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Ascolti tv, crollo Rai. L'esperto: "Conduttori non idonei e vecchiume nei Tg. Così gli inserzionisti fuggiranno"

di Lorenzo Goj

Il governo Meloni rivoluziona i palinsesti, ma gli ascolti non decollano. Come mai? Affari lo ha chiesto a Edoardo Fleischner, esperto di media e comunicazione

Rai, crollano gli ascolti tv. L'esperto di media Edoardo Fleischner: "Vi spiego perché"

È un inizio di stagione da dimenticare per la Rai. Pino Insegno, amico di Giorgia Meloni “da vent’anni”, new entry nella programmazione alla guida del Mercante in Fiera su Rai 2 non fa che macinare flop in termini di ascolti. Stesso discorso per La volta buona di Caterina Balivo che, malgrado faccia oltre 10 punti percentuali rispetto a Insegno, rimane comunque sotto di almeno il 4% di share rispetto a Serena Bortone alla conduzione di Chessarà, fatta traslocare da Rai 1 a Rai 3 (con conseguente crollo nei dati Auditel). 

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Per non parlare, poi, del buco nero lasciato da Fabio Fazio nella prima serata domenicale di Rai 3, portando il “suo” Che tempo che fa sul Nove. Insomma, la televisione pubblica si trova ora in una situazione molto complicata e, secondo alcune indiscrezioni, diversi inserzionisti starebbero pensando di levare le tende. Per capirne di più, Affaritaliani.it ha interpellato Edoardo Fleischner, tra i massimi esperti di media e comunicazione.

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“La colpa non è della destra”, sentenzia il professore di comunicazione crossmediale e media digitali. “Per dar vita a un successo televisivo serve un mix di tanti, tantissimi parametri diversi”, spiega Fleischner. “Dalle luci, alla regia, se cambia anche solo uno di questi”, continua, “l’emittente corre un rischio enorme come quello di far crollare gli ascolti. La televisione va avanti solo grazie all’abitudine degli spettatori. C’è chi, per fare un esempio, piuttosto che perdere il proprio appuntamento preferito rischia di fare un incidente in macchina per andare veloce. Se le persone non si riconoscono più in quel programma, smetteranno inevitabilmente di guardarlo andando a cercare altro”.

“Non credo che sia davvero colpa del governo Meloni”, prosegue il professore. “Un presidente del Consiglio”, spiega, “non può essere rodato per determinare effettivamente il successo di una ‘macchina’ televisiva. Serve un altro tipo, estremamente grande, di esperienza”, sentenzia l’esperto.

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“Per questo”, continua, “ci si deve avvalere di consiglieri veterani del settore televisivo. Gente che sia capace di amalgamarsi, di cogliere i ritmi richiesti, i contenuti e che, ovviamente, sia capace di fare scouting per capire effettivamente chi sia il volto migliore per rappresentare il programma”, spiega Fleischner.

“Non è detto, dunque, che un nuovo conduttore, malgrado un ottimo curriculum, abbia il background adeguato al programma cui è stato affidato. Esattamente come un allenatore di calcio, questi potrebbe avere avuto grandi esperienze e risultati, ma non è detto che riuscirà a entrare in sintonia con la nuova squadra. Questo potrebbe essere effettivamente il problema della nuova gestione della televisione pubblica a ‘cura’ del governo Meloni: i consiglieri non hanno trovato i volti giusti per lanciare i programmi”, continua l’esperto.

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“Poi, è anche vero che, a volte, all’interno della Rai vengano piazzati dai politici dei conduttori che, appunto, presentano un buon trascorso, ma che non hanno nulla in sintonia con il programma che andranno a guidare. E questo lo hanno fatto tutti i governi, non solo quelli di destra. Resta il fatto che un periodo di rodaggio serve sempre”.

Per quel che riguarda invece i telegiornali, l’esperto ha le idee chiare: “Il problema, a mio parere, è solo uno. Ed è parecchio grande: c’è troppo vecchiume. I format sono rimasti vecchi, noiosi e non valorizzano abbastanza i social e, in generale, internet spettacolarizzandoli”.

“Infine”, conclude il professore, “non credo che gli inserzionisti pubblicitari stiano già fuggendo, ma è scontato che il se il trend rosso sangue degli ascolti dovesse avere vita lunga, allora a quel punto diversi investitori potrebbero decidere di cambiare gli accordi o, addirittura, cancellarli. Credo che la Rai abbia tempo fino a Natale per dare un cambio di registro ai risultati, altrimenti dovrà pensare a qualche manovra ‘choc’ per far cambiare idea a chi mette i soldi”.