Politica

Banche e canone Rai, sul potere è scontro nel governo. I motivi della lite Lega-Forza Italia, Meloni costretta a mediare

Di Alberto Maggi

BancoBpm, Mps, Unicredit, Mediaset... Tensione nel Cdx

Mediazione difficile. Palla a Meloni e al suo fedelissimo Giovanbattista Fazzolari


Banche/finanza e Rai sono la cartina di tornasole dello scontro politico vero in atto nella maggioranza di governo e in particolare tra la Lega e Forza Italia con Giorgia Meloni, di nuovo, chiamata a giocare il difficile ruolo di mediazione. L’Ops di Unicredit su BancoBpm annunciata lunedì mattina - con il governo informato dell'operazione ormai a cose fatte - ha fortemente irritato il Carroccio con Matteo Salvini che ha accusato di voler affossare il terzo polo italiano del credito attaccando apertamente l'istituto di credito guidato da Andrea Orcel definita una “banca straniera”.

Non solo, il leader leghista ha anche chiesto l'intervento di Bankitalia. Tanto che in pieno accordo con il vicepremier e ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, il titolare del dicastero dell'Economia Giancarlo Giorgetti ha evocato la necessità del Golden Power. Dichiarazioni e uscite che non sono piaciute affatto agli azzurri guidati da Antonio Tajani. Per Forza Italia bisogna "lasciare che il mercato sia libero senza alcuna interferenza della politica", spiegano fonti del partito fondato da Silvio Berlusconi. Lo scontro è sia culturale che di potere.

La Lega è sempre stata a favore delle banche medio-piccole, vicine al territorio e legate alle realtà locali e al tessuto sociale ed economico del nostro Paese fatto soprattutto da partite Iva, piccole e medie imprese e artigiani. Forza Italia, figlia dell'impostazione di Berlusconi ed ora dei figli Marina e Piersilvio ha una visione internazionale fatta di grandi colossi - come Fininvest/Mediaset - che investono in tutta Europa e puntano alla concentrazione di pochi e big, anche nel mondo della finanza e del credito.

A questo punto per BancoBpm resta aperta la strada sponsorizzata dalla Lega di una fusione con Mps, risanata dallo Stato, per arrivare a quel terzo polo bancario italiano più volte evocato da Salvini, oppure si cercheranno altre sponde, magari di italianità come già avvenuto a suo tempo con Anima e la triangolazione tra Poste e Caltagirone (come ha scritto ieri Affaritaliani.it).

L'accordo BancoBpm-Mps (più Anima Sgr) che diventerebbe appunto il terzo polo bancario, dopo Intesa e Unicredit spiega il nervosismo da parte del Carroccio contro il blitz Unicredit che nasce proprio dal rischio di perdere non solo BancoBpm politicamente di area leghista ma anche Mps, il cui attuale presidente Nicola Maione è in quota Lega. Ma se Orcel dovesse tirare dritto, magari con una seconda offerta al rialzo considerando la prima troppo bassa, l'esecutivo si ritroverebbe diviso. Lega sulle barricate e Forza Italia contraria al Golden Power.

Fratelli d'Italia in teoria vista la sua storia di destra nazionale dovrebbe difendere l'italianità anche degli istituti di credito come BancoBpm ma oggi Meloni è presidente del Consiglio e da un lato non può permettersi una guerra con il primo gruppo televisivo privato italiano che di fatto "controlla" Forza Italia e dall'altro ha importanti legami con Bruxelles, soprattutto dopo il successo di Raffaele Fitto vice-presidente della Commissione europea, e quindi non può schierarsi troppo a favore dell'italianità. Lo stesso scontro si sta consumando sul canone Rai con i ministri azzurri che hanno addirittura disertato il Consiglio dei ministri.

La Lega insiste e non ritira l'emendamento che conferma la diminuzione del canone da 90 a 70 euro, Forza Italia parla di un risparmio di 20 euro che è meno di un caffè al giorno per un mese e chiede di lasciare il canone a 90 euro e usare quei soldi per aumentare la platea dei beneficiari della riduzione del taglio dell'aliquota Irpef dal 35 al 33%. Ma è ovvio che dietro, come per le banche, ci sia uno scontro di potere. Ridurre il canone alla Rai significa aumentare la raccolta pubblicitaria per la tv di Stato e tutto danneggerebbe Mediaset.

Pertanto i figli di Berlusconi stanno facendo un fortissimo pressing su Tajani e sui suoi fedelissimi azzurri in Parlamento per fermare l'emendamento della Lega. Meloni è irritata per la litigiosità della maggioranza, che danneggia l'immagine del governo e frena anche il cammino della manovra e del Decreto Fiscale rispettivamente alla Camera e al Senato. Ma il potere è il potere e lo scontro sottotraccia è forte e la tensione alta.

Tra l'altro, la lite sul canone Rai è quasi la fotocopia di quella sulla tassazione degli extra-profitti delle banche. La Lega la chiedeva a gran voce, Forza Italia si opponeva in modo netto e alla fine si è arrivati al compromesso dei soldi dati in anticipo dagli istituti di credito ma che poi verranno restituiti (magari con gli interessi) dallo Stato.. E, guarda caso (e nulla accade per caso), gli azzurri erano contro una norma che avrebbe toccato i figli di Berlusconi (attraverso Mediolanum) proprio come la conferma della riduzione a 70 euro del canone Rai fa paura a Mediaset (cioè ancora un volta i discendenti del Cavaliere).

Poi certo nei vertici di maggioranza si trovano le intese e qualcosa verrà sistemato nella manovra per Irpef, partite Iva, pensioni e forze dell'ordine. Ma quando c'è di mezzo il sistema del credito, i legami di alcuni colossi con altri partner internazionali, la difesa dell'italianità delle banche del territorio vicine a una fetta importante dell'elettorato leghista e il duello Rai-Mediaset sulla pubblicità siamo di fronte a una lite sul potere. E qui la mediazione diventa difficilissima. Palla a Meloni e al suo fedelissimo Giovanbattista Fazzolari.

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