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Marcello Foa nel mirino del Pd
La consigliera Pd Rita Borioni ricorre al Tar contro la sua nomina
Marcello Foa è una delle bestie nere del Partito Democratico e di questo fatto non è facile trovarne una specifica motivazione.
Sembra che ora in tempi di deriva totale di quello che fu il più grande partito della sinistra, l’obiettivo principale sia quello di combattere contro il Presidente della Rai.
L’ultima che hanno fatto è il ricorso al Tar contro la nomina di Foa. Materialmente tale azione amministrativa è stata fatta dalla consigliere Pd in Cda Rita Borioni. La motivazione è quella che la candidatura di Foa era stata respinta dallo stesso Cda Rai in prima istanza e solo dopo il periodo estivo ratificata da una nuova votazione, dopo l’accordo tra Lega e Forza Italia. Secondo il Pd questo non si poteva fare.
L’ufficio legale della Rai ha replicato che la nomina è legittima.
Tuttavia, al di là della disputa legale, sorge il più che motivato sospetto che dietro a questo ricorso ci sia una sorta di crociata contro il governo per il controllo della Rai visto che fin dall’apparire della candidatura di Foa il Pd si è innervosito ed ha prodotto una serie di esternazioni e critiche di tipo risibile. Poco prima del ricorso Michele Anzaldi, deputato Pd, aveva provato a contestare la votazione per una presunta storia di schede non valide. Ma la lagnanza fu prontamente tacitata dal Presidente della Commissione di Vigilanza Rai. L’unica spiegazione di tanto accanimento su Foa è che il Pd lo tema veramente per la sua indubbia professionalità (è un noto giornalista professionista che ha lavorato a Il Giornale e a Il Corriere del Ticino).
Se questa fosse la motivazione vuol dire che il governo ha colto pienamente nel segno con la sua nomina.
Anzaldi, che nell’agosto del 2018 propose il nome di Michele Santoro (“il nuovo che avanza”) per la presidenza, ha definito addirittura Foa “un uomo di partito” ma non risulta che il Presidente della Rai abbia mai avuto una tessera della Lega e tantomeno risulta che i precedenti presidenti indicati -ad esempio- in epoca renziana, fossero sgraditi al Pd stesso. Queste sono le regole della democrazia, chi vince governa, anche se è doloroso, ammettiamolo, perdere il potere in Rai dopo averlo avuto per tanti anni.