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4)  Come d’aria di Ada d’Adamo (Elliot)

È probabilmente l’opera più raccontata e mediatica di questa dozzina, per una serie di motivi che ne fanno presupporre la selezione finale all’interno della cinquina. Una casa editrice più piccola rispetto ai grandi colossi, la Elliot, si è imposta questa volta all’attenzione del Comitato Direttivo con un libricino piccolo, leggero quasi come il titolo che porta, presentato da Elena Stancanelli con la seguente motivazione: “Come d’aria è un libro che fruga dentro il cuore del lettore. Serviva la lingua esatta e implacabile di questa scrittrice per riuscire a sostenere un sentimento tanto feroce. C’è tutta la rabbia e tutto l’amore del mondo nel racconto di questa danza che lega due donne. Avvinghiate l’una all’altra, in una assoluta e reciproca dipendenza. Daria, la figlia, che comunica soltanto attraverso il suo irresistibile sorriso, Ada, la madre, catapultata suo malgrado in questa storia d’amore. Era una ballerina, Ada. E il corpo, di entrambe, è il centro di questo memoir sfolgorante per intelligenza, coraggio e misericordia. In questo libro si entra con enorme facilità, ma da questo libro si esce cambiati. C’è una tale quantità di vita, nelle sue pagine, da lasciarci senza fiato. Ci siamo noi, la fatica, la nostra inutile bellezza. Dalla prima lettura ho pensato che fosse una pepita d’oro, un dono, un abbraccio. Come avrebbe detto Bobi Bazlen, una perfetta e lacerante primavoltità”.

Ci sarebbe piaciuto moltissimo intervistare l’autrice di questo libro, che è davvero una piccola perla letteraria – e umana, aggiungerei –, ma purtroppo, come molti sanno, Ada d’Adamo è scomparsa pochi giorni fa, a causa di un tumore che le ha lasciato un tempo limitato per riflettere e poi agire. Il suo modo di prendere in mano le redini della fase finale della vita è stato quello di scrivere la storia di sé stessa e di sua figlia, malata sin dalla nascita di oloprosencefalia, una malattia poco conosciuta che impedisce il controllo dei movimenti, rende perennemente dipendenti da altri e provoca molto dolore. È anche per questo che, nella postfazione al libro, lo si definisce “un racconto di straordinaria forza e verità, in cui ogni istante vissuto è offerto al lettore come un dono”.

D'aria
 

Questo è un libro che si legge nell’arco di uno, due giorni al massimo: in primo luogo perché è breve e scorrevole, ma soprattutto perché è magnetico; una volta che ci si immerge nelle vicende di Ada e di Daria – con i personaggi che ruotano loro attorno, angeli e demoni, amici e indifferenti, medici, genitori e malati – è impossibile interrompere la lettura senza continuare a pensarci, con il desiderio di tornare a far parte del loro mondo. Non perché sia un mondo affascinante, felice e avventuroso, tutto il contrario: è la sofferenza a prevalere, insieme alle storture, alle strade non previste, alle possibilità su cui nessuno si sofferma mai troppo e proprio per questo sono capaci di aprire porte che altrimenti non varcheremmo forse mai. È alquanto probabile che vi scenderà una lacrima o più: non ne abbiate paura, è il sintomo che siete sintonizzati. Sappiate, però, che una volta riposto il libro negli scaffali – probabilmente con l’intenzione di rileggerlo più a fondo a distanza di tempo – vi ritroverete ad essere delle persone diverse, accresciute dentro.

A 55 anni Ada d’Adamo si è spenta circondata dai suoi affetti più cari, con il pensiero rivolto a quella figlia tanto amata ma inevitabilmente fonte di preoccupazione e rinunce; a quanto pare, però, sarebbe riuscita a ricevere l’annuncio che il suo scritto è entrato nella dozzina dello Strega: un ultimo regalo riservatole dalla vita. Per noi, invece, Come d’aria è per l'appunto un dono – lo si è già detto sopra – perché leggere questa storia ci consente di crescere e di riflettere, di aprire il cuore ed empatizzare, ma soprattutto di imparare a non giudicare dall’esterno quando non si conoscono a fondo le situazioni.

“A novembre 2016 eri ricoverata in ospedale per un nuovo intervento, il terzo, allo stomaco. E così avevo saltato la consueta ecografia di controllo al seno. Contavo di rimediare non appena tornata a casa, una volta ripreso il ritmo regolare che scandiva le nostre giornate: casa, scuola, centro di riabilitazione”. Basta questo passaggio per farci capire quanto questo libro spazzi via l’illusoria certezza del nostro tempo: “se vuoi, puoi”; “se puoi sognarlo, puoi farlo”. Frasi da slogan che niente hanno a che fare con le moltissime situazioni in cui la vita, semplicemente, va in un altro modo, segue un corso tutto suo che non avevamo previsto. E allora non resta che adattarsi al meglio, talvolta trascurando qualcosa, lasciando indietro noi stessi, con il rischio che ciò si riveli fatale. Commovente, potente e intimamente personale, questo è il libro che sin dalle prime pagine ha colpito i giurati e lo ha fatto emergere nella quantità di opere arrivate. Lo ricorda così anche Melania G. Mazzucco, che ne ha apprezzato la forza emotiva e narrativa nata dalla verità e dalla necessità di trasferire sé stessa nella pagina, prima che fosse troppo tardi.

Forse lo ritroveremo nella cinquina finale – o almeno ci piace sperarlo – ma se anche così non fosse, questo piccolo memoir onesto e sincero, intriso di dolore e al contempo di un profondo amore, è uno di quei libri che consigliamo di leggere. Non potrete restarne indifferenti.  

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