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MediaTech
Adv, il guru Seguela sulla pubblicità: "Momento complesso, clienti spaventati"

Seguela sulle Publistar: “Più cresce la tecnologia, più serve affetto"

E’ forse il primo nome che viene in mente a chi ha cominciato nei primi anni ’80 a fare la pubblicità: Jacques Seguela e la sua Star Strategy, le sue campagne frizzanti e rivoluzionarie, la volontà di imporre un modello culturale francese in un mondo i cui monumenti fino a quel momento erano principalmente anglofoni. E poi il suo libro manifesto “Non dite a mia madre che faccio il pubblicitario: crede che faccia il pianista in un bordello”, che ha dato la dignità di mestiere graffiante e intelligente a quella che fino ad allora era considerata solo “reclamo”. Con lui nascono le Publistar, i creativi di cui anche la gente comune conosce il nome e che rendono gli spot dei compagni di vita.

Lo incrociamo a Cannes durante i Festival della Creatività: il suo Havas Cafè è il punto di ritrovo della sua agenzia e dei creativi più appassionati, durante la kermesse. Quest’anno però è ancora più affollato: per i 90 anni di Jacques, la direzione del Festival ha deciso di assegnargli il Leone di San Marco, una sorta di premio mondiale alla carriera dei creativi. In contemporanea  esce il suo nuovo libro, "90 anni di amore", pubblicato in Italia da Lupetti. Non potrebbe esserci occasione migliore per provare a coinvolgerlo nelle conversazioni di questi giorni sulle Publistar, che proprio questo giornale ha lanciato e che ancora tante reazioni provocano.

Seguela, in Italia c’è qualcuno che sostiene che le Publistar non solo non servono più, ma sono state un male perché troppo avide di denaro. Visto che tu sei la Publistar originale, cosa ti senti di dire a questi impiegati della creatività digitale e delle credit list infinite con mille nomi di creativi?
“La pubblicità è lo specchio della vita. Stiamo vivendo momenti di ansia collettiva, di bassezza del quotidiano. Gli umani sembrano aver perso la testa, guarda solo cosa è successo politicamente nell’ultima settimana in Francia. Però non dobbiamo farci trascinare  in queste condizioni di bassezza. La pubblicità e la creatività devono continuare ad essere il sogno in permanenza. Noi dobbiamo continuare a ‘fare Tac’ e a far nascere creatività con intelligenza. L’hai visto in questi giorni, qui a Cannes. L’hai sentito anche nelle conversazioni con Yannik (Bollorè, il finanziere che controlla Havas, la holding della pubblicità, oltre a molte società finanziarie e tecnologiche, anche in Italia ndr.): noi creativi di livello dobbiamo continuare a far sognare. Adesso anche con la tecnologia. Io continuo a pensare che devo essere un Racine della pubblicità, che è più di una Publistar, mentre Yannik è la tecnologia, il futuro. Ma non possiamo dimenticare che dobbiamo bilanciare i due mondi. Stiamo scivolando verso la convergenza, ma ‘più hai tecnologia, più hai bisogno di affetto’ (che in francese funziona ancora meglio ‘Plus a du Tech, plus il faut de l’affect. Ndr.)”

Tutto bello, Jacques. Però in Italia il Presidente degli investitori pubblicitari ha dichiarato ad un convegno sull’e-branding ‘Non cercate idee troppo intelligenti’. Visto che ricordo che due anni fa ci hai detto in una famosa intervista che ‘i clienti devono fare meno test ed usare più testicoli’, cosa ti senti di rispondere a questa curiosa richiesta?
“Che comprendo le difficoltà. In Italia, come dappertutto, i Clienti sono nervosi per l’incertezza economica. Chiudere i rubinetti è la prima contromisura, e quindi gli investimenti calano. La seconda reazione è che non sono disponibili a idee rivoluzionarie. E’ umano che per tutti sia un momento in cui la priorità è portare alla  base la nave. Fuori c’è caos. E le Idee per loro sono caos aggiuntivo. Eppure in questi momenti si vedono i veri creativi, quelli forti e combattenti: è da loro che deve cominciare la Rimonta del Cuore.”

Mi stai citando un passaggio del tuo libro?
“Si, perché solo noi possiamo insegnare agli altri ad amare la vita. In parte i consumatori già lo stanno facendo. La gente è diventata refrattaria al lavoro per il lavoro, al consumo per il consumo: vanno a vivere in campagna, cambiano campo di attività, recuperano quello che li rende felici. Se oggi prevale la Paura del Domani, noi Creativi dobbiamo trasmettere ottimismo e intelligenza. Solo in questo modo il paracadute resterà nell’aeroplano. E il volo può continuare.” 

A questo punto non posso non domandarti, visto che hai un agenzia molto forte nel nostro paese, come mai stiamo passando un momento creativo così depresso: il 90% dei premi a Cannes li vince una sola agenzia, che però ha un respiro ed un talento più internazionale che locale, gli altri premi arrivano da strutture di italiani che sono andati all’estero, perché nel nostro paese non trovavano spazi di qualità. So che mi risponderai senza polemiche e con diplomazia, però la domanda è forte: come si esce da questo cul de sac? 
“E’ un problema complesso. Perché i ‘patron de la pub’ del mondo intero si danno la mano per evitare aggressività supplementari.  Se è momento così per la pubblicità, serve però fermare questa corsa. Noi creativi siamo sempre più avanti rispetto al resto della nostra industria, ed anche della società, Adesso ci sono i drammi. Ma i creativi bravi, quelli di talento e personalità, si stanno preparando a rilanciare la loro arte. Come sempre, solo i più bravi sanno come si fa. E ti cito Jean Cocteau che tanti anni fa incontrò un suo amico ballerino che si lamentava dei tempi duri e della voglia di far saltare tutto. E Cocteau gli ha ricordato la prima regola di un vero creativo: ‘Etonner le monde, sans détonner’. Ecco, non sarà la tecnologia a far stupire il mondo, a produrre i cambiamenti a far ripartire l’Amore. Saremo noi Creativi.”

Rimaniamo poi a chiacchierare di mille altre cose, dell’amore che lui ha per il nostro paese (dove ha avuto un socio che era un’altra PubliStar, Marco Mignani), di politica e di giovani. Poi ci diamo appuntamento all’anno prossimo, sempre qui al Festival: a novant’anni è la dimostrazione che per un creativo l’ottimismo è una forma mentis. A presto Jacques. Servono ancora creativi come te, in questo mestiere. Che ricordino a tutti che la personalità non è ancora un difetto e che la tecnologia è un magnifico strumento, se ci accompagna a realizzare i nostri sogni. E ad amare questo lavoro.

  






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