Libri & Editori
Il finalista allo Strega e al Campiello 2022 Fabio Bacà racconta la sua “Nova”
In occasione della presentazione di “Nova” a Senigallia, Affaritaliani.it ha intervistato lo scrittore marchigiano
Dopo un’estate ricca di incontri letterari di alto livello, che hanno visto protagonisti scrittori provenienti da tutta Italia, la scorsa settimana il penultimo ospite della rassegna Parole d’estate, curata ogni anno dalla Libreria Sapere Ubik di Senigallia, è stato Fabio Bacà, giovane scoperta della casa editrice Adelphi, che quest’anno ha stupito tutti arrivando finalista sia al Premio Strega che al Campiello.
L’opera presentata nel contesto senigalliese di fronte a un folto pubblico si intitola Nova ed è il suo secondo romanzo. Il primo, sempre edito da Adelphi, è Benevolenza cosmica e si può dire che ci presenta un autore molto diverso da quello del secondo libro: se infatti nel suo esordio Bacà raccontava una serie di fatti ed eventi straordinari, fuori dal comune, creando volutamente un effetto comico, in quest’ultimo il suo focus è invece sull’ordinarietà, sul normale andamento quotidiano di una famiglia qualunque. Attenzione, però, perché non tutto è come sembra e sin dall’inizio intuiamo, tra le righe, che esiste qualche forza oscura, sfuggente, a disturbare la quiete apparente; ma sarà soltanto scorrendo le pagine e immergendoci nel mondo di Nova che avremo modo di capire il vero tema trattato dallo scrittore: la violenza. È proprio su questo che abbiamo interrogato Fabio Bacà, cogliendo l’occasione della presentazione senigalliese per scambiare con l’autore – peraltro marchigiano – qualche battuta per Affaritaliani.it.
A proposito del tema della violenza, impossibile non ricordare l’omicidio di Civitanova Marche – di cui tu stesso hai parlato stasera – e anche l’aggressività latente che caratterizza la gioventù contemporanea. Quale apporto può dare la letteratura in tal senso?
“La cultura può fare il suo, ma non può miracolosamente trasformare millenni di istinti, seppellendoli sotto uno strato di libri. Non sarebbe nemmeno giusto, poiché il messaggio principale che è inserito in Nova è l’importanza di conoscere e quindi imparare a gestire i nostri peggiori istinti, non sopprimerli del tutto. Le due persone che danno il via alla catastrofe finale sono per l’appunto due individui colti: il protagonista, un neurochirurgo che ha letto moltissimo, e il suo mentore. Entrambi riconoscono apertamente che la violenza fa parte dello spirito umano. Quello che possiamo fare noi scrittori è insegnare – seguendo le orme della letteratura di tutti i tempi – ad arginare certi impulsi e determinate situazioni, senza nulla togliere, però, all’importanza di conoscere ciò che siamo davvero. Fino a quando non scandaglieremo la parte oscura di noi stessi, saremo sempre delle persone a metà”.
Arrivi da esperienze importanti e forse inaspettate come il Premio Strega e il Premio Campiello. Cosa ti porti dentro di queste prestigiose competizioni?
“Principalmente i rapporti umani che si sono creati con gli altri autori, perché fino all’ultimo momento la competizione non esisteva e prevaleva quel senso di comunione che ha creato a volte vere e proprie amicizie. Forse siamo stati anche fortunati perché non c’erano prime donne, eravamo tutti relativamente giovani, tra cui alcuni esordienti; anche lo stesso Stefano Petrocchi, il patron dello Strega, è una persona eccezionale, così come gli staff che ci hanno seguito e accompagnato. Detto ciò, se devo essere sincero dal punto di vista delle gare vere e proprie mi aspettavo di più, ma questo fa parte del gioco e va accettato”.
Durante la presentazione di stasera hai detto di esserti ispirato, nello scrivere questo libro, a Fight Club di Palahniuk e a Cecità di Saramago. Che cosa hai ripreso nello specifico da questi romanzi?
“Non essendo io uno scrittore politico, di queste opere mi interessa solo fino a un certo punto l’aspetto che indaga le storture della società, mentre mi affascina molto di più lo studio della psicologia umana. Entrambi sono scritti magnificamente e hanno temi che mi intrigano; di Saramago, ad esempio, mi piace molto l’idea di partire da un contesto surreale per rappresentare poi un sistema realistico che non funziona così bene come dovrebbe. In questo periodo la mia attenzione si focalizza soprattutto sul cervello umano, su cui ho letto tanto e su cui ho appreso parecchie nozioni anche grazie ai medici che mi hanno seguito durante la stesura di questo romanzo. Sono sempre stato affascinato dalla psicologia, dalla meditazione, dal funzionamento delle emozioni ed è continuando su questa scia che sto scrivendo il mio nuovo libro”.
Qualche anticipazione?
“Non abbandono il tema dell’introspezione, ma analizzo la mia terza ossessione. Se la prima – che troviamo in Benevolenza cosmica - era la sorte, la fortuna, il destino in mano non si sa bene a chi, e se il secondo libro trattava un’altra mia ossessione, ovvero la violenza, stavolta andrò dritto al cuore della mia terza ossessione: la morte”.
Fabio Bacà al firmacopie a Senigallia