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Mariano Sabatini: “Siamo tutti isole in mezzo al lago”

Intervista allo scrittore Mariano Sabatini, che ha partecipato all’antologia Delitti di lago 4

 

Di Oriana Maerini

 

Dopo il successo dei suoi romanzi crime L’inganno dell’ippocastano e Primo venne Caino,  pubblicati da Salani  editore,  che gli hanno fatto vincere premi prestigiosi come il Flaiano, il Romiti, il Città di Como e il Giallo Ceresio, <b>Mariano Sabatini</b> torna all’attenzione dei suoi lettori. Lo fa con ”La villa della grande felicità”, un racconto inserito nell’antologia Delitti di lago 4 (Morellini editore) con i contributi di autori vari, i cui proventi sono devoluti alla onlus La Gemma Rara di Varese, per la ricerca sulle malattie genetiche poco conosciute. Curati da Ambretta Sampietro e con  l’apporto di scrittori come Aldo Lado, Sergio Roic, Lucia Tilde Ingrosso, Mercedes Bresso, Erica Arosio e altri, i vari racconti sono venuti alla luce sfruttando la suggestiva ambientazione di località lacustri, come Como, Garda, Trasimeno…

Affari ha incontrato lo scrittore per conoscere la genesi del suo racconto:

 

“Fui ospite di una manifestazione letteraria sull’Isola Maggiore, invitato dall’imprenditore e mecenate Italo Marri e dall’amico giornalista e scrittore Aldo Dalla Vecchia. Un posto incantato e senza tempo, che tra l’altro mi riporta a un momento felice con l’amatissima Elda Lanza, scomparsa di recente. Da quel mio passaggio sul lago è nato il racconto vagamente gotico che una persona a me molto cara e che sa di letteratura come pochi ha collocato tra la Christie e Henry James”

Sono riferimenti, con risultati diversi, comunque alti.

 

Vero. Io ringrazio e sono comunque consapevole dei miei limiti, per la serie “rimango umile”. Questo racconto nasce per motivi affettivi, per il ricordo di quel soggiorno con le mie figlie e con Elda Lanza e il marito Vitaliano sull’Isola Maggiore del Trasimeno, e per l’invito ricevuto dalla Sampietro che si dedica anima e corpo a questo progetto da anni. Su quell’Isola  vagheggio di tornare e se avessi i soldi lì mi comprerei una casetta.

 

SABATINI   RACCONTI DEL LAGO
 

Le piace la dimensione del lago?

 

Mi piace l’idea che il lago restituisca una quiete sul pelo dell’acqua, mentre sotto le onde leggere la vita si agita e si moltiplica… una quiete di cui si giovano le case costruite sulle rive. È una sensazione provata anche a Porto Ceresio, quando sono andato a ritirare il premio Giallo Ceresio a Primo venne Caino nel settembre scorso. In più il Trasimeno ha delle isole incantate, dove penso si possa ritrovare una dimensione più umana rispetto a Roma, dove vivo. Un posto tra l’altro ideale per scrivere. E se ci pensa, ora, la dimensione dell’isola in mezzo al lago è quella che vivono tutti.

 

Non tutti allo stesso modo, però.

 

Ognuno con le proprie sensibilità. Ravviso una rabbia compressa che sui social si esprime in forme composite. Penso che quando tutto questo sarà finito semplicemente saranno acuite le componenti positive e negative di ciascuno, con la preponderanza delle une o delle altre, esattamente come era prima. Per dirla più chiaramente, le belle persone rimarranno tali o lo saranno di più e allo stesso modo le brutte persone, al massimo peggioreranno.

 

Pessimista sull’animo umano?

 

Realista, direi. Nel mio racconto metto in scena una donna infida che in un’antica villa riadattata a residenza per anziani si rende invisa a tutti… anziani che ora muoiono a frotte da soli, e con mille dubbi e inchieste in atto, portandosi via bagagli inestimabili di esperienza e di ricordi. La violenza verso i bambini, gli anziani e gli animali mi tocca nel profondo e mi smuove una gran rabbia.

 

Ma da intellettuale e da comunicatore non pensa che sia giusto in questo momento sospendere il giudizio?

 

Certo, soprattutto sui social, noi che si presume sappiamo usarli dovremmo raffreddare, non contribuire alla società eccitata teorizzata da Christoph Turcke. Per il resto, si può scegliere di stare fermi, di non farsi condizionare dal momento. Ma anche questa indotta stasi comportamentale o affettiva rivela in fondo come sei. Chi davvero è capace di slanci o di rimanere in contatto con il proprio profondo, credo, non temporeggia, non teme condizionamenti esterni.

 

Lei come vive l’isolamento?

 

Abbastanza bene, anche perché per me non è cambiato molto. Lavoro da anni a casa, dividendomi tra i diversi impegni professionali e le esigenze delle mie figlie e dei miei cani. Certo suggerirei ai più di attrezzarsi, vivere questa situazione non deve diventare l’alibi per non produrre, non rispondere, non rilanciare la palla che arriva nella tua metà di campo. La mia sensazione è questa, lancio palle che non mi vengono rimandate. Giocare a tennis da soli  è frustrante.

 

 

E non teme la noia?

 

Ma scherziamo? La noia è creativa, senza noia non sarei quello che sono. Ringrazio i miei pomeriggi vuoti da ragazzino, che io ho riempito di letture disordinate e appassionanti. Ora non temo nulla. Leggo, scrivo, comunico, tengo i contatti con chi mi sta a cuore, curo le piante, cucino, accarezzo Eimì e Potter, i miei cani. E abbiamo anche quel tesoro inesauribile che è il web. Insomma, resisto, in attesa che la fortezza Bastiani nel deserto dei Tartari torni a popolarsi.

 

 

 

Contento che riaprano le librerie finalmente?

 

Sarei contento se fossero assaltate, e non sarà così. Non ora, comunque, con guanti e mascherine.

Ho l’impressione che riaprano solo per i rari nantes che le frequentavano, quella parte minoritaria d’italiani lettori e soprattutto scrittori che amano mettere in bella mostra la loro nostalgia delle librerie medesime. Luoghi più esibiti che, purtroppo, realmente necessari. Il cosiddetto lettore forte ha comunque scorte infinite. Io stesso potrei non andare mai più in libreria e avere da leggere fino alla fine dei miei giorni.  Non ho mai sentito di scaffali delle librerie svuotati come per quelli del lievito di birra, in queste settimane.