Medicina
Come difendersi dalle allergie alimentari. In crescita quelle ai crostacei
Come diagnosticare e come curare questo problema, che colpisce fino al 5% degli adulti e tra il 6 eil 10% dei bambini piccoli
L’allergia ai crostacei rappresenta la seconda causa di allergia alimentare primaria in Italia (13%) ed esiste una correlazione con la sensibilizzazione agli acari della polvere. La maggior parte delle persone allergiche ai crostacei sono ipersensibili agli acari della polvere; crostacei ed acari, così come i molluschi, sono degli invertebrati ed hanno degli allergeni in comune, dei quali il più importante è la tropomiosina. La tropomiosina delle diverse specie di invertebrati è molto simile per cui un soggetto allergico ad un crostaceo può reagire con la maggior parte degli altri crostacei. Recenti studi condotti in Italia e nell’area mediterranea hanno evidenziato che in realtà meno della metà dei pazienti allergici ai crostacei sono sensibilizzati alla tropomiosina, per cui esistono molti altri allergeni rilevanti. “Circa il 40% dei soggetti con allergia a crostacei manifesta sintomi anche con assunzione di molluschi come mitili, cefalopodi (polpo e seppia) e gasteropodi (lumache), quindi più della metà dei pazienti allergici ai crostacei può assumere tranquillamente molluschi e questi sono spesso pazienti non reattivi alla tropomiosina” spiega il dott. Giorgio Celi allergologo AAIITO afferente al ASST di Mantova.
Allergie: focus su pesce e arachidi
Allergia al pesce: è abbastanza rara, ma è importante inquadrarla correttamente per evitare diete di eliminazione inappropriate. Il pesce è un alimento di utilizzo comune in tutto il mondo ed il suo consumo è in costante aumento ma in Italia l’allergia al pesce è rara rispetto a quella verso gli altri allergeni di origine animale (1 - 7%). L’allergene maggiore del pesce è la parvalbumina che si trova nel muscolo, è resistente alla cottura ed alla lavorazione delle carni, e può essere anche un aeroallergene durante la lavorazione e la cottura. Le parvalbumine delle diverse specie di pesci sono simili ed è frequente una cross-reattività, ma la loro concentrazione nelle diverse specie è variabile. Allergeni meno frequenti, recentemente riconosciuti, sono l’enolasi e l’aldolasi, meno stabili alla lavorazione ed alla cottura. Allergeni minori del pesce sono contenuti anche nel collagene (quindi nella gelatina di pesce), nel sangue e nelle uova. “Le persone allergiche al pesce sono molto raramente sensibilizzate verso gli altri prodotti ittici come i crostacei e non tutti i pazienti devono evitare tutte le specie di pesce, in quanto esistono soggetti sensibilizzati solo a poche specie o monosensibilizzati ed è pertanto importante inquadrarli correttamente per evitare inutili diete di eliminazione” chiarisce la dott.ssa Gaia Deleonardi, allergologa AAIITO del Settore Allergologia e Autoimmunità LUM, AUSL Bologna.
L’allergia primaria all’arachide è una delle principali allergie alimentari nei paesi anglosassoni e nei paesi dell’Europa settentrionale, esordisce in genere nei bambini, può essere responsabile di reazioni gravi e spesso persiste nell’età adulta. In Italia l’allergia primaria all’arachide, legata alla sensibilizzazione a proteine di deposito, è rara, si sviluppa in età pediatrica ed è più frequente nelle regioni del nord rispetto a quelle del centro-sud. I pazienti italiani allergici all’arachide più spesso sono sensibilizzati a panallergeni come la Lipid Trasfer Protein (LTP), presente in molti cibi di origine vegetale e potenzialmente responsabile di reazioni severe, o panallergeni pollinici come Profilina o PR-10 a cui il paziente si sensibilizza attraverso i pollini e che nella maggior parte dei casi causano una sindrome orale allergica (sintomi limitati al cavo orale) solo con l’alimento consumato crudo.
“La terapia delle allergie alimentari si basa sulla dieta di esclusione e sulla terapia d’emergenza con adrenalina autoiniettabile nei pazienti con reazioni gravi. Esiste la possibilità di prevenire reazioni gravi secondarie all’ingestione occasionale di tracce di allergene con la desensibilizzazione, ossia la somministrazione controllata di quantità crescenti di allergene. Tale terapia è eseguita in centri specializzati e permette di migliorare la qualità di vita dei pazienti” spiega la dott.ssa Baoran Yang allergologa AAIITO presso il ASST Mantova.