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Editoria, sussurri e grida: e l'Ingegnere vendette Repubblica a Elkann

Angelo Maria Perrino

Editoria, il retroscena dalla grande festa per i 150 anni della Stampa: De Benedetti studia la cessione di Repubblica. E John Elkann...

Gigantesca e splendidamente riuscita operazione di comunicazione di John Elkann per festeggiare i 150 anni de La Stampa, il grande quotidiano di famiglia: uno spettacolare meeting internazionale, ospitato nella vecchia e suggestiva tipografia dismessa, con la crème dell'editoria internazionale - da Jeff Bezos, editore del Washington Post ( e gran capo di Amazon) a Louis Dreyfus, ceo di Le Monde, da Mark Thompson, ceo del New York Times, a Lionel Barber, direttore del Financial Times, ai vertici di Huffington Post, Bloomberg News, l'Economist, la tedesca Bild. Tutti a interrogarsi sul futuro dei giornali e a proporre le rispettive analisi e ricette (molto generiche e disorientate, in verita'... o non sanno cosa c'e' dietro l'angolo e procedono a vista o non hanno voluto piu' di tanto scoprirsi).

Un gran successo di immagine per Elkann, culminato con l'arrivo a sera, alla cena servita con la solita maestria dagli chef di Vittorio e ristretta per il gotha dell'editoria con l'unica eccezione della sindaca Appendino, del premier Paolo Gentiloni, molto apprezzato per il suo speech in ottimo e ben pronunciato inglese british.

La conclusione del convegno e' stata affidata a Carlo De Benedetti, proprietario di Repubblica e socio di Elkann nella partnership con la Stampa, le cui parole, un po' pessimiste, hanno dato corpo ad alcune voci davvero clamorose.

john elkann ape
 

Si sussurra che l'ingegnere, ormai ultra-ottantenne, consideri l'editoria un business divenuto molto complicato e impegnativo e sempre meno redditizio, e vedrebbe bene una cessione del giocattolo di via Indipendenza che aveva comprato da Eugenio Scalfari. Cessione che dovrebbe passare dai suoi figli, a cui De Benedetti ha ceduto ormai tutte le azioni. Ma si sa che il prediletto e delfino aziendale Rodolfo non si è mai fatto prendere dagli entusiasmi paterni mantenendo un approccio più pragmatico e distaccato nei confronti del business editoriale, anche se recentemente ha attenuato questo suo distacco critico.

E c'è buona intesa tra le giovani generazioni Elkann-De Benedetti. Lo stesso John ha detto chiaramente che punta a diventare secondo azionista di Gedi, il nuovo soggetto editoriale che nascerà dalla fusione l'Espresso-Itedi (il closing è previsto per la prossima settimana), di cui Cir è primo socio.

Dunque quale acquirente migliore di Elkann, che non fa mistero della sua passione per l'editoria, per la Repubblica? Ancora ieri, nel suo intervento, dopo essersi confrontato con Bezos mostrando grande familiarita' con i prodotti editoriali, ha perfino ricordato: "Sono figlio di un giornalista".

Sarebbe un Elkann alleggerito del peso della gestione di Fca, in vendita e presto orfana del grande Marchionne (molto ingrassato "perche' ho smesso di fumare"), che conferma ad Affaritaliani.it il desiderio scherzoso, gia' rivelatoci mesi fa, in occasione della quotazione della Ferrari, di fare da grande il giornalista ("perché potete pronunciarvi su tutto senza avere la responsabilita' di nulla").

Un Elkann con grandi munizioni finanziarie per fare, con il gruppo Repubblica- Espresso da affiancare all'Economist, l'editore competendo con quei grandi editori internazionali ieri ospitati nella sua Torino sotto le insegne del gioiello editoriale di famiglia, ma che domani cerchera' di sfidare con prodotti che o saranno globali e figli della rivoluzione digitale o non saranno.

PS

"Complimenti Ingegnere, interessante il suo intervento e soprattutto la sua proposta di riunire intorno a un tavolo tutti i soggetti della vecchia e della nuova editoria digitale coinvolti in questo difficile processo di transizione", dico a Carlo De Benedetti all'arrivo alla cena a Palazzo Reale.

"L'editoria - mi risponde - è in gravissima difficoltà e rischia di morire. Per questo ho lanciato l'idea di un tavolo dove ci siano editori, istituzioni, ma soprattutto Google e Facebook che usano i nostri dati e contenuti per fare business e devono quindi concorrere e farsi carico di questo processo di transizione in corso, che per taluni aspetti può diventare drammatico".