Politica

A La Piazza le divergenze nel Cdx. Solo Pier Silvio può salvare FI

Di Giuseppe Vatinno

Ceglie Messapica cuore della politica italiana

A “La Piazza” un confronto sul futuro del centro – destra

 

Nei dibattitti che si sono tenuti a “La Piazza” sono emersi, come nel gioco divinatorio delle rune, degli elementi importanti per capire quello che succederà in futuro nel centro – destra e quindi nel governo.

Ne hanno discusso i due leader di Lega e Forza Italia e cioè Matteo Salvini ed Antonio Tajani, mancava Giorgia Meloni presente solo in ispirito dovendosi riprendere dalle fatiche della politica pur stando nello stesso luogo dove si teneva la convention, Ceglie Messapica in Puglia.

Partiamo da quello che è emerso come dato di fatto: Lega e Forza Italia sono diversi e questo lo sapevamo, ma quello che si capisce ascoltando Salvini e Tajani è che i due sono “profondamenti diversi” e non poteva che essere così.

Dalla manovra finanziaria, alle pensioni, alle banche e soprattutto alle alleanze per le Europee del 2024.

Si tratta di una diversità strutturale che in realtà ha origini storiche e si perpetua negli anni: brutalmente - ma efficacemente- c’è la destra liberale pre - fascista e la destra propriamente detta post - fascista.

Ora la Lega non è l’erede del Movimento Sociale Italiano, è qualcosa di diverso e complesso, portatore di istanze autonomiste. Non dimentichiamo che il fondatore Umberto Bossi aveva votato per il PCI e che lo stesso Salvini era il leader di una componente che si chiamava significativamente “Comunisti padani”.

Massimo D’Alema diceva che la Lega proveniva da una costola della sinistra.

Completamente diverso il discorso per Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni che è l’erede diretta di Giorgio Almirante e dell’MSI dopo il tradimento di Gianfranco Fini, anche nel simbolo della Fiamma tricolore.

Ma nella Trimurti che ha caratterizzato la destra nell’ultimo decennio, Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, ora manca uno dei pezzi da 90 e forse –in un certo senso- il più importante e cioè quel Silvio Berlusconi che l’ha sdoganata ai tempi del confronto Fini – Rutelli. Berlusconi è unico e irripetibile.

Con tutto il rispetto Antonio Tajani non può sostituirlo se non per la normale amministrazione, nella pratica.

È un buon politico, si muove in ambito moderato, ha ottimi agganci europei ma il rischio è che politici moderati più aggressivi, scusate l’apparente ossimoro, ce ne sono già e si chiamano ad esempio Maurizio Lupi e tutta la galassia centrista. E poi c’è Lui che si aggira da anni da quelle parti e cioè Matteo Renzi che non è certo di sinistra e nel Pd c’è capitato per caso.

Il pericolo per gli azzurri viene proprio da leader molto aggressivi e mobili come il senatore toscano che anzi non ha fatto segreto di puntare proprio all’elettorato di Forza Italia.

Il partito del Cavaliere ha una sola possibilità di salvarsi sul medio – lungo periodo e cioè la discesa in campo di Piersilvio, il figlio del leader scomparso.

A Mediaset ha sempre fatto bene ma ora che ha le mani libere e sta conducendo l’importantissima operazione anti – trash per una “informazione popolare di qualità” che lo rende accettabile anche a sinistra.

Per ora aspetta ma senza di lui Forza Italia non andrà lontano per un fisiologico svaporamento del consenso una volta scomparso il fondatore il che mette in ambasce il suo ceto politico.

Interessante vedere la sorte dei cosiddetti “colonnelli di Fini”.

Ignazio La Russa è piazzatissimo come Presidente del Senato mentre Francesco Storace -che ha appoggiato la Lega nel governo Draghi- fa il per ora il giornalista a Libero.

Maurizio Gasparri invece è solo vice  - Presidente del Senato ed è quello che ha fatto la scelta politicamente più debole a suo tempo andando con Forza Italia, pur provenendo da tutt’altro.

Detto questo la coalizione è solida ed andrà avanti perché il potere è un collante formidabile ma i giochi interni per il futuro sono già iniziati, insistendo Lega e FdI sullo stesso elettorato.