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Carlo Freccero e la crisi dei tg: "Per il mainstream, ne basta solo uno"

Di Lorenzo Zacchetti

Il noto massmediologo analizza la particolare situazione dell'informazione televisiva, non solo a Mediaset: "Per molti è solo propaganda, della quale diffidare"

L'intervista di affaritaliani.it a Carlo Freccero sui temi dell'informazione
 


Nonostante la secca smentita da parte di Mediaset, la sola ipotesi che il primo network privato della televisione italiana potesse chiudere la maggior parte dei suoi telegiornali continua a far discutere. Al di là del caso specifico, che comunque analizzeremo nel dettaglio, c’è certamente un tema che riguarda l’informazione in Italia. L’editoria di qualunque genere – non solo il cartaceo che denuncia evidenti problemi di vecchiaia – vive una fase molto complessa e la sola idea che le news siano considerate un lusso insostenibile per chi deve fare quadrare i conti comporta delle evidenti preoccupazioni di ordine democratico. Di tutto questo abbiamo parlato con Carlo Freccero, una delle massime autorità in materia anche grazie alla sua esperienza nei ruoli apicali sia in Mediaset che in Rai.

Se il giornalismo tv diventa tutto mainstream

Oggi Freccero è molto attivo soprattutto sul fronte della critica alla gestione della pandemia di Covid-19, ma, come vedremo, tra i due temi non c’è una separazione netta. Anzi, nella sua disamina il noto massmediologo parte proprio da qui: “In base all’esito dei vaccinazioni, circa i due terzi degli italiani sono favorevoli alle tesi ufficiali. Partendo da questa realtà, possiamo dedurre due scenari. Il primo è costituito dal fatto che la maggioranza aderisce alle tesi ufficiali del potere, al pensiero unico, al potere costituito. E, naturalmente, il pensiero unico non ammette punti di vista divergenti. Da ciò ne deriva che, paradossalmente, un solo tg sia sufficiente, perché tutti gli altri in qualche modo devono accordarsi a questo”. Il tema, quindi, è ben più ampio delle eventuali scelte industriali di Mediaset: “Vanno in questa direzione anche la riforma della Rai, che non accorperà i telegiornali, ma la produzione dell’informazione in un’unica struttura che detterà le leggi dell’informazione. Se penso ai generi e se penso che dopo toccherà a un supergenere dell’informazione, penso naturalmente che ci sarà un’unica struttura che in qualche modo unificherà tutte le leggi dell’informazione di tutti i tg, ma purtroppo sulla stessa linea”, continua Freccero. Tuttavia, ci sono delle differenze rispetto ai cambiamenti ipotizzati per Mediaset: “Cancellare due tg su tre mi sembra rispondere all’idea che un solo tg sia sufficiente per il mainstream e per la propaganda”.

Le voci dissenzienti come foglia di fico

Nel secondo scenario delineato da Freccero, si sottolinea la posizione della minoranza di un terzo, la quale “da tempo ha preso le distanze dai media mainstream, che comprende anche i giornali quotidiani. Per loro si tratta di propaganda di regime”. In questo quadro, la pluralità dell’informazione “è inutile, se non irritante”. Questo perché le minoranze diffidano anche delle voci dissenzienti, sulle quali Freccero ha un’idea molto precisa: “Spesso hanno la funzione di essere un vaccino attenuato per giustificare la propaganda, per renderne più efficaci le tesi”. “Unico fine dell’informazione è la propaganda, che tanto più efficace quando proviene da un unico polo, con un'unica voce. L’affermazione di un telegiornale unico è avvenuta perché come i medici dipendono dallo Stato, così i giornalisti dipendono ormai dal Governo”, aggiunge. 

"Forum" e "Le Iene" come matrice di uno stile

Freccero poi approfondisce l’analisi della linea editoriale delle reti Mediaset: “Per Italia 1 l’informazione si identifica con la satira, il dileggio e lo scherzo. Vedi Striscia la Notizia e Le Iene, che assolvono a questa funzione, la quale non ammette la formulazione di un tg tradizionale nello stesso spazio. A questo punto il tg non ha giustificazione, perché rappresenta un modello austero, vecchio, un vecchio arnese che non c’entra nulla con la filosofia editoriale della rete”. Rispetto a Rete 4, aggiunge: “Barbara Palombelli, affermandosi nella fascia di mezzogiorno con Forum e in quella delle 20.30 con Stasera Italia ha sostituito nell’immagine della Rete l’icona storica di Emilio Fede che, vorrei ricordare, ha inaugurato il primo tg Fininvest prima di Canale 5”.

Gli "irregolari" e la concorrenza a La7

“Palombelli è ormai la matrice di Rete 4, ma contemporaneamente Giordano e Del Debbio sanno che nel pubblico della rete esiste anche la dissidenza e vogliono in qualche modo recuperarla, malgrado gli ordini di Confalonieri e Crippa, a favore della Rete, erodendo il pubblico di La7. In questo contesto il telegiornale di Rete risulta superfluo. Italia 4 e Rete 4 sono due reti che ho frequentato e che conosco molto bene. Io so che su Italia 1 non puoi fare informazione, perché la matrice sono Le Iene, mentre su Rete 4 sono i due programmi della Palombelli, che di fatto hanno sostituito il tg. Che oltretutto non ha più il testimonial. Invece Forum ha dato alla Palombelli un ruolo capitale: quel programma è oggi l’emblema di Rete 4, rappresenta bene il suo target. In questo contesto ci sono i due irregolari (Giordano e Del Debbio, ndr), che scrivono su un giornale interessante come La Verità e che conoscendo bene la tv sanno che ci sono persone diffidenti verso i vaccini e alcuni aspetti del governo Draghi”, aggiunge.

Rispetto a La7, unica rete della tv quasi interamente basata sulle news, Freccero dice: “La forza di Enrico Mentana è intatta. È l’unica rete i cui tg è diventato la matrice del canale all-news. Va riconosciuto che La7 ha ancora il suo punto di forza proprio nel tg, dal quale dipendono poi tutti gli altri programmi. Non a caso Mentana viene dalla Rai, dove il tg è l’elemento fondamentale che definisce la voce del canale”.