Libri & Editori

Cinque libri da leggere a novembre 2023

di Chiara Giacobelli

Italiani e stranieri, bestseller ed esordienti, saggi e narrativa: ecco le nostre proposte per il mese di novembre

3)  MANIAC di Benjamín Labatut (Adelphi)

Benjamín Labatut, autore olandese trasferitosi in Cile, ci ha sorpresi nel 2021 con Quando abbiamo smesso di capire il mondo, un esperimento letterario decisamente meritevole che ha vinto il Premio Galileo 2022 e ha venduto milioni di copie nel mondo. La sua idea originale e in perfetta sincronia con i tempi era stata quella di narrare – attraverso una serie di racconti – la fisica, la chimica, la matematica, la meccanica quantistica e in generale le scienze attraverso i ritratti di alcuni personaggi significativi del Novecento. Al di là dell’interesse che la società attuale mostra per tali materie e per alcune significative scoperte che hanno rivoluzionato il mondo, il fulcro della sua opera stava nell’indagare il legame tra la teoria e l’applicazione pratica della stessa, privilegiando tutte quelle situazioni in cui il progresso scientifico ha comportato un aumento della crudeltà e della disumanità, specie durante una guerra. Dunque, il punto chiave del libro era capire in che modo le scienze hanno influenzato il corso della storia, dalla nascita del cianuro – molto utilizzato dai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale e nelle camere a gas degli ebrei – all’uso delle armi chimiche, dalla bomba atomica alle conseguenze dei progressi svolti nell’ambito della fissione e della fusione nucleare.

Con il nuovo libro MANIAC, di recente pubblicazione per Adelphi, Labatut torna ai temi che tanto hanno interessato lui e i suoi lettori, ma decidendo di focalizzarsi su una scoperta specifica e un personaggio in particolare. Non si tratta ancora di un romanzo, perché la conoscenza dei singoli fatti e delle attitudini caratteriali del protagonista emerge attraverso le numerose voci di chi visse a stretto contatto con lui, o dei colleghi che in qualche modo influenzarono o furono influenzati dal suo lavoro; ciò nonostante, alla fine della lettura ne risulterà una biografia completa. Il titolo, però, intende mettere in evidenza l’importanza del suo lavoro prima ancora che della sua vita: MANIAC è infatti un calcolatore universale totalmente rivoluzionario e decisivo per la nostra generazione, in quanto pose le basi del successivo sviluppo dell’informatica, della logica e dell’intelligenza artificiale. Lo realizzò un individuo creativo, visionario e fuori dalle righe – come d’altra parte tutti i personaggi scelti da Labatut per il suo primo libro – il cui nome è John von Neumann, il quale lavorò a questa immensa opera alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

L’autore ha un modo di concepire il racconto storico alternativo e interessante, perciò non bisogna commettere l’errore di pensare che von Neumann sia l’unico protagonista di questa opera. MANIAC è un pretesto per parlare di molto altro e per continuare in maniera ideale il lavoro già iniziato in Quando abbiamo smesso di capire il mondo: se in quel caso il rischio concreto della nostra estinzione come specie e della distruzione dell’ambiente in cui viviamo era connesso ai progressi della fisica e della chimica, con un particolare riguardo alle armi nucleari, qui andiamo oltre, varcando la frontiera della contemporaneità e gettando uno sguardo al futuro. Sappiamo tutti, infatti, che la nuova sfida si sta combattendo sul piano digitale, a fronte di un’intelligenza umana desiderosa di superare sé stessa creando qualcosa di immensamente potente ed evoluto, ma mantenendo l’illusione di poterlo controllare. È per questo che leggere un libro come MANIAC non significa soltanto documentarsi – stupendosi ad ogni pagina – per le nozioni che ci vengono date a proposito di come elementi o strumenti per noi oggi dati per scontati siano stati concepiti, da dove sia iniziato lo studio per renderli concreti e cosa si nasconda dietro ad esso. Oltre a tutto ciò, Labatut apre una riflessione tanto attuale quanto terrificante in merito a come utilizzeremo il sapere a cui stiamo giungendo, guardando in faccia fantasmi che potrebbero effettivamente diventare una realtà.

Maniac
 

I libri di Benjamín Labatut hanno anche un altro pregio che qui vogliamo sottolineare: sono scritti benissimo, con una narrativa piacevole ed elevata. Da una parte l’autore riesce a raccontare materie notoriamente complicate in una forma semplice e accessibile anche a chi non abbia grandi competenze di fisica quantistica o di informatica, dall’altra utilizza uno stile coinvolgente, quasi poetico, come se attraverso la propria scrittura intendesse sottolineare l’unione e la complementarietà tra scienza ed arte. In fondo, in passato non esistevano le discipline così come le intendiamo oggi, ma i grandi pensatori possedevano competenze in ogni ambito: basti pensare a Leonardo da Vinci, che si interessava di pittura, di arte figurativa e al tempo stesso di medicina, di chimica, di architettura, di progettazione bellica e molto altro.

Anche in questo libro, come nel precedente, la guerra è un’ombra che segue sempre la vita dei protagonisti, si intreccia ad essa, la modifica e talvolta crea degli strappi o delle lacerazioni interiori tali da far sì che tutto all’improvviso cambi e per i nostri geni della matematica o della fisica o dell’informatica diventi impossibile continuare a lavorare come prima. Questo accade perché toccano con mano la morte e la distruzione che la teoria può portare se male applicata. Così, Labatut ci mette ancora una volta in guardia sui rischi che stiamo vivendo, sull’orlo dell’abisso in cui ci troviamo senza accorgercene e racconta da un lato tutta la meraviglia delle nuove frontiere dell’epoca digitale, dall’altro i pericoli annidati nella sua stessa essenza.

“Prima che von Neumann diventasse indifferente a tutto e si rifiutasse di parlare con amici e parenti, gli chiesero cosa sarebbe stato necessario perché un calcolatore, o qualsiasi altra entità meccanica, cominciasse a pensare e comportarsi come un essere umano”.    

Lo consigliamo perché: è un’opera a suo modo geniale, ben scritta, che lascia tante riflessioni aperte e ci porta a chiederci cosa il futuro abbia in serbo per noi. Inoltre, è una maniera insolita di scoprire un personaggio – e insieme ad esso molti altri – forse non ancora sufficientemente noto.