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Coronavirus: "Ripensare il capitalismo" con l'ultimo libro di Christian Felber

Coronavirus: "Ripensare il capitalismo" con l'ultimo libro di Christian Felber

Christian Felber, autore del libro “Si può fare”, appena uscito in libreria, edito in Italia da Aboca, professore di economia austriaco e conferenziere molto ascoltato a livello internazionale, da sempre è molto critico verso questo mondo sempre più globalizzato, che secondo alcuni sarà inevitabilmente messo in crisi dallo scoppio di questa terribile pandemia.

Nel suo libro, infatti, l’economista austriaco, fondatore del movimento internazionale dell”Economia del bene comune”, espone molto chiaramente, dopo aver elencato tutti i danni provocati dall’assoluto liberismo economico e commerciale, creatosi a seguito della creazione del WTO nel 1995 ( tesi questa portata avanti con forza anche dall’ex ministro economia Giulio Tremonti), la sua idea di un innovativo modello, in cui il commercio viene messo al servizio dei valori fondamentali della collettività democratica, il cosiddetto commercio etico.

“L'economia per il Bene Comune si propone di risolvere la contraddizione di valori tra la sfera del mercato - dove il successo economico è decretato da comportamenti egoistici, non empatici e, soprattutto, irresponsabili – e quella dei rapporti umani, che per prosperare hanno bisogno di valori come l'onestà, la fiducia, l'empatia, la cooperazione, solidarietà e condivisione” spiega Felber.

Si tratta di una economia più libera di quella che abbiamo oggi, dove criteri di entrate e uscita sono dettati da cartelli di oligopolisti che, mentre si dilungano in professioni di fede nella concorrenza, altro non fanno che proteggersi dalla concorrenza stessa. Le grandi multinazionali continuano a controllare le leve dell’economia e il reddito è per questo motivo sempre più concentrato in poche mani.

L'Economia del Bene comune, invece, mira a sancire questa fine. Coloro che entreranno nel mercato, troveranno un quadro di incentivi ben diverso dall'attuale, che premia in ragione della “competitività”, ossia della capacità di sostenere atteggiamenti aggressivi e belligeranti, che si basi sull’assunto che il legittimo profitto è vincolato a un impatto positivo su aspetti quali ambiente, società, democrazia, relazioni di genere e dignità umana.

E’ un po' il manifesto portato avanti dalle aziende “ benefit,” e cioè che il profitto non sia più l’unico fine ultimo della vita aziendale. E proprio la pandemia scoppiata in tutto il mondo, per l’economista austriaco potrebbe essere una occasione unica per mettere in moto quel meccanismo virtuoso, in grado di modificare il paradigma che fino ad ora ha governato il capitalismo e l’economia mondiale.

La globalizzazione, secondo molti esperti, infatti, potrebbe adesso essere messa in forte discussione da questa grave emergenza emergenza. Il presidente americano Trump, di recente, ha candidamente affermato che il virus metterà la parola fine alla globalizzazione, cosi come fino ad ora è stata intesa. «Perché – si domanda Felber– i governi dei paesi democratici non hanno reagito ad altre gravissime minacce per la salute umana con la stessa solerzia avuta in occasione della pandemia di Covid-19? Perché i numerosi scienziati che per anni hanno lanciato allarmi in merito ad altri problemi – cambiamento climatico, perdita di biodiversità – non sono stati presi altrettanto seriamente?».

È una domanda che si sono fatti in tanti recentemente, forti anche di dati che alla drammatica incidenza del coronavirus in termini di vite umane, contrappongono una altrettanto drammatica lista di decessi dovuti ai molteplici effetti della crisi ambientale che l’uomo ha contribuito a inasprire. «Molti penseranno che la differenza la faccia la pressione esercitata dall’emergenza – osserva l’economista austriaco –, ma non è forse un’emergenza riparare ai danni irreversibili che stiamo facendo al pianeta che ci ospita?».

Pensiamo per esempio alle morti legate alle fonti inquinanti più diffuse nelle nostre città, come il biossido di azoto e le polveri sottili, che solo in Italia provocano più di 200 morti al giorno. Una possibile risposta è da ricercarsi nella volontà politica, sia dei governi che delle lobbie e dei gruppi di pressione internazionali.

«Il primo insegnamento che possiamo trarre da questa crisi- sostiene Felber- è che se esiste la volontà politica si può fare un sacco di cose in un lasso di tempo molto breve» Ed ecco allora che tutto quello accaduto, in queste settimane di lockcdown mondiale, avrebbe fatto crollare molte delle certezze costruite sul piano economico dal capitalismo, che ha mostrato tutto il suo precario equilibrio e che adesso deve confrontarsi con nuove responsabilità, perché è indubbio che anche il modello economico fino a qui valido vada ripensato.

La teoria di Felber verso una più equa e giusta ricollocazione di risorse che guardi maggiormente al bene comune piu che al profitto, potrebbe rappresentare una valida risposta in questo senso. «Quando si parla di mancanza di azioni incisive per la crisi ambientale i politici si nascondono in maniera retorica dietro i cittadini, sostenendo che questi non accetterebbero misure estreme ma necessarie. Ma il cambiamento climatico è davvero così poco dannoso rispetto alla pandemia di corona virus? Nel medio e lungo periodo, la crisi climatica non sarà forse capace di provocare molti più danni al genere umano, alle specie animali e all’ambiente in cui vivono?».

Il vero insegnamento nasce dunque da questa domanda: perché i nostri governanti sono così solerti rispetto a determinati problemi ma così passivi rispetto ad altri? Per avere la risposta forse dovremo aspettare la fine di questa emergenza: la società civile e il mondo economico hanno dimostrato di essere pronti a rispettare provvedimento restrittivi anche molto severi per tutelare la salute comune.

Senza contare che secondo molti esperti fra le origini di questa pandemia sono da comprendere sicuramente le conseguenze derivanti dal cambio climatico e dalla distruzione di interi ecosistemi naturali. Insomma dopo la pandemia non ci saranno più scuse. Ci vorrà solo la volontà di farlo. Interessante poi che l’economista austriaco citi proprio il nostro paese come uno degli esempi maggiormente virtuosi in questo senso «La prima cosa che mi viene in mente è che l’Italia è già un modello per gli altri paesi nel creare leggi più lungimiranti. Sto pensando al modello cooperativo, alle società benefit, alla prima menzione delle banche etiche in una legge nazionale: tutto questo è avvenuto qui. Oggi le aziende virtuose hanno uno svantaggio competitivo, che però potrebbe trasformarsi in un vantaggio grazie al modello che abbiamo elaborato. E se l’Italia fosse il primo paese ad approvare una legge che consenta questo?».

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