svolga esattamente come deve. Per noi il concetto di circolarità- prosegue Il vicepresidente del gruppo Fileni brand nazionale sinonimo di pollo BIO-  è correlato a quello di efficienza: non c’è spreco, e nessun consumo inutile. Il biologico inizialmente ha rappresentato una scelta di valore, che presuppone la rinuncia a qualcosa: rinuncia ai pesticidi, alla chimica, ad additivi, ma il biologico oggi non è più solo questo: è evoluto in  una scelta di responsabilità”.

Fileni ha contribuito a fondare in collaborazione con Bruno Garbini ed Enrico Loccioni  il Progetto ARCA, acronimo di Agricoltura per la Rigenerazione Controllata dell’Ambiente. Obiettivo di Arca Società Benefit, è di sperimentare e divulgare un nuovo modo di fare agricoltura che, partendo dall’agricoltura biologica, grazie a innovative pratiche agricole bio rigenerative, è in grado anche di conservare nel tempo lo stato di salute dei terreni rigenerati, dell’ambiente, dell’uomo e del pianeta.

La sostenibilità parte sempre dai campi e la produzione di alimenti genuini è garanzia di qualità, se e solo se nasce da terreni sani. L’agricoltura si rinnova.  Oggi i produttori interpellano la scienza, puntano a modelli più sostenibili per produrre il cibo di cui ci nutriamo, nascono così nuovi modi di intendere la terra. L’agricoltura rigenerativa si concentra sul ripristino e sull’arricchimento del terreno. La sostenibilità in materia agroalimentare, è il caso di dirlo, è sulla bocca di tutti ed è anche obiettivo strategico in quello che può essere definito un decennio importante: il prossimo, per ciò che concerne gli obiettivi di sviluppo dettati dall’Onu attraverso gli obiettivi dell’agenda 2030.

“Tutto parte dalla Terra: quello che mangiamo, beviamo, respiriamo. Il benessere della persona e del pianeta dipendono dal suolo, che, se curato e rispettato, ha la capacità di preservare il nostro eco-sistema. L’agricoltura bio-rigenerativa ha un preciso obiettivo. quello di promuovere la biologia del suolo e favorire un maggiore equilibrio ecologico. Investire in agricoltura rigenerativa permette non solo di ottenere prodotti alimentari salubri e sicuri, ma anche di garantire la salute del terreno, dei pascoli, delle coltivazioni, degli animali e degli agricoltori”spiega Massimo Fileni. 

“L’emergenza sanitaria causata dall’epidemia Covid-19, ha portato a fare serie riflessioni sullo sfruttamento delle risorse naturali, sulla distruzione degli ecosistemi e sul consumo di suolo a vantaggio di coltivazioni e allevamenti in condizioni non rispettose, ora più che mai è importante invertire la marcia ed  imboccare sentieri virtuosi:  il nostro modo di intendere l’agricoltura- aggiunge Roberta Fileni vicepresidente del gruppo Fileni, leader in Italia nelle carni bianche da agricoltura biologica- va in questa direzione: è un modello per sua natura partecipativo, in cui ogni attore è protagonista e può aggiungere valore”.

“Partendo dal presupposto che il suolo non può essere considerato solo un substrato su cui le piante crescono- prosegue Roberta Fileni- l’agricoltura rigenerativa si concentra sul ripristino e sull’arricchimento del terreno. Non tutti sanno che in un centimetro cubo di terreno convivono circa 3 miliardi di organismi complessi, dai batteri ai lombrichi, ed è tutta questa vita che fa crescere le piante. Quando il terreno frana o si verificano dissesti idrogeologici bisogna ricercare le cause in forme di sfruttamento che per decenni hanno utilizzato tecniche di coltivazione che hanno distrutto il materiale organico del suolo. Avere consapevolezza di questo processo significa riportare l'attenzione sugli unici attori che possono fare qualcosa, anzi molto: agricoltori, produtttori  e  comunità di utilizzo” .

Quella bio rigenerativa è l’agricoltura del futuro e che salverà il pianeta  anche perché combatte gli effetti del cambiamento climatico. Mentre l’Europa si sta impegnando per sostenere questo tipo di agricoltura, non tutti hanno colto la rilevanza del tema ed alcuni non riescono a tenere il passo. 

“La sostenibilità è uno sforzo intrinsecamente collaborativo-conclude Massimo Fileni- perché il costo della transizione dall’agricoltura globale alle pratiche rigenerative non può ricadere solo sugli agricoltori. Consumatori, aziende, decisori,  finanziatori pubblici e  governi devono richiedere che il cibo sia coltivato in modo favorevole al clima e che gli agricoltori possano contare su un supporto adeguato per la gestione di questa transizione”.