Politica
"Al governo ma con le mani libere". La strategia della Lega e di Salvini
Salvini: "Lo stop ai centri commerciali è uno schiaffo, così non va"
Due sono i punti chiave della strategia della Lega, messa a punto durante l'ultima segreteria politica via zoom: non si esce dal governo, ma si sta dentro per incidere e per contare. Come sempre sfumature diverse, atteggiamenti e linguaggi non univoci, ma sostanzialmente la linea è passata all'unanimità. E su questo filone si inseriscono anche le ultime dichiarazioni di Matteo Salvini, tornato belligerante: “Cancellata con un vero e proprio blitz la riapertura dei centri commerciali nei weekend a partire dal 15 maggio: ennesimo schiaffo al buonsenso, al lavoro, alla libertà, agli accordi. Il Decreto era immodificabile per pranzare al chiuso e per togliere il coprifuoco alle 22, ma è stato ritoccato per ammassare più studenti sui mezzi pubblici e per punire il commercio. Così non va”.
Chi pensa che la Lega sia in procinto di lasciare il governo si sbaglia. Se Salvini avesse voluto stare all'opposizione, senza così perdere voti nei sondaggi, lo avrebbe fatto fin dall'inizio. "Sapevamo perfettamente che sarebbe stata dura con il Pd e Speranza, ma siamo qui per combattare. Come diceva Bossi, mai mollare", spiega una fonte leghista di primo livello. Partito di lotta e di governo, insomma, proprio come predicava molti anni fa il Senatùr.
Del dualismo tra Salvini e il suo numero due, il ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti, si è scritto tanto e tanto si scriverà ancora. Certamente i due non hanno la stessa visione e lo stesso approccio, ma - spiegano da Via Bellerio - a volte queste differenze "giocano a nostro favore". GG svolge il ruolo di cerniera e di collante, con il premier Mario Draghi, con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e anche con gli altri partiti della maggioranza. Salvini, insieme ai due pragmatici capigruppo Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, veste i panni di chi quotidianamente sta sulla palla, rilanciandola nel campo avverso quando necessario. E soprattutto ricorda a tutti "il doveroso rispetto dei patti e degli accordi".
Poi ci sono i presidenti di regioni, guidati dallo schivo ma concreto, come tutti i friulani, Massimiliano Fedriga, che non hanno paura di alzare la voce con il governo ma che cercano sempre il dialogo e le soluzioni. Non a caso Luca Zaia, presidente certamente più vicino al titolare del Mise che non al segretario federale, afferma: "Spero in un decreto correttivo che non è un'ammissione di colpa, anche perché va riconosciuto che si è deciso di aprire da lunedì prossimo, che può essere considerata una data precoce e che si è buttato il cuore oltre l'ostacolo. Al tempo stesso io credo che dal 1 maggio si possa prendere in mano la situazione e che il decreto si possa modificare, in base all'andamento della situazione epidemiologica che ha avuto una sua evoluzione, per potere fare un tagliando e aggiustare il tiro rispetto alle aperture e ad alcune incongruenze presenti nell'attuale decreto".
Uscire oggi dal governo, come hanno detto tutti i partecipanti all'ultima segreteria politica, da Salvini ai ministri passando per i capigruppo e i Governatori, sarebbe un totale fallimento. Il Carroccio ha impostato la propria strategia anti-Meloni proprio su questo punto: facile stare all'opposizione per dire che non va bene niente, comodo. Ma noi stiamo dentro, con molte difficoltà, per cambiare davvero. E da qui si muove la Lega, sia sul coprifuoco sia sul nuovo affondo di Salvini sulla chiusura dei centri commerciali. "Questa è la Lega, non siamo Forza Italia, anche se tra noi ci sono punti di vista non sempre uguali. Se a Draghi non sta bene, lo dica. Noi andiamo avanti", spiega un parlamentare leghista di lungo corso. Lega di lotta e di governo, insomma. Anzi, Lega che sta al governo ma con le mani liberi. Anche perché, se stesse in silenzio, il rischio del sorpasso da parte di Fratelli d'Italia nei sondaggi potrebbe diventare davvero reale.