Medicina
Sigaretta elettronica? Il maggior danno è la disinformazione
Vaping, il dibattito che divide la comunità scientifica. L’OMS: “difficile generalizzare il rischio per la salute rispetto alle sigarette”
Il mondo del tabacco e dei prodotti da fumo ha subìto di recente una radicale trasformazione grazie all’avvento dei cosiddetti RRP, prodotti a “rischio ridotto” come vaporizzatori o riscaldatori di tabacco che man mano sostituiscono le normali sigarette andando ad aumentare le file degli “svapatori”.
Ma non è fuorviante parlare di “rischio ridotto”? Esistono delle evidenze scientifiche a supporto di tale definizione? Sono queste le domande che i consumatori, sempre più confusi dal pullulare inarrestabile di notizie spesso contradditorie, tendono a porsi.
Ora, contrariamente a quello che si può immaginare, gli studi e le ricerche dedicate agli RRP non sono scarse o assenti, anzi sono piuttosto numerose, sia indipendenti, sia realizzate direttamente dalle aziende produttrici, sempre all’avanguardia e attente all’evoluzione e al miglioramento dei propri prodotti, per lo più realizzati all’interno di siti di produzione che sono dei veri e propri centri di ricerca e sviluppo ( Affaritaliani.it ha di recente visitato il centro di ricerca e sviluppo della sigaretta elettronica myblu a Liverpool).
Il dibattito resta caldo e la comunità scientifica è ancora divisa sul tema, il tutto a danno del consumatore che è sempre più confuso e spesso vittima di una non rassicurante disinformazione.
È notizia recente che tramite la pubblicazione di Q&A sul proprio account Twitter e sul sito web ufficiale, l’Organizzazione Mondiale della Sanità si sia espressa sulle sigarette elettroniche dichiarando che "aumentano il rischio di malattie cardiache e disturbi polmonari", che espongono anche i non fumatori "alla nicotina e ad altre sostanze chimiche dannose", che sono "particolarmente rischiose se usate dagli adolescenti". Quanto al fatto che passare allo svapo sia più sicuro rispetto alle bionde tradizionali "dipende dalla quantità di nicotina e di altre sostanze tossiche nei liquidi riscaldati". Per i consumatori di tabacco che vogliono smettere di fumare, precisa l’OMS, "esistono altri prodotti collaudati, più sicuri e autorizzati, come cerotti sostitutivi della nicotina".
Quello che ne consegue è una critica molto incalzante di una parte della comunità scientifica che, al contrario, ritiene i prodotti per il vaping strumenti utili nella lotta al tabagismo. Su questo punto si sono espressi con convinzione numerosi scienziati, in Italia e all’estero, ad esempio Riccardo Polosa, direttore del CoEHAR il Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell'Università degli Studi di Catania, che ha commentato: “Praticamente tutte le affermazioni fatte dalla OMS sono inesatte e fuorvianti. È noto a tutti che non è la nicotina a causare il cancro ma il mix di sostanze cancerogene che si sprigionano durante il processo di combustione delle sigarette. È veramente deprimente rendersi conto che i soldi dei contribuenti vengano spesi così male. Ribadisco che, per chi non riesce o non vuole smettere, le sigarette elettroniche rappresentano la soluzione meno dannosa per ridurre i danni da fumo. A testimoniarlo sono gli studi indipendenti provenienti da ogni parte del mondo e le testimonianze di migliaia di pazienti che afferiscono ai centri antifumo. Sulle dichiarazioni dell’OMS, anche il CDC Centers for Disease Control and Prevention, ha eliminato la raccomandazione di astenersi dall’uso di sigarette elettroniche come annunciato dopo lo scoppio del caso EVALI (i casi di malattia e morte negli USA) che, sottolineo, in Europa non ha registrato nessun caso”.
Similmente, Fontem Ventures, l’azienda olandese proprietaria del marchio di sigarette elettroniche blu, ha comunicato il suo disappunto in merito alla “disinformazione” generata dall’OMS sul vaping e ha risposto alla campagna su alcuni punti fondamentali affermando tra le altre cose che l’OMS erroneamente ha lasciato intendere che esista un reale dibattito sui pericoli del vaping rispetto al fumo e che, altrettanto erroneamente, ha attribuito i casi di malattia e morte negli USA (la cosiddetta EVALI) all’utilizzo di prodotti contenenti nicotina, suggerendo inoltre che il vaping possa essere dannoso per gli astanti, nonostante le schiaccianti prove scientifiche dimostrino il contrario.
Fatto sta che, a seguito di queste ed altre polemiche, si registra un passo indietro dell’OMS che ha modificato la pagina di Q&A sulla sigaretta elettronica. Due punti sono estremamente rilevanti.
Innanzitutto è stata modificata la risposta che imputava le morti per crisi polmonari accadute negli Stati Uniti all’uso dei prodotti per il vaping con nicotina, integrata con una citazione dei Cdc americani che hanno dichiarato che l’82% dei pazienti ospedalizzati riporta di aver usato prodotti contenenti Thc aggiungendo che è stato identificato un forte legame con l’acetato di vitamina E.
Un altro passaggio riguarda la domanda “Le sigarette elettroniche sono più dannose di quelle tradizionali?”. La prima risposta diceva che dipendeva da molti fattori e che comunque “ponevano un chiaro rischio per la salute e non erano in alcun modo sicure”. Nella nuova versione è stata modificata la domanda, nella quale ci si chiede se sono più o meno dannose, e nella seconda risposta, aggiornata e molto più articolata, si legge che le troppe variabili e i troppi fattori in gioco (come il tipo di prodotto, l’uso che se ne fa, chi lo usa ecc.) rendono “difficile generalizzare il rischio per la salute rispetto alle sigarette o altri prodotti del tabacco”.
In sostanza, allo stato attuale, non è possibile delineare i rischi e i vantaggi con una linea troppo netta, perché si rischierebbe da un lato di mettere al bando un’alternativa convincente per chi cerca di smettere di fumare, dall’altro di incentivare un uso troppo leggero e poco consapevole di un prodotto non privo di rischi. La chiave di volta sembra ancora essere quella di sottolineare con chiarezza che l’uso della sigaretta elettronica si risvolge esclusivamente ai fumatori adulti che intendono smettere di fumare sigarette tradizionali, i cui danni sono ormai ampiamente dimostrati.
Su questo punto abbiamo interpellato Enrico Ziino Head Of Corporate Affairs – South-East Europe di Imperial Brands, compagnia che in Italia distribuisce la sigaretta elettronica myblu: “Comprendiamo molto bene che chi si occupa di salute pubblica voglia tutelare milioni di non fumatori attraverso politiche contro il tabagismo e strumenti il cui livello di rischio è vicino allo zero come i cerotti sostitutivi della nicotina, ma dal momento che la popolazione adulta di fumatori tende a non adottarli, non vi sono effetti reali sulla riduzione del numero di fumatori. Ricordiamo che in Italia ci sono circa 11 milioni di adulti che fumano e molti di loro non vogliono o non riescono a smettere. E’ a questa fascia di consumatori che ci rivolgiamo in quanto il vaping può rappresentare per loro una possibilità per ridurre i danni causati dalle sostanze tossiche generate dalla combustione delle sigarette tradizionali rispondendo ad un’altra esigenza a cui i dispositivi medici non rispondono: la soddisfazione data da una gestualità ‘familiare’ e dalla possibilità di scegliere gli aromi che più rispondono ai gusti di ciascuno”.
Ci sembra quindi convincente la posizione di Peter Harper, oncologo britannico già direttore di Oncologia del Guy’s, King’s and St. Thomas Hospital di Londra, che in occasione della Conferenza internazionale sulla riduzione del danno nelle malattie non trasmissibili di Parigi si è espresso sul tema sottolineando: “È vero che non ci sono ancora dati a lungo termine, ma uno studio indipendente presentato alla Food and Drug Administration ha dimostrato che con questi prodotti c’è un’importante riduzione dell’esposizione alle sostanze tossiche. Questo è un dato. Certo: zero sigarette è meglio, e questa è la nostra indicazione ai pazienti. Ma smettere in modo definitivo non è facile, e tutto quello che facciamo noi medici puntando alla riduzione del danno è mirato ad ottenere un risultato concreto”.