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Olfatto, ridare un senso alla vita dopo una violenza grazie all'amore
Una vecchia audiocassetta, un piccolo fiore azzurro di campo, la pagina contornata da sfumature in bianco e nero: così si rivela la copertina di “Olfatto”, il libro di Lucia Babbo, edito da Musicaos Editore. Incuriosiscono sia la cover, la cui immagine appartiene a un giovanissimo Elijah O’Donnell e sia il titolo e invogliano a sfogliare le pagine, a immergersi nella lettura.
È una storia in cui predomina il senso dell’olfatto e dell’udito, ma aggiungerei anche quello della vista: sono coinvolti tutti i sensi, talvolta confliggono con la disperata ricerca di un ‘senso’.
Lucia Babbo tesse l’ordito scritturale ricordando i profumi della sua terra, l’Abruzzo, degli incontri, dell’adolescenza. Odori acri e pungenti a tratti, talvolta lievi e solari, che hanno intriso l’animo dell’Autrice e della protagonista della storia: Micaela. Una storia drammatica. È una narrazione che in qualche modo implica un coinvolgimento della stessa Babbo: è complicato per l’appunto dissociare autore, vita e scrittura, proprio perché scrivere non significa altro che tracciare con contorni ben definiti ciò che non può essere visibile ai più e perciò svelarlo con le parole. Parole non casuali, né menzognere, contrassegnano le esistenze, i paesaggi di “Olfatto”. Ogni accadimento caratterizza la vita, alcuni la segnano in modo indelebile.
Lucia Babbo narra un tema delicatissimo e parimenti sconvolgente come la violenza subita da una donna, in tal caso da una giovanissima ragazza, ancora minorenne. È complicato parlarne, farlo senza utilizzare toni o titoli mediatici, senza che diventi materia da thriller, noir o gialli. Babbo riesce a farlo, scrivendone in modo nitido, ma delicato, rispettoso nei confronti della stessa protagonista. Segue una narrazione dal ritmo andante e affronta il dolore di Micaela e della sua famiglia. Ciò che emerge, tuttavia, è paradossalmente il sentimento dell’amore: non prevalgono invero sentimenti distruttivi quali l’odio, la vendetta, ma l’amore e l’amicizia ed è questo il signum che Lucia Babbo intende mettere in luce accanto a un dolore lacerante. Non solo, sembra che culli la stessa protagonista e l’accompagni alla sua metamorfosi esistenziale: a un cambiamento, a dare un senso alla propria vita.
Si legge: «A quel punto non c’erano appigli a cui aggrapparsi per intravedere uno spiraglio in quell’oscurità di domenica mattina» (p. 60), e «con fatica ripercorsi con loro, ma soprattutto per loro, quell’evento terribile, stando attenta a setacciare i dettagli più crudi perché non venissero travolti irrimediabilmente dalla slavina» (p. 61). In “Olfatto” si ripercorre il dramma della violenza ma soprattutto il desiderio di una ragazza di colmare le crepe del proprio dolore, della solitudine lacerante, con l’abbraccio avvolgente dell’amore dei genitori, attenti, premurosi. Appare anche il profondo legame dell’amicizia ed è ciò che potrebbe aiutare a ricostruire un’esistenza, partendo dalle macerie. Esserci, riconoscersi donna, avvertire l’umanità sono i tratti distintivi che Lucia Babbo coglie e consegna al lettore a mani nude. Disarmata. Con semplicità. Con amore.