Le imprese chimiche a capitale estero sono un pilastro per l’economia italiana
Nell’analisi di Federchimica molto gli aspetti rilevanti e alcune criticità
‘Le imprese a capitale estero sono un pilastro importante dell’industria chimica italiana e per l’intero Paese. Producono e fanno ricerca in Italia, generano un significativo indotto e contribuiscono alla diffusione delle best practices generate in tutto il mondo in materia di formazione, cultura della sicurezza e responsabilità sociale’. Così alcune osservazioni di Paolo Lamberti Presidente Federchimica nel commentare l’approfondita indagine dell’associazione presentata insieme a Mauro Chiassarini, vicepresidente dell’Associazione e Presidente di Bayer Italia.
All’indagine hanno partecipato oltre 40 Gruppi, responsabili del 70% del fatturato totale delle imprese chimiche a capitale estero e di oltre un quarto del fatturato complessivo del settore.
L'indagine di Federchimica. Le imprese chimiche a capitale estero sono un pilastro
Nell’indagine si evidenzia come le imprese a capitale estero si sentano, a tutti gli effetti, parte integrante della chimica italiana.
I loro impianti nel paese sono fortemente specializzati e una quota maggioritaria della produzione, in molti casi anche superiore al 75%, è ormai destinata all’export.
Complessivamente oltre il 60% del valore della produzione chimica, realizzato in Italia, fa riferimento a imprese a controllo estero o a Gruppi nazionali dotati di propri stabilimenti anche all’estero.
Le imprese interpellate però lamentano che il Sistema Paese continua a rappresentare un freno ad investimenti e sviluppo.
L’aspetto più critico è costituito nella complessità e nell’incertezza del sistema normativo, che condiziona i costi e la valutazione del ritorno degli investimenti.
L'indagine di Federchimica. Molti gli aspetti positivi
Molti però sono i fattori di competitività della chimica in Italia, tra questi la qualità delle Risorse Umane, la flessibilità organizzativa e alla ricchezza del tessuto industriale.
Nel mercato globale quello che conta non è la nazionalità del capitale ma la nazionalità delle produzioni e delle attività di ricerca e gestione di business internazionali e l’Italia vanta nella chimica, un settore tecnologicamente avanzato, forti capacità competitive ed elevate potenzialità di sviluppo.
Le imprese a capitale estero occupano il 30% degli addetti del settore chimico e producono in Italia per un valore che sfiora i 20 miliardi di euro (analogo all’intero settore del mobile o delle bevande in Italia).
Quasi 13 miliardi di euro sono destinati all’export, il valore aggiunto generato è superiore a 4 miliardi di euro e un significativo indotto. Su 15 miliardi di acquisti di beni e servizi, ben 9 miliardi sono destinati a fornitori italiani con oltre 100 mila posti di lavoro, diretti e indiretti.
Ogni anno realizzano in Italia attività di R&S per circa 170 milioni di euro.
Altro dato interessante è che la presenza dei Gruppi a capitale estero nella chimica italiana non è certo “passeggera”, al contrario è radicata sul territorio. In molti casi è persino storica: il 45% dei Gruppi è presente da più di un quarto di secolo e la Grande Crisi non ha fortemente ridimensionato la presenza estera.
Dall’ indagine emerge in sintesi che:
le imprese chimiche a capitale estero sono di fatto imprese italiane, con una presenza radicata e qualificata; creano valore e condividono con le imprese a capitale italiano gran parte dei punti di forza e di debolezza;
la crisi dell’ultimo decennio non ha compromesso l’importanza dell’Italia per le imprese a capitale estero, che hanno continuato ad investire contribuendo allo sviluppo;
il Sistema Paese ha segnato qualche miglioramento, ma per lo più continua a rappresentare un freno a investimenti e sviluppo;
in generale, bisogna avere più fiducia nelle imprese e riconoscere che hanno un ruolo sociale perché creano benessere industriale;
purtroppo, e per concludere, le eterne inefficienze della Pubblica Amministrazione pesano sia sulle imprese a capitale estero, sia sulle PMI italiane.
Commenti