Medicina
Anticorpi monoclonali, una scelta giusta? Intervista al Prof. Costantino
affaritaliani.it ha incontrato il Direttore del Dipartimento di Scienze degli Alimenti e del Farmaco dell'Università di Parma
A seguito del via libera dato dalla Commissione tecnico scientifica dell'AIFA, anche l'Italia apre all'utilizzo degli anticorpi monoclonali, con limitazioni in linea con quelle del Canada e degli Stati Uniti: tali farmaci sono infatti destinati a pazienti in fase precoce con alto rischio di evoluzione.
A fronte delle nuove speranze terapeutiche legate questo trattamento, ci sono però anche discussioni in corso nel mondo scientifico, dove non tutti hanno accolto con lo stesso entusiasmo tale novità.
Affaritaliani.it ne ha parlato con Gabriele Costantino, Direttore del Dipartimento di Scienze degli Alimenti e del Farmaco dell'Università di Parma: “Il dibattito non è tanto sull'utilità del trattamento, quanto sulla 'strumentalità' del dibattito stesso”, spiega.
Cosa intende dire?
“Sono trent'anni che si studia l'approccio dei monoclonali alle malattie infettive, dall'influenza a Ebola. Per le malattie non infettive hanno fatto progressi enormi e sono tra i farmaci più venduti al mondo, con un boom soprattutto in termini di prezzo. Nelle malattie infettive, invece, non hanno mai sfondato, per una serie di motivi che, appunto, determinano alcune perplessità”
In cosa consistono tali perplessità?
“La prima consiste nel fatto che gli anticorpi monoclonali hanno una finestra di utilizzo bassissima, quindi è molto difficile trovare una persona che ne possa davvero trarre vantaggio. Sono molto costosi e complicati da utilizzare, cosa sulla quale nessuno ha dubbi. Inoltre, come fanno tutti gli approcci antivirali e antibatterici, selezionano varianti mutanti. Siccome in questo momento per fortuna ci sono dei vaccini efficaci, si rischia di vanificarne l'effetto. Non è questo il caso specifico, perché parliamo di un numero di dosi veramente ridottissimo, circa 150.000 in tutto il mondo. Però, dal punto di vista teorico, il problema è questo: se non ci fosse il vaccino andrebbe tutto bene, ma avendocelo fanno solo del male”
Nel senso che si sta determinando uno spreco di risorse?
“Intendiamoci: continuare lo studio va benissimo. Io sono un ricercatore universitario, si figuri se sono contrario agli studi! Però la cosa un po' strana è che questi sono farmaci brevettati, quindi lo studio dovrebbe pagarlo chi detiene il brevetto, non l'ente pubblico. Per i farmaci fuori brevetto, come l'idrossoclorichina, va benissimo. Ma questi sono farmaci brevettati: se approvati, le rispettive aziende vi ricaveranno una quantità di soldi incredibile. Devono essere i cittadini a pagare la ricerca? Per quale motivo? Questa è la 'strumentalizzazione' che mi pare di cogliere in questa vicenda, sempre a mio parere. Sul piano scientifico non c'è disaccordo. Semmai il problema sta nella modalità con la quale si è imposta questa scelta”
Non si può spiegare questa scelta con il fatto che, avendo ancora molti dubbi da chiarire, si tentino tutte le stradi possibili?
“Questo punto lo capisco bene, però allora bisogna fare chiarezza: stiamo facendo un uso di emergenza o una sperimentazione? Se è una sperimentazione posso capirlo, ma a quel punto do il mio giudizio da ricercatore e dico che ci sono almeno cinque studi sugli anticorpi monoclonati aperti al mondo: Blaze 2, Blaze 3, Blaze 4, Recovery nel Regno Unito e uno in Brasile. Aspettiamo di vedere cosa succede! Lo studio va bene, ma mi piacerebbe che le aziende interessate fornissero i farmaci gratis, magari con AIFA che paga la parte strutturale e si potrebbe fare lo studio. Ma un decreto del ministro del suo ultimo giorno di carica è veramente una cosa insolita. Mi occupo di farmaci da 25 anni e l'unico caso del genere è stato con la “cura Di Bella”, tanto è vero che la legge a cui si riferimento è proprio quella nota come “legge Di Bella”, quella del 1998 che autorizza le sperimentazioni per uso emergenziale! A mio avviso in questa vicenda ci sono troppi interessi. Non mi riferisco a interessi illeciti, per carità: penso semmai al desiderio di visibilità personale da parte di qualcuno, a vecchie ruggini accademiche... Però poi a farne le spese è la credibilità del sistema italiano”
Un altro scienziato che ha manifestato delle perplessità sul tema è il Prof. Crisanti...
“Sì. Ogni tanto lo sento: è una persona molto seria”.