Libri & Editori
"Liberare la giustizia" dalle catene: il nuovo libro di Cionti-Fertilio
Nel nuovo libro edito da Licosia, l'avvocato e il giornalista dichiarano la necessità di "liberare la giustizia dalle catene". Intervista a Dario Fertilio
"Liberare la giustizia" dalle catene: il nuovo libro di Cionti-Fertilio. Intervista
Liberare la giustizia? Da chi e da che cosa? Da una oligarchia che la incatena, il cosiddetto partito dei giudici, e da un'insieme di leggi e norme che la imprigionano. In nome di che cosa? Del fatto che la sovranità appartiene al popolo, secondo la Costituzione, e non a una corporazione giudiziaria come l'attuale, che se ne è appropriata al punto da limitare e inquinare la democrazia.
Questa è la tesi di fondo di un libro pacato nei ragionamenti ma incendiario nella sostanza, intitolato appunto "Liberare la giustizia" (editore Licosia, pagine 163, euro 14) e con un sottotitolo in inglese "Justice Unchained", dove si dichiara la necessità di scioglierla dalle sue catene. Gli autori sono il giurista e avvocato Ferdinando Cionti e il giornalista-scrittore Dario Fertilio, che non ha mai fatto mistero delle sue convinzioni liberali e orientate alla democrazia diretta.
GUARDA LA VIDEO-PRESENTAZIONE DEL LIBRO
A Fertilio appunto rivolgiamo alcune domande. E la prima non può che collegarsi alla riforma in atto, quella sostenuta dal ministro Nordio, e approvata in prima lettura al Senato. Che gliene pare? Va nella direzione indicata dal libro?
"Rispondo con un'immagine: il decreto Nordio contribuisce a spalancare la porta del carcere dove oggi si trova la giustizia italiana; ma, per liberarla davvero e farla camminare sulle sue gambe, occorre una riforma molto più ampia"
Sicché i provvedimenti di Nordio, a suo giudizio, sono soltanto pannicelli caldi stesi sulla grande malata?
"Non proprio. Contengono alcune cose buone, come la limitazione del reato di traffico d'influenze ai soli casi gravi, evitando così la paralisi delle amministrazioni pubbliche. O anche, quanto alle intercettazioni, l'esclusione dalla pubblica gogna di chi non c'entra col dibattito processuale".
Dunque, approva proprio quella che molti sindacalisti del giornalismo bollano come "legge bavaglio"?
"... il che prova l'esistenza, oltre al partito dei giudici, di quello dei giornalisti. Entrambi, nascondendosi dietro a grandi e nobili proclami, difendono soltanto le loro posizioni di potere".
Ma, al di là di Nordio, quali sono i punti importanti della proposta contenuta nel libro?
"Come tutti i liberali, anch'io con Ferdinando Cionti sostengo la separazione delle carriere fra giudici e pubblici ministeri. Ma non basta, non serve a niente se non è accompagnata dalla abolizione della ANM, il sindacato politico dei magistrati, vietato dalla Costituzione. Il motivo è chiaro: fino a quando l'ANM terrà in pugno il Consiglio Superiore della Magistratura facendo politica e decidendo le carriere, continuerà la lottizzazione decisa dalle varie correnti".
E dunque?
"Abbiamo un gran bisogno di democrazia diretta, per superare la disaffezione dei cittadini dalla politica. Ci vuole l'elezione popolare del Procuratore Generale, cioè del capo della pubblica accusa che determina la politica criminale, e dei suoi principali sottoposti. Elezione diretta anche dei giudici monocratici, attuando l'articolo 106 della Costituzione. E poi, potenziamento dell'impiego e delle funzioni delle giurie popolari".
Tutte cose che fanno venire in mente la giustizia americana...
"A quella infatti ci ispiriamo. Perché rimane, pur con tutti i suoi difetti, la prima democrazia liberale del mondo. E naturalmente non bisogna fermarsi qui: ci vuole una vera responsabilità civile dei magistrati che commettono errori. Era stata decisa a grande maggioranza dai cittadini in un referendum, poi è stata aggirata e svuotata".
Lei e Cionti vi togliete un altro sassolino dalle scarpe: chiedete nientemeno che la "liberazione" del ministero della Giustizia da centinaia di magistrati che lo occupano.
"E' vero: finché rimangono là. a spese nostre, ne condizioneranno sempre le scelte, mentre queste devono spettare al ministro eletto dal popolo".
In conclusione, volete una semplice riforma o una rivoluzione?
"Una riforma che metta in moto, nel rispetto della legge, una valanga democratica. Una volta liberata dalle catene, la giustizia potrà diventare davvero il terzo potere dello Stato, pienamente indipendente dagli altri due, e una garanzia reale per tutti".
Liberare la giustizia dalle catene che la imprigionano significa mettere in discussione l'attuale oligarchia fuori controllo della magistratura, e riformare profondamente sia la Costituzione che molte leggi. Dal momento che in democrazia ogni potere si fonda sulla sovranità popolare, questo libro lancia una serie di proposte: fra esse l'elezione diretta del Procuratore Generale e dei Giudici monocratici; l'abolizione dell'azione penale obbligatoria come pure dell'Anm, il sindacato politicizzato della magistratura, e del giudice speciale del lavoro. E poi l'eliminazione delle porte girevoli fra politica e magistratura; una autentica responsabilità civile dei magistrati; una spending review sulla giustizia e varie altre riforme liberali. Non per ridimensionare il terzo potere, ma per rafforzarlo, restituendolo alle sue autentiche funzioni democratiche.
Ferdinando Cionti, avvocato e giurista, docente universitario di diritto industriale alla Bicocca di Milano, fu incaricato dall'allora Presidente Craxi di verificare la legittimità dell'operato di Mani Pulite. E' autore, fra gli altri, dei saggi "Il colpo di Stato" (Libertates) e "Il patto di Tangentopoli Pool-Pds e la presa del potere della magistratura" (Amazon), in cui ha denunciato la modifica dei rapporti costituzionali, con l'instaurazione di una oligarchia della magistratura tutt'ora in atto.
Dario Fertilio, giornalista e scrittore, docente universitario di comunicazione alla Statale di Milano, è autore di saggi politici e storici, opere di narrativa, teatro e poesia pubblicati in varie lingue del Centroeuropa. Ha promosso con Vladimir Bukovskij il Memento Gulag, la giornata della memoria per le vittime dei totalitarismi che si celebra il 7 novembre. Tra i suoi libri più noti "La morte rossa" (Marsilio), "Il virus totalitario" (Rubbettino), "Eroi in fiamme" (Pagliai) e "Dirsi tutto, l'arte della comunicazione totale" (Lindau).