Medicina

Responsabilità professionale. L'appello dei chirurghi al ministro della Salute

Eduardo Cagnazzi

Non si fermano la pubblicità ingannevole e l'abuso di proposte di enti ed associazioni specializzate nel contenzioso medico-legale. Le proposte del Collegio

Un appello al ministro della Salute, Giulia Grillo, per invitarla ad intervenire tempestivamente sul tema della responsabilità professionale. L’allarme è del Collegio italiano dei chirurghi che, in una lettera del  proprio presidente, Filippo La Torre (nella foto), chiede al ministro sia un intervento rapido ed efficace sulla revisione della definizione di colpa medica, sia l’emanazione dei rimanenti decreti attuativi della legge Gelli. Nella lettera il Collegio indica anche quattro proposte per evitare il collasso del sistema sanitario: la riduzione del contenzioso medico-paziente attraverso provvedimenti legislativi mirati, l’adozione di provvedimenti riguardanti la governance e l’appeal della professione chirurgica, l’emanazione del dispositivo di legge sulla “colpa professionale”, come accede nel resto dell’Europa. Infine, il controllo sulla pubblicità che invita i cittadini a ricorrere contro i sanitari. La malapractice e l’eccesso di procedimenti giudiziari, il ruolo dei risk management aziendali, il calo della vocazione chirurgica in un numero già esiguo di specializzandi hanno reso critici, secondo La Torre, il ruolo e la funzione del chirurgo nel Ssn. “La Legge 24 Gelli-Bianco del 2017 ha cercato di mettere in campo soluzioni atte a risolvere, soprattutto, il problema dell’eccesso di “denunce” a carico dei medici ma, purtroppo, non si vede un calo del loro numero. Per contro si nota, invece, l’accentuarsi di azioni da parte di agenzie ed associazioni miranti al reclutamento di pazienti disponibili alla denuncia”. Una situazione denunciata anche dall’Ordine degli avvocati di Roma proprio sul tema della malasanità e pubblicità ingannevole.  Per La Torre è in crisi il patto terapeutico tra medico e paziente che ha creato, da un lato, sfiducia ed insoddisfazione verso la figura del medico e, dall’altro, di conseguenza, la cosiddetta “medicina difensiva. “Gli errori e il comportamento umano -si legge nella lettera- non possono essere analizzati isolatamente, ma devono esserlo in relazione al contesto nel quale la gente lavora. Il personale medico e sanitario è influenzato dalla natura del compito che svolge, dal gruppo di lavoro, dall’ambiente di lavoro e dal più ampio contesto organizzativo, cioè dai cosiddetti fattori sistemici. In questa prospettiva gli errori sono visti non tanto come il prodotto della fallibilità personale, quanto come le conseguenze di problemi più generali presenti nell’ambiente di lavoro e nell’organizzazione. Occorre pertanto preservare la responsabilità individuale e, al contempo, comprendere le interrelazioni tra persona, tecnologia e organizzazione”. Per ridurre i comportamenti non rispettosi da parte dei cittadini e salvaguardare la qualità della relazione e del lavoro è auspicabile quindi, si legge, “che le strutture sanitarie adottino programmi di prevenzione, valutando i rischi nei luoghi di lavoro, formando il personale con particolare attenzione alle competenze comunicative e informando l’utenza dell’esistenza di una politica aziendale attenta alla correttezza dei comportamenti. Non trascurabile, in questo contesto, vista la delegittimazione della figura professionale, l’aumento delle aggressioni ai sanitari”. Una situazione che, secondo l’organismo dei chirurghi, contribuisce a far crollare l’appeal della professione.