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5)  Ferrovie del Messico di Gian Marco Griffi (Laurana Editore)  

Proposto dal professor Alessandro Barbero – di cui qui su Affaritaliani.it abbiamo parlato più volte in occasione dell’uscita di suoi libri – Ferrovie del Messico salta subito all’occhio perché si distingue tanto nel formato quanto nel contenuto dagli altri concorrenti. Un volume piccolo in larghezza e altezza, con una semplice cover bianca e nera, senza tanti fronzoli o abbellimenti: il messaggio che rimanda è l’importanza di ciò che si trova all’interno di quelle 816 pagine, che per essere lette richiedono tempo, motivazione, sufficiente spirito critico e curiosità storica. Non è un libro per tutti, quello di Gian Marco Griffi, ma è un vero lavoro di qualità, di caratura non soltanto letteraria, bensì storica e di ricerca. A pubblicarlo con il sottotitolo Un romanzo d’avventura e la postfazione di Marco Drago è Laurana Editore, che ne ha colto il potenziale e ci ha fortemente creduto.

Ferrovie del Messico
 

Il libro è ambientato nel periodo della Repubblica Sociale Italiana (febbraio 1944), ad Asti: a poco a poco l’autore costruisce un affresco ricco di dettagli, accadimenti, usi e costumi, ideologie differenti, progressi e momenti vergognosi, avvalendosi di uno straordinario stuolo di personaggi. Ciascuno con la propria storia, identità e bagaglio di contraddizioni, gli uomini e le donne di Ferrovie del Messico raccontano uno spaccato del passato del nostro Paese con incredibile ironia, talvolta goliardici e grotteschi, altre volte eroici e geniali. Originale è anche lo stile narrativo, che strizza l’occhio a molti maestri del passato, come racconta l’autore stesso. “Guardo a così tanti modelli che non saprei quali citare. Borges e Bolaño sono senza dubbio punti di riferimento, anche se in maniera molto diversa: dalla lettura di Borges ho provato a imparare l’intreccio tra fantastico e realtà, dalla lettura di Bolaño la sua brama di raccontare storie, come se fosse l’unico modo per contrastare il pensiero della morte. Ma ci sono così tanti altri modelli dai quali ho provato a imparare la difficilissima arte di raccontare storie mediante l’uso del linguaggio: da Cervantes a Mari, dall’Horcynus Orca di D’Arrigo all’Oga Magoga di Occhiato, passando per Joyce e Eliot, ma qualunque elenco sarebbe comunque incompleto”.

Ne scaturisce, per l’appunto, uno stile narrativo innovativo, che bene è stato accolto dalla giuria del comitato. Spiega ancora Griffi: “Il linguaggio si modella e rimodella continuamente attraverso l’adozione di un lessico sovraccarico di significati, nel quale si intrecciano diversi livelli, dall’italiano letterario alla parlata popolare e al dialetto italianizzato, fino al tentativo di riscoprire parole in disuso per metterle nuovamente in circolazione, oppure all’utilizzo di parole comuni (talvolta anche abusate) per tentare di ridargli nuova vitalità”.

Non manca, come abbiamo detto, l’uso sapiente dell’ironia, che per l’autore è un elemento essenziale del proprio approccio alla vita. “L’ironia è il mio modo di osservare il mondo, oppure, se vogliamo metterla in un altro modo, diciamo pure che la mia scrittura fa dell’ironia un suo caposaldo. Certo, ci sono vari livelli di ironia, ma è bello usarli tutti, dall’ironia amara a quella crudele, fino a sconfinare nella satira o nella parodia, altro mezzo che amo particolarmente. Per i contenuti no, ma per struttura Ferrovie del Messico è anche un grande gioco, una grande burla: nella fase di scrittura e di lavorazione non ho mai perso di vista il progetto di scrivere la parodia di una parodia, ovvero di giocare con una certa idea di opera-mondo per restituirne una versione beffarda, burlesca, anche nelle parti più drammatiche o tragiche. Ci sono molti modi per affrontare il dolore e il trauma: io ho scelto di mascherare (molto spesso) la tragedia nella commedia, talvolta anche nella farsa (viceversa spesso la farsa e la commedia volgono in tragedia); in tal senso l’ironia e la parodia sono mezzi importantissimi”.

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