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Kundera come la corazzata Kotiomkin di Fantozzi. Quando Roberto D’Agostino lo perculò
Il celebrato testo “L’insostenibile leggerezza dell’essere” è ottimo come analgesico per piccole operazioni dentali
Difficilmente si giunge alla seconda pagina, soprattutto se la lettura avviene di pomeriggio durante quella che d’estate nel Sud si chiama la “controra” o, peggio ancora, nel dopo cena. Naturalmente non poteva mancare un film che porta lo stesso nome, uscito nel 1988 e diretto da Peter Kaufman. Nelle sinossi cinematografiche qualcuno ha l’ardire di definirlo “drammatico, erotico”. Il film, come il romanzo, ha lo stesso contenuto erotico di una passeggiata al parco in compagnia dei “Tre porcellini”.
Eppure Kundera, che ha vinto poco o niente e soprattutto nessun Nobel, è considerato uno dei più grandi scrittori mondiali. In realtà l’unico pregio che ha il libro - mattone è appunto il titolo che gioca furbamente sul paradosso dei due aggettivi opposti e accostati; “insostenibile” e “leggerezza”.
A ennesima riprova che nessuno legge libri se non oltre il titolo e i più coraggiosi arrivano, con estremo dispendio di energie, alla quarta di copertina. Nel meraviglioso e dissacrante, “Il secondo tragico Fantozzi” di Luciano Salce c’è il famosissimo episodio della “corazzata Kotiomkin” che fa il verso a “La corazzata Potëmkin” del regista sovietico Sergej Michajlovič Ėjzenštejn sulla Rivoluzione russa.
Il temibile professor Guidobaldo Maria Riccardelli costringe i suoi impiegati a visioni continue appunto della “corazzata Kotiomkin” finché un bel giorno, Ugo Fantozzi (interpretato dal grande Paolo Villaggio), richiesto del suo parere rompe il muro dell’omertà e se ne esce con il celeberrimo: «Per me... La corazzata Kotiomkin... è una cagata pazzesca!». La Verità li fa liberi, è il caso di dirlo. E la vera rivoluzione la fanno gli impiegati che catturano l’aguzzino, lo fanno mettere in ginocchio sui ceci, e gli bruciano la copia personale della palla cinematografica di fronte ai suoi occhi.