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LA FUNZIONE PATERNA COME BASE SICURA E ANTIDEPRESSIVA
Nella prima infanzia un compito fondamentale del padre è quello di favorire le condizioni perché la relazione tra madre e bambino si sviluppi e si mantenga in modo adeguato.
Questo avviene in primo luogo occupandosi di problemi di ordine pratico: garantire una dimora comoda e sicura, procurare il cibo e altri beni necessari, proteggere il nucleo familiare nel rapporto con l’ambiente esterno.
Questi compiti sono condivisi dalla maggior parte dei primati.
Una seconda funzione maschile di straordinaria importanza, per lungo tempo sottovalutata e solo recentemente oggetto di ricerche, è quella di proteggere la propria compagna nei periodi di cambiamento psicofisico in cui è maggiormente esposta a problemi emotivi, particolarmente alla depressione.
Questi momenti cruciali sono fondamentalmente due: il primo è quello relativo alla gravidanza e ai primi mesi dopo il parto, il secondo coincide con l’adolescenza e l’emancipazione dei figli.
In questi due momenti le donne sono maggiormente esposte a difficoltà emotive e reazioni di carattere depressivo legate non solo ai mutamenti fisici e ormonali, ma anche ai cambiamenti del proprio ruolo sessuale femminile di donna e di madre.
La funzione del maschio, in questi casi, è quella di aiutare la propria compagna a superare le difficoltà mantenendo la sofferenza e la problematicità a livelli tollerabili (Baldoni, 2004).
Sappiamo, infatti, che durante la gravidanza e nei primi mesi successivi alla nascita del bambino sono frequenti le reazioni emotive di carattere depressivo, che possono andare alla semplice disforia post-partum o maternity blues (un’alterazione transitoria dell’umore che si manifesta nel 60-70% delle puerpere nei giorni immediatamente successivi al parto) fino alle vere e proprie depressioni post-partum.
Le modificazioni corporee dovute alla gravidanza e al parto e i cambiamenti ormonali legati alla montata lattea svolgono sicuramente un ruolo importante nel favorire lo sviluppo di queste reazioni emotive.
Winnicott parlava di preoccupazione materna primaria (1956) e riteneva che se questa condizione si fosse manifestata al di fuori della maternità sarebbe stata considerata uno stato psichiatrico, mentre nei primi mesi dalla nascita del bambino è uno stato fisiologico e normale di regressione utile per l’accudimento del bambino.
In questi momenti, la funzione del maschio sembra essere quella di fornire alla propria compagna supporto emotivo e sicurezza proteggendola da un’eccessiva sofferenza psicologica.
Questa funzione antidepressiva può essere interpretata in termini di base sicura.I padri preoccupati, troppo emotivi o depressi possono, quindi, costituire uno svantaggio per l’equilibrio emotivo della propria compagna e per il buon andamento del rapporto tra madre e bambino (Luca, Bydlowsky 2001).
Questo deve fare riflettere, in quanto una tendenza attuale della nostra società è quella di valorizzare nei padri lo svolgimento di funzioni sostanzialmente materne, come l’accudimento fisico del bambino, l’alimentazione o il cambio del pannolino.
E’ sempre più frequente assistere, durante la gravidanza, alle manifestazioni preoccupate e ansiose dei padri che in alcuni casi arrivano ad accusare sensazioni corporee e disturbi simili a quelli della moglie (fenomeno noto come “sindrome della couvade”).
Questi atteggiamenti, simili per certi aspetti alla condizione di “preoccupazione materna primaria” descritta da Winnicott, quando si manifestano nel maschio dovrebbero essere considerati con preoccupazione, in quanto pregiudicano la funzione maritale e paterna di base sicura.
Un altro periodo molto delicato della vita della madre è quello dell’adolescenza e della graduale emancipazione dei figli dal nucleo familiare.
Anche in questo momento il ruolo del compagno si rivela importante.
La madre deve saper rinunciare alla funzione svolta durante l’infanzia e prepararsi a vedere il figlio uscire dalla famiglia.
La funzione paterna, in questo caso, non è solo quella di sostenere il giovane in questo processo (fornendogli una base sicura), ma anche di proteggere la moglie dalla depressione legata alla perdita della propria funzione materna e al cambiamento concomitante del proprio ruolo affettivo e sessuale.
Un padre troppo invadente e protettivo, che si sovrappone alle preoccupazioni materne aggravandole, può limitare il processo di separazione dalla madre e l’autonomizzazione del figlio, favorendo nella propria compagna un’elaborazione di tipo depressivo di questa fase del ciclo vitale (Baldoni, 2004).
Ancora una volta fattori di carattere psicologico e biologico si intrecciano (bisogna infatti ricordare che questo periodo coincide in molte donne con l’inizio della menopausa) (Baldoni 2003).
L’uomo deve sapere aiutare madre e figlio a separarsi psicologicamente e ricondurre amorevolmente la propria compagna all’interno di un rapporto di coppia in cui possa di nuovo sentirsi valorizzata.
(Baldoni, 2004).
Dott.ssa Francesca Marchionni
Psicologa Clinica Psicoterapeuta con Master in Criminologia
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