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Pesce d’allevamento: buono e sano. Fabris:'qualità e sostenibilità'

«L’uomo è ciò che mangia» sosteneva il filosofo tedesco dell’Ottocento Ludwig Feuerbach. «Anche i pesci sono quello che mangiano» aggiungerebbero oggi i nutrizionisti. In questo senso, per essere sicuri della qualità delle varietà che si portano in tavola sono da preferire quelli allevati dagli acquacoltori, meglio se italiani, che offrono trote iridee, branzini, orate, anguille, storioni e ombrine.

“Attualmente, in Italia la quantità di pesce allevato è equiparabile a quella del pescato, ma importiamo ancora il 75% dei prodotti ittici. Gli allevatori del nostro Paese vendono spigole e orate quasi solo sul mercato interno, mentre un terzo delle trote è destinato all’estero e, in Austria e in Germania, sono vendute anche vive. Il caviale allevato, invece, è esportato per l’85-90%” spiega Andrea Fabris, direttore di API (Associazione Piscicoltori Italiani)”.

 

Pesce d'allevamento. Leader in Europa per il caviale

 In provincia di Brescia l’acquacoltura vede la presenza in prevalenza di allevamenti di trote e, soprattutto, di storioni. “ Si può dire – afferma Fabris – che le 3 imprese presenti sul territorio bresciano producono oltre la metà della produzione di caviale italiano, una delle eccellenze della nostra acquacoltura e prodotto di cui siamo leader in Unione Europea  con oltre 50 tonnellate l’anno”.

Sono invece decine  le troticolture presenti sul territorio lombardo, di cui alcune di dimensioni notevoli. Sono specializzate nella produzione di trote sia per il consumo umano che per la  pesca sportiva e il ripopolamento dei fiumi anche attraverso l’ utilizzo di  incubatoi e centri ittiogenici.

 PerformFish, recente programma di ricerca finanziato dall’Unione Europea ha messo in evidenza che la principale informazione che il consumatore cerca al momento dell’acquisto di prodotti ittici è l’origine del prodotto. «Il tanto apprezzato “Made in Italy” è riconosciuto anche al prodotto da acquacoltura. L’origine italiana è dunque un valore aggiunto» conclude Fabris.

 

Gli allevatori che fanno parte dell’API sono anche amici dell’ambiente, poiché contribuiscono a preservare le risorse del territorio e proteggono gli habitat delle diverse varietà di pesce e la biodiversità in generale. Costituitasi nel 1964 l’associazione, che riunisce oltre 300 imprese del settore, ha l’obiettivo di tutelare, sviluppare e consolidare tutte le attività di allevamento ittico sia in acqua interne sia in acque marine salmastre e si sta aprendo anche ad altre forme di acquacoltura.

Pesce d'allevamento. Sicuro e salutare

Costituita da alimenti utili all’animale per rimanere in salute, la dieta dei pesci allevati è sicura e sana. I nutrienti di cui si cibano provengono infatti da farine e olii ricavati da fonti sia vegetali sia animali. Tali alimenti sono sottoposti a rigidi controlli (nel nostro Paese sono tra i più rigorosi al mondo) e, grazie alla tracciabilità, in qualsiasi momento si può verificare che cosa hanno mangiato i pesci allevati.

 

«L’allevatore ha sotto controllo il pesce fin da prima della nascita e si occupa anche dell’eventuale trasformazione in prodotti “finiti”: nel caso della trota si tratta, per esempio, di filetti, hamburger, polpa per sughi e sughi pronti, in quello dello storione, invece, si tratta di caviale. Se dei pesci da acquacoltura, la cui alimentazione è controllata e sono sempre sottoposti a un monitoraggio veterinario, si conosce la vita fin dall’uovo, di quelli non da allevamento, invece, si conosce solo il luogo in cui viene pescato» spiega Fabris.

Per tutti questi motivi, sotto l’aspetto nutrizionale il pesce dall’allevamento non ha nulla da invidiare al pesce selvatico, soprattutto per quanto riguarda la ricchezza di acidi grassi “buoni”, come i famosi Omega 3, che proteggono il cuore e il sistema circolatorio, di proteine, di vitamine essenziali e di minerali anche rari, come lo iodio e il selenio.

 

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