Medicina
Emofilia, le conseguenze della malattia, quante persone ne soffrono in Italia
Intervista ad Alfonso Gentile, Medical & Regulatory Director di Takeda Italia
La pandemia, oltre ai gravi danni sanitari ed economici, sembra aver messo in ombra importanti patologie e messo in secondo piano anche le cure. Tra queste patologie vi è l’emofilia.
In Europa sono oltre 32.000 le persone emofiliche. Secondo gli ultimi dati (2017) diffusi dal Registro Nazionale delle Coagulopatie Congenite dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia sono 10.627 i pazienti con malattie emorragiche rare congenite. Di questi, 4.179 sono affetti da emofilia A e 898 da emofilia B.
Ne abbiamo parlato con Alfonso Gentile, Medical & Regulatory Director di Takeda Italia, uno dei gruppi più impegnati nella cura di questa patologia.
Quali sono le principali complicanze di questa malattia?
“Tra le principali complicanze di questa malattia vi sono gli emartri, ossia sanguinamenti che si manifestano all’interno delle articolazioni e che, se non trattati in modo adeguato, possono portare ad artropatia cronica e disabilità.
Le malattie rare sono patologie multi-sistemiche e caratterizzate da una certa complessità della presa in carico, e richiedono un approccio terapeutico multidisciplinare.A causa di questo scenario, è evidente che, per avere risposte terapeutiche efficaci, è necessario investire nello studio dei meccanismi fisiopatologici che sottendono alle condizioni patologiche e da cui derivano le opzioni terapeutiche”.
Su questo tema come deve muoversi il sistema paese?
“Per comprendere l’importanza della ricerca nell’ambito di questo tipo di patologie, ovvero le malattie rare, è necessario sottolineare le loro caratteristiche comuni, in particolare la difficoltà e il ritardo nella diagnosi. Per tale ragione, il sistema Paese deve sostenere la costituzione di una ‘alleanza’ tra comunità scientifica, industria farmaceutica, pazienti e loro associazioni, finalizzata a migliorare insieme la vita dei pazienti velocizzando gli approcci diagnostici e rendendo le terapie possibili per tutte le persone affette da malattie rare”.
Come si muove il vostro Gruppo su questo fronte?
“Takeda è un’azienda biofarmaceutica globale che contribuisce attivamente alla sensibilizzazione sull’emofilia, e sulle malattie rare in generale, attraverso un flusso costante di terapie di nuova generazione. Nell’ambito dell’emofilia, in particolare, la ricerca Takeda si sta impegnando nel garantire la totale assenza di sanguinamenti, cercando di adattare lo schema di trattamento sulla base delle caratteristiche di ogni singolo paziente emofilico, come emerge da recenti studi pubblicati, con il risultato di un significativo miglioramento della qualità di vita e del burden del paziente. Per quanto riguarda le malattie rare l’aspirazione del nostro Gruppo è di trasformare il trattamento di queste patologie sia in termini clinici, sia nell’ottica di offrire ai pazienti una qualità di vita migliore. La nostra pipeline vanta 40 nuove molecole in diverse fasi dello sviluppo clinico, di cui 14 per le patologie rare, con investimenti di circa 4,5 miliardi di dollari all’anno in R&S”.
Quali i vostri programmi di supporto per gli emofilici?
“Confermiamo l’impegno di semplificare la vita dei pazienti emofilici in questa inedita fase storica in cui a fare la differenza è ancora il contenimento degli spostamenti, soprattutto per le popolazioni fragili. I programmi di supporto vanno dall’infusione domiciliare, al prelievo di sangue a domicilio per la valutazione della PK fino alla riabilitazione fisioterapica domiciliare. Da 10 anni siamo attivi nel supporto ai servizi domiciliari in varie aree terapeutiche, tra le quali, oltre all’emofilia, le malattie da accumulo lisosomiale, le immunodeficienze, l’angioedema ereditario. La situazione emergenziale non ha fermato la nostra vocazione e azione di servizio”.