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Ferruccio de Bortoli innamorato dell'austerità

Giuseppe Vatinno

Ferruccio de Bortoli presenta un libro sull'austerità

 

Ferruccio De Bortoli è, per certi versi, sorprendente, ma anche indubbiamente coraggioso.

Ieri dalla prima pagina del Corriere della Sera, quotidiano di cui è stato direttore, si è lanciato in un impopolarissimo panegirico dell’austerità in salsa europea che manco Angelo Panebianco (che però dà segni ultimamente di resipiscenza) avrebbe osato.

Lo spunto è stato quello dell’ennesimo libro di Alberto Alesina, dell’inseparabile Francesco Giavazzi e del bocconiano Carlo Favero dall’eloquente titolo “austerità”, fortunatamente (almeno) scritto con la “a” minuscola.

Tra parentesi, i due (non si sa mai chi scrive) oggi si permettono di dire a Salvini, sempre dalle colonne del Corriere, che “ha perso una buona occasione per stare zitto” sul Fondo Monetario Internazionale, con una saccenza pari solo alla loro spocchia.

Il libro è in uscita, ma De Bortoli se lo deve essere letto ben bene, visto che non solo parte dalla prima pagina del Corriere (in genere adibita a ponte di lancio di ben altri ordigni) ma continua poi all’interno per due pienissime facciate, con ben cinque grafici e tanto di foto iconografica di ragazzi che pattinano in centro a Milano, per la famose “domeniche a piedi” che l’Italia del 1973 celebrò come momento di riappropriazione delle città per la gioia degli sportivi e la maledizione degli automobilisti.

Dicevamo che il libro è solo un pretesto perché De Bortoli possa esplicitare il suo pensiero nocivissimo per l’Italia. In pratica scrive che occorre essere molto attenti alle spese (certamente) ma occorre anche lodare l’austerità provvidenzialmente imposta dall’Europa perché è bella e buona e soprattutto fa bene.

Insomma, un delirio masochistico degno di miglior causa. Che l’austerità faccia bene è tutto d a dimostrare visto che dieci anni di crisi ci hanno ridotto nello stato attuale, con il lavoro che non c’è e l’economia asfittica.

Certo, occorre fare tutto con misura, ma arrivare a lodare le politiche di Mario Monti, prono come non mai ai voleri e le smanie di Bruxelles nel 2012, sembra veramente troppo.

La gente, quello che De Bortoli chiama spocchiosamente “il popolo” è stufa di chiacchiere e di radical chic che a Davos ci dicono quanto inquinino le macchine per poi ripartirsene con 1500 jet. Il tempo delle favole è finito e soprattutto è finita l’epoca delle prese in giro.