Libri & Editori
Chiara Valerio ospite a Pesaro Capitale Italiana della Cultura
Un successo l’incontro della scrittrice finalista al Premio Strega 2024 a Pesaro. Si è parlato di arte e del suo romanzo “Chi dice e chi tace”: la recensione di Affari.
Domenica 10 novembre Chiara Valerio, apprezzata scrittrice italiana quest’anno nella cinquina del Premio Strega 2024, è stata protagonista del secondo incontro della rassegna “on Arte Pesaro. L’arte legge il mondo”.
Si tratta di un’iniziativa culturale di alto livello messa a punto da Intesa Sanpaolo, main partner di Pesaro 2024, e Marsilio Arte per la Capitale della Cultura: quattro appuntamenti per interpretare il presente attraverso la chiave dell’arte. Il primo, anch’esso estremamente apprezzato dalla cittadinanza e da chi è arrivato da fuori, aveva aperto la kermesse con Stefano Mancuso, mentre domenica mattina al Teatro Sperimentale la Valerio ha tenuto una lectio magistralis dal titolo Tutte le immagini scompariranno. Direttrice artistica e curatrice editoriale, oltre che scrittrice, Chiara Valerio ha incentrato il suo intervento attorno a una domanda: “Cambia la realtà quando cambiano le parole? E come?”. La questione è piuttosto complessa, ma la riflessione stimolante ha coinvolto e interessato il pubblico presente in sala.
“A leggere Calvino o Saramago (penso a una delle Lezioni americane, L’esattezza, e a un romanzo, Storia dell’assedio di Lisbona) sembra cambi tutto: la vicenda privata dei personaggi e la Storia” ha detto la Valerio nel corso della lezione. Per poi proseguire con altre domande rivolte a sé stessa, ma soprattutto alla platea. “Quanto siamo in grado ancora di descrivere con le parole ciò che abbiamo intorno, visto che non facciamo altro che scattare fotografie (spesso un selfie)? E se siamo ancora in grado, come cambieranno le immagini d’arte fatte con l’AI - copie e invenzioni - quando per ottenerle dobbiamo scrivere, cioè descrivere con le parole?”.
Con lei anche il suo ultimo romanzo Chi dice e chi tace, edito da Sellerio e anch’esso protagonista della giornata, specie nel corso delle domande dei lettori o del firma copie. In molti sono venuti a sentirla per strapparle un autografo, perché il suo libro è stato nella cinquina del Premio Strega 2024 e tuttora continua ad essere in vetta alle classifiche dei gialli. Noi di Affaritaliani.it ne abbiamo già scritto a proposito della dozzina dello Strega, ma qui vale la pena soffermarci sulla sua ultima opera per approfondirla meglio. Anche in questo caso, infatti, la realtà vera o percepita è il tema centrale del romanzo, sebbene la percezione non derivi dall’AI o dalle immagini, ma dal sistema di convenzioni e di pregiudizi che la società tende ad avere, specie nei piccoli paesi. L’ambientazione è infatti quella di Scauri, un paesino del Lazio affacciato sul Tirreno, caro all’autrice per via dei suoi legami familiari. “L’idea di questo libro è scaturita perché mio nipote Francesco stava vivendo la sua infanzia a Scauri e io non ci torno spesso, quindi mi mancava rivedere la mia infanzia a Scauri attraverso la sua. Il romanzo è nato anche perché avevo letto una montagna di Simenon: mi era rimasto come un suono e a tendere l’orecchio era un suono di acqua. Di acqua di mare”.
Chi dice e chi tace narra la storia di Vittoria, anche se a conti fatti questa donna sfuggente e misteriosa, così socievole con una casa sempre aperta a tutti ma al contempo enigmatica ed ermetica, non è mai presente, perché è deceduta qualche ora prima che abbia inizio il racconto. «Vittoria è morta ieri mattina, mi ha detto con tono piatto, calmo, una telefonata di cortesia. So che le piacevi, e che lei piaceva a te. (…) Un incidente, aveva chiarito Mara. Un incidente nella vasca da bagno, aveva ripetuto con la voce che si affievoliva sillaba dopo sillaba». Si apre così il giallo che proseguirà sino alle ultime pagine, perché a Lea, un’altra delle protagoniste femminili di questo romanzo a più voci, questa versione dei fatti non convince sin da principio; è un’avvocatessa, Lea, abituata a porsi domande, a indagare, a far emergere la verità, perciò è tanto più difficile per lei accettare una spiegazione poco credibile se si tratta di una persona che le è molto cara. Era una nuotatrice provetta, Vittoria, innamorata della vita, sveglia e apparentemente in salute: come è possibile che sia affogata in una comunissima vasca da bagno? Quando poi scoprirà che anche l’autopsia è stata fatta in maniera alquanto approssimativa, i dubbi di Lea si espanderanno a macchia d’olio e finiranno per invadere la sua stessa esistenza.
Con uno stile asciutto, che guarda alle pagine di Saramago nell’assenza di capoversi, di virgolette per il discorso diretto e di altre forme classiche di punteggiatura, Chiara Valerio confeziona per Sellerio un giallo che è sì una storia di mistero, di indagine, di ricerca della verità, ma che costituisce solo il pretesto per trattare temi fondamentali e costruire un affresco di personaggi variegato. Vittoria era la straniera, la donna arrivata da fuori portandosi appresso una ragazza molto più giovane di lei: una nipote, una quasi parente, un’amica, oppure un amore di quelli che nei piccoli paesi di provincia fanno ancora scalpore, sia per età che per genere? Eppure era riuscita, con la sua simpatia, l’apertura e il sorriso solare, a farsi largo nel cuore di tutti. A nessuno restava indifferente, neppure a Lea, che solamente quando si ritroverà a pensare a lei durante le ricerche si renderà davvero conto di quanto quella donna le fosse rimasta impigliata sotto pelle; e anche di come fosse in realtà un grande mistero per tutti, a cominciare dall’ex marito lasciato a Roma anni prima, ricomparso solo ora per rivendicarne la salma, presentandosi all’improvviso al funerale.
Si aprirà a poco a poco il sipario sulla storia di Vittoria, e con la sua su quella di Mara, la compagna che aveva scelto per la sua maturità; e ancora su Scauri e sugli abitanti che Lea conosce sin da piccola, ma che scopre essere diversi da ciò che ha sempre creduto. La realtà tutta, la società intera, anche quella di un paesino, è ben più complessa di quanto possa sembrare, tuttavia lo diventa soltanto nel momento in cui ci si inizia a porre delle domande.
«Di Filomena Paradiso, delle onoranze funebri omonime, sapevo poco, forse si era sposata, forse aveva figli, di certo si occupava dell’attività intrapresa dal nonno e consolidata dal padre. Se avesse avuto figli, lo avrei saputo perché avrebbero avuto più o meno l’età delle mie. O invece erano più piccoli o più grandi abbastanza perché mi fossero invisibili. Di solito quando in paese non si sa niente, non è successo niente».
Quello di Chiara Valerio è un invito a osservare meglio e con attenzione il mondo che ci circonda, a considerare le persone come esseri complessi di cui non sapremo mai tutto e comunque mai categorizzabili, a superare la tentazione della semplificazione che tanto assedia questa società contemporanea. Ed è, ovviamente, anche una riflessione sul tema dell’amore, che va oltre le convenzioni, le forme tradizionali, le modalità a noi note, non soltanto per quanto riguarda il genere, ma anche il modo di viverlo.
Chi dice e chi tace è quindi un’opera che ci porta a coltivare quel pensiero critico senza il quale finiremmo per accettare tutto quanto ci viene detto come una verità assoluta, da non mettere in discussione. Eppure è proprio quando si smette di pensare con la propria testa, di dubitare e di lottare per qualcosa in cui si crede, che si finisce per perdere anche ciò che, fino a quel momento, ci era sembrato certo, scontato e incrollabile. Come i diritti umani, che non sono un dato di fatto né un assunto messo lì dalla notte dei tempi, ma la conquista di qualcuno che si batté per essi prima di noi.
“I diritti sono qualcosa da esercitare. Pensi al diritto di voto e ai dati di presenza ai seggi. Qualcuno potrebbe dire che viste le affluenze basse, andare a votare non sia più necessario. I diritti sono l’esercizio per cui si cerca di abbattere i privilegi e sono un’endiadi, diritto e dovere. Non sono dati, come certi frutti e fiori in certe stagioni, ma sono conquiste. Potrebbero sparire. Pensi al diritto all’aborto. Siamo certi che sia un diritto effettivo, quando le obiezioni di coscienza rappresentano una percentuale non trascurabile dei medici? Credo che queste siano domande e questioni che non hanno geografia. Pensi al disequilibrio che rappresenta per la nostra democrazia l’idea che una persona omosessuale, come me, abbia tutti i doveri, ma non tutti i diritti di una persona eterosessuale. In molte parti d’Europa questo disequilibro non c’è. Che spiri un vento autoritario che tende a limitare i diritti in nome di un’idea di sicurezza mi pare chiaro. Ma è sicuro un mondo dove si cerca di temperare le disuguaglianze sociali, economiche, di genere?”.
La domanda resta aperta, mentre la rassegna “on Arte Pesaro. L’arte legge il mondo” prosegue il 24 novembre con Laura Pepe in Uomo e Natura nel mondo classico, per poi concludersi l’1 dicembre con Riccardo Falcinelli e il suo Come si guarda un paesaggio (Nature artificiali e artifici naturali).