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L'editore dei "Versetti satanici" di Rushdie: "In editoria niente è puro"

Il racconto dell'allora direttore editoriale di Mondadori di uno dei libri che hanno scritto una lunga pagina della storia dell'editoria mondiale

Gian Arturo Ferrari racconta il periodo della pubblicazione del libro di Salman Rushdie dei "Versetti satanici" e della strategia editoriale fatta all'epoca dei fatti

A distanza di anni dalla pubblicazione dei "Versetti satanici" e in occasione del recente acccoltellamento dell'autore, Salman Rushdie, Gian Artuto Ferrari (all'epoca della pubblicazione) direttore editoriale di Mondadori racconta in un'intervista a La Repubblica, come la casa editrice si trovò a fronteggiare la fatwa contro lo scrittore indiano. 

Soprattutto, Gian Arturo Ferrari ricorda l'uscita  e le conseguenze del clamoroso successo in libreria del libro. L'autore, Salman Rushdie scelse di pubblicare con Mondadori per l'offerta in denaro come afferma nel corso dell'intervista e delle conseguenze scaturite post pubblicazione: "Sì. Ci viene in soccorso, quanto mai inaspettato, l'ayatollah Khomeyni che giudica il libro blasfemo e invita a reagire".

Poi, continua a puntualizzare sull'intervento delll'ayatollah Khomeyni: "No, una esortazione a uccidere Rushdie e tutti coloro che hanno contribuito alla pubblicazione. Infatti, quando i Satanic Verses vengono pubblicati in Gran Bretagna da Penguin nell'autunno '88, si verificano agitate manifestazioni pubbliche e assalti alle librerie. Il libro viene bruciato tra grida di giubilo, che non è mai un bel vedere", aggiunge Ferrari.

Mentre sulla scelta editoriale e il coraggio della pubblicazione afferma che non si tratta di "coraggio fisico non rientra tra le virtù richieste a chi lavora in editoria". Infatti, appena pronto il volume, Ferrari ricorda di quando volò con Giancarlo Bonacina a Londra per mostrare all'autore la prima copia e della sua soddisfazione: "Io e Giancarlo Bonacina, l'editor che aveva acquisito il libro, siamo andati a Londra per mostrargli la prima copia, durante un pranzo".

"In editoria non c'è niente di puro, le intenzioni più nobili sono sempre mescolate agli interessi più bassi. Nel nostro caso non c'era dubbio che le vendite con un simile frastuono comunicativo sarebbero state grandiose. La difesa della libertà di stampa non è una foglia di fico o uno svolazzo retorico. Chi lavora in editoria lo sa. Se si cede, se ci si fa imporre che cosa pubblicare e che cosa no, tutto si immiserisce, l'editoria perde senso ed è meglio cambiar mestiere", conclude Ferrari.