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La pedagogia, la scuola, la cultura nel pensiero di Giovanni Gentile

Una antologia a cura di Hervé A. Cavallera

di Alessandra Peluso

 

 

Per effettuare un confronto sulle condizioni attuali della società, della cultura, dello Stato di “oggi”, una possibilità è offerta dal volume Giovanni Gentile, La pedagogia, la scuola, la cultura curato con un’introduzione puntuale e dettagliata dal filosofo e pedagogista Hervé A. Cavallera. Saggio, questo, pubblicato dalla casa editrice Scholé - Morcelliana Brescia 2019, pp. 208, all’interno della collana “Maestri”. Un maestro, dunque, lo è stato Giovanni Gentile, un filosofo di acume intellettuale che ha dato vita nel 1923 alla “più organica riforma della scuola italiana che in vario modo permane tutt’oggi”. Sul “vario modo” ci sarebbe da discutere in quanto è bene sottolineare che una gran parte della vasta e radicale riforma italiana fu smantellata in parte dallo stesso fascismo e modificata negli anni successivi, come ha dichiarato Nicola Abbagnano. Tuttavia è “cosa” opportuna soffermarsi sul pensiero, sull’idea di pedagogia ed educazione, sulla filosofia, sul valore universale della cultura per comprendere l’Italia che è stata e ciò che è. Ed è ciò che si propone di fare il magister Hervé Cavallera: scrostare dall’immagine di Gentile i principali pregiudizi e banalità che erano stati depositati sul filosofo con interpretazioni e letture forse eccessivamente frettolose: la stessa operazione che si era proposta Remo Bodei con Hegel. Parallelismo chiasmatico forse ma il fil rouge del “filosofo dell’Assoluto” è appunto l’unità sistematica del pensiero: l’Idea, l’Assoluto che la Ragione ha la forza di pensare, conoscere e distinguere.      

Come è accaduto a numerosi intellettuali, filosofi, poeti, per via della loro posizione politica di essere rimossi o ricordati solo in quanto iscritti a frange ideologiche fasciste o comuniste, contrapposizione presente ancora nel 2019, Giovanni Gentile insieme a Benedetto Croce hanno contribuito alla crescita dell’Italia e caratterizzato la storia della cultura italiana. È sorprendente la produzione bibliografica di Gentile riportata dal suo maggiore studioso in Italia, Hervé Cavallera, ed è altrettanto ragguardevole l’Introduzione al saggio “Giovanni Gentile: la filosofia come educazione”. Cavallera insieme ad altri studiosi come Vittorio Mathieu, Vincenzo Pirro, Emanuele Severino, hanno promosso la filosofia gentiliana veicolandone il pensiero e le idee con le loro pubblicazioni e attraverso la “Fondazione Ugo Spirito”, nata a Roma nel 1981.  

Invero nel testo in questione  si affronta l’attualismo del pensiero gentiliano, una filosofia che contiene la sua attualità nel pensiero stesso;  infatti, per non inciampare in giochi di parole, per Gentile “l’io trascendentale è il pensiero in atto”, “molti sono gli io empirici”, ma sottolinea Cavallera con le parole di Gentile: “il vero individuo è l’universale che si fa” (e in ciò si può ricordare Simmel, per il quale l’individuo è l’universale che si fa, e l’universale è la vita. Certamente nel filosofo berlinese non è contemplato l’assoluto, ma la possibilità, la scelta in un dialettico divenire): l’individuo è atto che si fa individuo e si individua. In questo è insito il pensiero e l’azione; detto altrimenti “il pensiero è ciò che ci consente di affermare il nostro essere: “ogni nostra parola, ogni nostro gesto è affermazione della nostra personalità”. “Noi siamo pensiero”, e siamo anche volontà dunque, “l’uomo parla e agisce: regola cioè le proprie azioni, dimostra un carattere”. “Aver dei pensieri non può perciò voler dire altro che tener fede coraggiosamente ad essi. L’uomo senza coraggio è un uomo senza idee” (p. 175). Espressione certamente di un uomo e di un pensiero forte, intrisa, come anche Cavallera sostiene, di idealismo hegeliano. Gentile però ripensa sì l’idealismo ma cercando di superarlo e risolverlo in modo speculativo “nel pensiero in atto”. Pensiero e azione: Vita della mente e Vita activa (Arendt). Osservate come idee affini, uomo e donna di coraggio, vissuti nello stesso periodo storico, in differenti Stati, giungano poi a mete nettamente opposte. Conflitto mondiale. Se in Hannah Arendt l’idea e l’azione sono fondamentali affinché si possa possedere un pensiero libero e critico e combattere l’assolutismo e il sovranismo politico, in Giovanni Gentile pensiero e azione sono intrinseci in ogni essere umano che ha cultura e che è educato ad essere uomo, così come in egual misura è il maestro; giacché “essere uomo significa appunto creare se stesso; quindi, libertà e necessità, volontà e legge, amore e ragione; due termini, sempre, in uno: due opposti, attraverso i quali si dispiega in eterno ritmo la vita dell’Io, in cui si concentra ogni umanità” (p. 103).

Il volume Giovanni Gentile, La pedagogia, la scuola, la cultura, a cura di Hervé A. Cavallera è peraltro un manifesto filosofico, pedagogico che nella Contemporaneità necessita una rilettura attenta non solo per comprendere l’azione di Giovanni Gentile, quale teorico dell’educazione, ministro della Pubblica istruzione, promotore della cultura, ma anche e soprattutto a cogliere il suo intento nel voler rendere inscindibile vita pubblica ed etica, sebbene poi questo intento – non certo per volere di Gentile – si sia perso per strada.

Inoltre, le sezioni del testo in questione (che è la prima raccolta organica di scritti pedagogici gentiliani) “La pedagogia e la didattica”, “La riforma della scuola”, “La cultura” offrono con equilibrio una visione complessiva di ciò che sono i compiti della filosofia, della pedagogia, della cultura e di ciò che si potrebbe fare e come dovrebbe comportarsi lo Stato politico per confermare l’importanza della cultura. Di estremo interesse le pagine del filosofo. Così sull’istruzione egli scrive: «l’istruzione dunque è sempre educativa, formatrice della mente e del cuore. Egli è che noi restringiamo sempre l’istruzione a una particella dello scibile, e senza curarci di mostrare l’immanenza del tutto (che è lo spirito) in quella stessa particella: e il difetto ci apparisce in forma di mancata educazione morale. La specializzazione particolaristica del sapere pare amoralità, perché l’istruzione speciale lascia incolto lo spirito rispetto a tutto il resto della vita» (p. 83).  Attraverso la riforma Gentile introduce nella scuola italiana la scuola materna, il liceo scientifico, l’istituto magistrale, pur confermando il primato del ginnasio-liceo classico. Eleva l’obbligo scolastico ai 14 anni di età, garantisce la libertà di insegnamento in ogni ordine e grado, introduce l’insegnamento della religione cattolica nella scuola elementare, sostiene l’autonomia universitaria e promuove la nascita di altre università come quella di Bari. Gentile ha particolarmente diretto la sua attenzione nella riforma sulla scuola anche sullo studio delle discipline umanistiche: letteratura, storia, filosofia, in particolar modo “sull’importanza della lettura diretta dei classici”. Tutto questo oggi sembra essere stato cancellato con un colpo di spugna. Una lavagna nera. 

In ciò, inoltre, si spiega la sua adesione al fascismo come tentativo di costituirlo intrinsecamente, come atto di fedeltà assoluta al suo stesso pensiero, sì da essere riconosciuto da Mussolini come il massimo rappresentante culturale del regime. Ne segue il concetto di universalità della cultura: «siamo dunque uomini in quanto, pensando ed esprimendo i nostri pensieri, esprimiamo noi a noi stessi e possiamo coltivare a un tempo e la mente e il carattere. Il nostro concetto della cultura si allarga così fino ad abbracciare in sé quello dell’educazione morale. […] E, d’altra parte, i problemi attorno ai quali ci travagliamo che altro son essi se non il legato delle generazioni trascorse che vivono in noi appunto nell’attualità di questi problemi sorti da quelli che esse han risolto? Noi in quanto uomini, in quanto cultura ci realizziamo dunque come cultura universale» (p. 176). Di qui la fedeltà dimostrata al momento della disfatta del fascismo, fedeltà che costò allo stesso filosofo la vita nel 1944. Ma la questione che nel volume Hervé Cavallera, di formazione attualista, vuole sollevare e su cui si sofferma è soprattutto il contributo di Giovanni Gentile sull’“educazione”: il pensiero filosofico il cui rilievo non può essere sottovalutato, ma anzi ripreso per comprenderne il valore e la possibilità non solo di conciliare pensiero e azione, politica ed etica, libertà e necessità forme di uno stesso individuo, ma di illuminare un faro perché si possa trovare una “direzione” (Richtung) per poter costruire un futuro e cominciare a scrivere con gessi colorati su quella lavagna rimasta per lungo tempo nera.