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La Brexit porterà al Paese un calo del Pil fino all’8% in 15 anni

Daniele Rosa

Se il Parlamento votasse contro l’accordo May, danni peggiori

Il prossimo 11 dicembre sarà per Teresa May, per gli euroscettici ma soprattutto per i cittadini britannici una data storica.

In quel giorno infatti il Parlamento sarà costretto ad approvare o a rigettare l’accordo di uscita fatto dal Primo ministro britannico con l’Unione Europea.

Il risultato del voto è ancora in bilico ed allora la Banca d’Inghilterra è corsa in aiuto, numeri alla mano, all’accordo firmato dalla May, che pare essere più controllabile rispetto ad un’uscita ‘free’.

 

La Brexit non sarà indolore anche con l'accordo di Theresa May

 

Gli euroscettici vorrebbero rigettarlo così da poter uscire dall’Europa  in maniera totalmente destrutturata. Secondo questi ultimi sarebbe un grande vantaggio per il Paese mentre i numeri, della recentissima indagine condotta dalla Banca d’Inghilterra smentiscono questo vantaggio e presentano uno scenario molto diverso e negativo.

 

La BDEL nella sua analisi ha confermato che, qualora vincessero gli euroscettici e quindi si dovesse uscire dall’Europa senza regole condivise, l’impatto economico sul Paese sarebbe ancora più grave dell’impatto causato dall’ultima grande crisi.

 

Ci sarebbe un calo del PIL fino all’8% con una prospettiva di un calo medio di quasi il 4% nei prossimi 15 anni , una salita dell’inflazione al 6,5% con una riduzione del prezzo degli immobili del 30%.

E’ pur vero che nel rapporto si legge come la Banca sia pronta a gestire un tale impatto e altrettanto preparate sono tutte le istituzioni finanziarie del Paese, ma le rassicurazione sembrano essere più di facciata che di sostanza.

La Brexit porterà un significativo calo del PIL inglese

Altre indagini, commissionate dalla May per sostenere la sua richiesta di voto a favore, confermano con percentuali diverse l’opinione della Banca d’Inghilterra e cioè che, rigettare l’accordo stipulato, significa rischiare di cadere in una situazione peggiore e dai risvolti incontrollati.

 

Lo stesso Ministro dell’Economia, Philip Hammond, ha dovuto confermare, a dati stretti, che ‘ ragionando solo dal punto di vista economico il rimanere in Europa sarebbe stato un vantaggio ma nel voto alla Brexit i cittadini hanno immaginato vantaggi politici e costituzionali diversi’.

 

Insomma , la dichiarazione del Ministro inglese, è stata un’ulteriore conferma di quanto il voto sulla Brexit sia stato spinto da motivazioni ‘di pancia’ piuttosto che da considerazioni puramente economiche.

 

Probabilmente l’appuntamento di dicembre sancirà la vittoria del trattato portato avanti da Teresa May. Quindi un’uscita soft  e concordata che, nonostante tutto, non sarà per il Regno Unito qualcosa di indolore.

 

In caso contrario oltre ai danni economici la Gran Bretagna potrebbe sopportare anche un non facile sconquasso a livello politico. E le istituzioni economico finanziarie, Banca D’Inghilterra in testa, questo scenario non intendono nemmeno immaginarselo.