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“Una minima infelicità”, libro di Carmen Verde in gara allo Strega. Recensione
La recensione di un memoir breve ma intenso, con alcuni virgolettati dell’autrice
La forza di questo scritto è nell’impatto emotivo che colpisce il lettore, caricandosi di sentimenti, dolori, frustrazioni, fino all’angoscia della depressione che degenera verso la condizione borderline della malattia. Si pensa, leggendo le pagine di Carmen Verde, ad un racconto autobiografico, invece lo è solo in parte. Di certo esso rientra appieno nella tematica delle relazioni problematiche tra genitori e figli, con un’attenzione particolare alla sofferenza, grande protagonista di questa dozzina 2023. Ne abbiamo parlato con l’autrice, cercando di dare una spiegazione all’emergere di un simile disagio collettivo.
“L’onda lunga della pandemia si è abbattuta su quest’edizione del Premio Strega, ha detto Melania G. Mazzucco. Sento la sua riflessione molto vera. È in rapporto al tempo in cui sono stati scritti che romanzi pur molto diversi tra loro possono incontrarsi e riconoscersi. Di quali vuoti è fatta la nostra vita di questi ultimi anni, chi piangiamo? Siamo anche i figli di quei genitori i cui corpi hanno subìto l’ingiuria di una malattia sconosciuta, corpi che non abbiamo più potuto toccare, nemmeno per prepararli alla morte. È fatale che ritornino e che ci guardino dalle nostre pagine mute... Nel mio romanzo evito ogni riferimento personale, eppure, nascondendolo in una storia d’invenzione, è il mio dolore di figlia che espongo. Annetta, l’eterna bambina protagonista di Una minima infelicità che volge lo sguardo a sua madre assente come a una stella fissa, divento io stessa col mio tributo d’amore per mia madre, inghiottita da un ospedale durante il Covid e che non ho mai più rivisto. Perduta ma viva nella mia mente. Il mio libro è anche dedicato a lei”.
C’è poi, in questo lavoro che la scrittrice Veronica Raimo ha definito “pieno di ossessione e dolcezza, di crudeltà e di pietas”, un personaggio particolare chiamato a rappresentare la malvagità. Si tratta di Clara Bigi, la tutrice e al contempo domestica assunta dal padre Antonio Baldini, ricco commerciante di tessuti quasi sempre lontano da casa, per prendersi cura della sua famiglia. Un paradosso, se si considera che Clara nasconde un animo meschino e, fiutando subito la vulnerabilità di entrambe le donne di casa Baldini, si approfitterà sempre più della sua posizione per distruggere la serenità fisica, mentale ed economica del già traballante trio. Non troverà, tuttavia, una matrona sicura di sé ad opporsi, bensì una moglie e una madre – Sofia Vivier – divorata dall’infelicità, dai sensi di colpa, dalle paure, dalle aspettative, dall’insoddisfazione cronica; la persona ideale, insomma, da sottomettere e su cui tiranneggiare. Allo stesso modo, sapranno bene come ferire quella che è una dea solo all’apparenza anche gli uomini a cui Sofia concederà il cuore dopo la morte del marito, causando sempre la gelosia incontrollabile della figlia e la propria umiliazione. Fino a quando la malattia farà ancora una volta il suo corso e ogni sprazzo di gioia di vivere verrà dimenticato.
Toccante, tendenzialmente malinconico, profondo e riflessivo, Una minima infelicità è il fiore all’occhiello di Neri Pozza, che torna a concorrere per il primo posto dello Strega. Per Carmen Verde, comunque andrà, si tratta di un’immensa felicità, proprio al contrario di quanto afferma il titolo dell’opera.