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Ingerenze e propaganda della comunicazione cinese in Italia

di Sara Garino

DRAGON INFORMATION WARFARE - Consentire alla Cina di introdursi nella nostra informazione rappresenta un pericoloso cavallo di Troia

Ingerenze e propaganda della comunicazione cinese in Italia

Quando si parla di Comunicazione, il tema dell’autorevolezza e credibilità delle fonti costituisce il presupposto fondamentale per quanti vogliano davvero informare, veicolando al Pubblico un messaggio pregnante, basato su documenti e dati oggettivi nonché, soprattutto, verificabili. Un modello a cui si ispirano – o almeno dovrebbero farlo – le Democrazie occidentali liberali e mature, nel rispetto della piena autonomia dell’informazione dal potere politico.

Lo stesso non avviene altrove e segnatamente a Est, dove sorge certo il Sole ma la Libertà e il Diritto alla Conoscenza muoiono nelle tenebre degli assolutismi e nell’assordante frastuono della propaganda di regime. La Cina, nelle ultime decadi, ha focalizzato tutti gli sforzi e tutto il peso pachidermico della propria macchina statale verso il raggiungimento di un unico obiettivo specifico: l’egemonia globale, in termini di influenza, capacità militari e know how tecnologico. Per farlo è stato necessario indirizzare in primis la macchina della Comunicazione: un gigantesco timone con cui controllare e pilotare la rotta di più di un settimo della popolazione mondiale, milioni e milioni di monadi influenzate da un diabolico cervello orwelliano. Che per la verità ha pure un nome: PCC, Partito Comunista Cinese.

A seguito della pandemia da Covid-19 (che, sebbene lo si dimentichi troppo spesso, proprio in Cina ha avuto origine in circostanze ancora non chiare), gli strumenti di controllo dell’opinione delle masse adottati da Pechino hanno fatto un deciso balzo in avanti, anche in virtù dell’accresciuta capacità di calcolo dell’Intelligenza Artificiale cinese. Tant’è che, in un recentissimo articolo pubblicato dal PLA Daily, viene sottolineata l’epocale transizione dal monitoraggio “fisico” a quello completamente “smaterializzato” dei computer, in grado di processare in tempo reale una mole colossale e assolutamente cross-settoriale di informazioni: dai dati sanitari alle preferenze sul web, dalle geolocalizzazioni fino ai tabulati telefonici e alla rete di relazioni.

Un artiglio, questo del Dragone, destinato non solo a incarnarsi sempre più nel nostro Occidente, ma che già oggi ha penetrato gangli nevralgici delle infrastrutture strategiche comunitarie. A livello nazionale e, in misura per certi aspetti ancora più preoccupante, proprio sul campo europeo. Sono infatti della scorsa settimana le sconcertanti dichiarazioni di Josep Borrell, Capo della Diplomazia europea, per cui, semplicemente, il nostro continente non possiede a oggi capacità e risorse per far fronte alla sempre più aggressiva ingerenza comunicativa cinese. Nei fatti, un’ammissione di inferiorità plateale e platealmente suddita, che certo avrà reso ancor più tronfio l’ego smisurato di Pechino.

In alcuni contesti, fra cui ahinoi quello italiano, la portata delle interferenze ha ormai raggiunto livelli da codice rosso (in tutti i sensi).

Si dà infatti il caso che il famoso Memorandum of Understanding sulla “Belt and Road Initiative” (sottoscritto dal nostro Governo con Pechino nel Marzo 2019 e presentato all’opinione pubblica italiana come un accordo non a rischio di ostilità o ingerenze) abbia sancito una pericolosa partnership fra la nostra Agenzia ANSA e l’omologa cinese Xinhua. Quest’ultima, subordinata al controllo del Consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese, ergo ai voleri e agli umori del Presidente a vita Xi Jimping.

Così il fruitore (nonché contributore) italiano è stato bersagliato da ondate di notizie confezionate artatamente dal Dragone, con l’intento di diffondere e divulgare una narrativa benevola nei confronti di Pechino e dei suoi vertici. E dipingendo come magnanimo e solerte verso i bisogni dei suoi Cittadini un regime che, in realtà, non esita a portare avanti pratiche genocidarie di pulizia etnica nei confronti della minoranza musulmana uigura presente nello Xinjiang. I titoli di Xinhua che l’ANSA propala dalle sue colonne raccontano di una Cina in stile paese di Bengodi, campione nella lotta e nel contenimento del Coronavirus, in piena ripresa economica (a tutto danno dell’Occidente, però), leader nell’economia verde e addirittura nel rispetto della parità di genere. Nonché assolutamente amica dell’Europa, con la quale il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha affermato si possano raggiungere “grandi risultati”, come quello (nefasto per il Vecchio Continente) del recente Accordo sugli Investimenti. Che però, secondo Pechino, si basa invece su interessi reciproci di ambedue i convitati. Sarà… ma evidentemente uno dei due, il Dragone, se ne sta seduto al desco come commensale, con l’Europa relegata al ruolo di cameriere o peggio di pietanza da spolpare.

Consentire alla Cina di introdursi nella nostra informazione rappresenta un pericoloso cavallo di Troia, in grado di corrodere dall’interno il livello di guardia e gli argini contro la minaccia totalitarista del Dragone. Eppure, ammonimenti e avvisi “in stile Laocoonte” sono arrivati, e arrivano tuttora. In ultimo, un rapporto dei servizi di intelligence estoni, pubblicato lo scorso 17 Febbraio, in cui si attesta il rischio di una pericolosa saldatura di intenti propagandistici fra Dragone e Russia (vedasi in proposito le campagne denigratorie “congiunte” contro l’efficacia e la sicurezza dei vaccini di produzione occidentale).

Una situazione pericolosa ed esecrabile come quella vissuta durante gli anni del Fascismo, dove però l’Agenzia Stefani guidata dal “megafono” Manlio Morgagni prendeva almeno ordini da Roma, e non da una potenza straniera lontana anni luce dai canoni e dai modelli di una moderna Democrazia rispettosa dell’Uomo e dei suoi Diritti fondamentali. Un piano inclinato, questo su cui si è lasciata scivolare l’Italia della decrescita felice e delle veline giornalistiche, dove anche a Sanremo si sono udite le stonature tragicomiche di chi si è sentito in dovere di inneggiare alla Cina come a un modello. Invece di cantarle, al Dragone, di santa e provata ragione!

Dove prolificano l’oscurantismo della libertà e della parola, dove all’orgoglio identitario si sostituisce la cupidigia del servilismo verso lo straniero e all’informazione attenta e responsabile subentra la disinformazione cosciente e piaggia, l’unica speranza è quella della luce del Sole, veicolo di consapevolezza e conoscenza. Per dissipare le spesse coltri di fumo del Dragone e ridestare finalmente l’Italia dal sonno narcotico e illusorio della propaganda.