Libri & Editori

Dozzina Premio Strega: le interviste agli autori e alla Presidente

di Chiara Giacobelli

Uno speciale interamente dedicato alla dozzina del Premio Strega 2023: ecco tutto quello che c’è da sapere

9)  Cassandra a Mogadiscio di Igiaba Scego (Bompiani)

Secondo romanzo in gara per Bompiani, unica casa editrice con due titoli nella dozzina. Cassandra a Mogadiscio è il libro della pluripremiata e stimata Igiaba Scego, giornalista e scrittrice romana con già molte opere di valore alle spalle. Dopo aver cambiato editore numerose volte e aver collezionato riconoscimenti importanti, giunge ora alla semifinale del Premio Strega con un memoir coinvolgente e personale, dove ancora una volta tornano i temi del trauma e della guerra, in questo caso nella sua violenta forma dello sradicamento. Il parallelismo con Cassandra le viene allora naturale, a fronte delle tante grida inascoltate; l’autrice sceglie però, con estremo coraggio, di non coltivare dentro di sé il rancore e la delusione, ma di celebrare la fratellanza, la possibilità del perdono, della cura e della pace, attraverso un grande libro sul nostro passato e il nostro presente.

Cassandra a Mogadiscio
 

Ce lo racconta con dettagliata precisione la sinossi scritta dalla casa editrice: “A Roma, il 31 dicembre 1990, una sedicenne si prepara per la sua prima festa di Capodanno: indossa un maglione preso alla Caritas, ha truccato in modo maldestro la sua pelle scura, ma è una ragazza fiera e immagina il nuovo anno carico di promesse. Non sa che proprio quella sera si compirà per lei il destino che grava su tutta la sua famiglia: mentre la televisione racconta della guerra civile scoppiata in Somalia, il Jirro scivola dentro il suo animo per non abbandonarlo mai più. Jirro è una delle molte parole somale che incontriamo in questo libro: è la malattia del trauma, dello sradicamento, un male che abita tutti coloro che vivono una diaspora. Nata in Italia da genitori esuli durante la dittatura di Siad Barre, Igiaba Scego mescola la lingua italiana con le sonorità di quella somala per intessere queste pagine che sono al tempo stesso una lettera a una giovane nipote, un resoconto storico, una genealogia familiare, un laboratorio alchemico nel quale la sofferenza si trasforma in speranza grazie al potere delle parole. Parole che, come un filo, ostinatamente uniscono ciò che la storia vorrebbe separare, in un racconto che con il suo ritmo ricorsivo e avvolgente ci svela quanto vicende lontane ci riguardino intimamente: il nonno paterno dell’autrice, interprete del generale Graziani durante gli anni infami dell’occupazione italiana; il padre, luminosa figura di diplomatico e uomo di cultura; la madre, cresciuta in un clan nomade e poi inghiottita dalla guerra civile; le umiliazioni della vita da immigrati nella Roma degli anni Novanta; la mancanza di una lingua comune per una grande famiglia sparsa tra i continenti; una malattia che giorno dopo giorno toglie luce agli occhi”.

Quarta pagina