Bianca Berlinguer e i cognomi famosi
La Berlinguer cede in una intervista alla retorica del cognome difficile
Bianca Berlinguer, giornalista di lungo corso su Rai 3, viene intervistata dalla rivista online gay.it e racconta della fine del rapporto con il Tg3 durato 25 anni al nuovo programma @cartabianca che ha avuto un buon riscontro di pubblico.
Tuttavia non riesce, nell’intervista, a non cedere ad un certo fastidioso radicalchicchismo di ritorno, potremmo definirlo così, che coinvolge anche lei.
Infatti alla (solita) fatidica domanda:
“è mai stato difficile per lei essere la figlia di un uomo così importante?”
Non trova di meglio che rispondere:
“Non è stato facile essere sua figlia, così come non è semplice trovare la propria identità quando si è figli di un genitore che ha lasciato il segno come lui.”
Ed ecco il punto.
Portare un cognome famoso, soprattutto in un Paese come l’Italia, non pare proprio essere un fardello insopportabile che impedisce luminose carriere a danno della bravura. L’avere un cognome famoso, soprattutto nel mondo del giornalismo, aiuta eccome. Basti pensare al caso degli “Angelas”, intesi come Piero ed Alberto.
Bianca Berlinguer è una giornalista capace, ma ce ne sono tante e tanti come lei che magari facendo di cognome “Sgargiulo” (con tutto il rispetto) hanno avuto più problemi o, anzi, non sono partiti affatto.
In effetti il discorso è più ampio e dal personale si entra nel sociale, anzi nel sociologico.
Uscite come quella di ieri dello scrittore Sandro Veronesi con letterina a Saviano per imbarcare tutti i vip su un barcone pro-migranti, oppure l’appello di Gad Lerner in maglietta rossa con orologione Rolex al polso da Portofino, irritano profondamente la gente normale, che magari una volta era pure di sinistra e provoca il voto populista. Ma nonostante tutto, il richiamo del radical chic è troppo forte e nel nostro Paese impera ancora la retorica del “cognome famoso e quindi esistenza difficile” che è un assist su un vassoio d’argento per le critiche inferocite della Rete.