Medicina
Si chiama MKK7 la molecola che limita i danni neuronali in seguito a ischemia
di Nancy Squitieri
E' l'importante risultato raggiunto di recente da Tiziana Borsello, scienziata torinese e Professore di anatomia umana presso il dipartimento di farmacologia e scienze biomolecolari dell'Università degli Studi di Milano.
Premio Pfizer 2005, dopo le collaborazioni con Rita Levi Montalcini e la carriera presso l'università svizzera di Losanna, dal 2007 lavora presso il laboratorio di Biologia delle Malattie Neurodegenerative all'Istituto Mario Negri di Milano, e oggi è a capo del laboratorio di Morte Neuronale e Neuroprotezione.
E lo racconta direttamente ad Affaritaliani.it:
"Come sempre dietro ad una scoperta c'è un grande lavoro in team: lavorando insieme i ricercatori ottengono dei risultati. Questo studio è nato infatti molti anni fa quando lavoravo in Svizzera ed è frutto di una collaborazione fra il mio laboratorio a Milano e quello del prof. Vercelli dell'Università Torino, con cui collaboro da oltre vent'anni. Sono coinvolte molte persone, circa una ventina".
Di cosa si tratta dunque: il cervello, come ogni altro organo del corpo umano, ha bisogno di nutrimento e ossigeno per funzionare. Tali sostanze vengono trasportate attraverso i vasi sanguigni, e quando il flusso sanguigno diretto al cervello è bloccato si verifica un'ischemia cerebrale. Questa genera la morte dei neuroni, che sono le cellule che non si replicano, e che una volta danneggiate non vengono ripristinate.
"Noi abbiamo dimostrato che una molecola, MKK7, gioca un ruolo importante nella morte neuronale in seguito ad ischemia, e che l'inibitore specifico di questa proteina, che si chiama GADD45Beta, previene il danno cerebrale del cinquanta per cento, oltre che, dato ancora più interessante, questa sostanza riesce ad avere un effetto protettivo anche quando viene somministrata sei ore dopo l'ischemia cerebrale".
Lo studio è stato condotto sugli animali da laboratorio, mentre la sperimentazione umana è tutta in divenire, e la ricerca della Borsello procederà in quella direzione, ovvero cercare di portare ad un potenziale sviluppo clinico di questo inibitore.
"Attualmente non ci sono trattamenti farmacologici approvati, a parte l'attivatore tissutale del plasminogeno ricombinante (rt-PA), le approvazioni all'uso sono restrittive e l'utilizzo varia notevolmente, mentre la sua finestra dura al massimo tre ore. Per questo è importante cercare nuove strategie contro l'ischemia. La rilevanza maggiore di questa scoperta è inerente alla finestra temporale d'intervento: questa, infatti, permetterebbe ai pazienti infartati di avere il tempo per raggiungere il pronto-soccorso ospedalieri. Proprio grazie al fatto che la capacità che GADD45Beta ha di proteggere i neuroni, anche quando viene somministrato sei ore dopo l'infarto ischemico, è sempre del cinquanta per cento".
Con le dovute cautele, quindi, questa potrebbe essere una prospettiva nuova, in cui le persone con ischemia cerebrale vedrebbero i volumi d'infarto cerebrale ridotti e di conseguenza anche i deficit, con possibilità di un recupero molto buono.
Inevitabilmente però, quando si parla di ricerca scientifica in Italia, non mancano le puntualizzazioni sulle oggettive difficoltà che si riscontrano, ad iniziare dalla prevedibile carenza di fondi:
"In Italia ci sono scienziati molto bravi che non riescono ad ottenere fondi per le loro ricerche e purtroppo senza la ricerca di base la scienza non avanza. Non solo non ci sono fondi dedicati alla ricerca di base, ma non c'è nemmeno la sensibilità per cambiare rotta. Mentre gli altri stati europei investono, noi qui facciamo tagli su tagli. Negli altri Paesi oltre le risorse a disposizione, le strutture dei centri di ricercai hanno un'organizzazione migliore. Per non parlare delle nostre retribuzioni: basti pensare che lo stipendio che ho in Italia è ridotto ad un terzo di quello svizzero che percepivo.
Nonostante il traguardo raggiunto si pensa già agli obiettivi futuri:
"Continuerò a fare ricerca di base e mi sta particolarmente a cuore lo studio della Sindrome di Rett, malattia rara che, proprio in quanto tale, riceve poche attenzioni. Colpisce le cosiddette "bambine dagli occhi belli", chiamate così perché riescono a comunicare solo con lo sguardo. Si tratta di una malattia rara neurodegenerativa, di origine genetica, che colpisce quasi esclusivamente il sesso femminile durante i primi anni di vita, provocando ritardi nella crescita e gravi disturbi psicomotori. Queste bambine crescono apparentemente sane nei primi mesi di vita, sviluppando le stesse abilità delle loro coetanee. Poi, solitamente intorno al secondo anno di vita, qualcosa blocca il loro sviluppo e le fa regredire, fino a privarle della parola, dell'uso di mani e gambe, del controllo dei movimenti.? Attualmente non ci sono cure per questa malattia.
Infine continuerò a cercare di trovare il modo per far decollare questa molecola con grandi potenzialità come neuro-protettore, oltre che continuare a cercarne di nuove. Trovare modi alternativi, cioè, per prevenire la degenerazione neuronale e in generale tutte quelle malattie che sono legate al mal funzionamento del sistema nervoso".
Trovare altre molecole neuro-protettive è infatti importante perché la vita media si sta drasticamente innalzando e diventa quindi imperativo riuscire a prevenire le degenerazioni del sistema nervoso. Aumentare cioè la qualità della vita degli anziani, oltre che prevenire le malattie dell'invecchiamento del nostro sistema nervoso centrale, che non è programmato a ripristinare le cellule che muoiono.