Politica
Bonaccini o Schlein, chi cavalcare per salvarsi? Il dilemma nel Pd
Nessuna riflessione sulla questione morale e sull'identità. Nel Pd è caccia al cavallo vincente per salvarsi, come ha capito il cattolico Franceschini
Pd, guerra tra bande per salvarsi il posto e accreditarsi presso il candidato segretario vincente
“Qualcosa è cambiato “non è solo il titolo di un famoso film con Jack Nicholson, ma è la situazione attuale del Pd che ancor prima del Congresso con ambizioni costituenti è deflagrato dopo la fallimentare gestione di Enrico Letta. L’impero romano sta crollando ed i barbari premono alle sue frontiere: si tratta di una “barbara” dal nome gotico, Elly Schlein, una che con la storia del Partito democratico c’entra poco o nulla.
Bisessuale dichiarata, sostenitrice dei diritti Lbgt, ricca di famiglia, paladina dei diritti civili ha un programma di pura distruzione di quel partito che nacque come piccolo compromesso storico tra il PCI e la sinistra DC. La sua vittoria porterebbe a quello che è stato definito un “grande partito radicale di massa” che abbandonerebbe per sempre la sua vocazione sociale per abbracciare i diritti civili.
E il segno che qualcosa si è rotto definitivamente è avvenuto quando il leader democristiano per eccellenza, l’ex ministro della cultura Dario Franceschini, ha annunciato il suo sostegno alla Schlein provocando l’immediata deflagrazione della sua corrente storica e cioè AreaDem che non ha retto all’urto. E, paradossalmente, a guidare la secessione interna è stato Piero Fassino, un ex comunista.
L’ex diessino ha così sbottato: “Noi con la Schlein non c’entriamo nulla. Noi sosterremo Stefano Bonaccini” ed ha anche (ri)nominato la corrente, “Iniziativa democratica”. Lo hanno seguito almeno dodici membri del correntone centrista che Fassino ha riunito via Zoom. Ma che cosa è accaduto?
Come è possibile che un democristiano doc abbracci improvvisamente le battaglie delle lesbiche, dei gay, dei transessuali? È vero che Papa Francesco, conciliare come non mai, ha fatto aperture in tal senso ma il salto in avanti pare veramente troppo per il cattolicissimo Franceschini. Dietro quindi pare esserci solamente una scelta tattica e questa motivata da due ragioni.
La prima, fondamentale, è che se Franceschini punta sulla Schlein vuol dire che ha buone possibilità di vittoria, perché difficilmente l’ex ministro della Cultura ha sbagliato. Secondo: l’endorsement è stato fatto per stoppare le altre candidature che afferiscono a ben determinate aree culturale del Pd: quella di sinistra di Cuperlo e quella di Bonaccini del “partito dei governatori” che strizza l’occhio a Matteo Renzi che ha le truppe accampate a poca distanza dal Nazareno.
La botta a Bonaccini è stata forte. L’intervista di Franceschini al Corriere della Sera in cui ha invitato a “lasciare il passo alle nuove generazioni” è stata presa come una vera e propria dichiarazione di guerra, peraltro inaspettata. Dunque Bonaccini non l’ha presa affatto bene questa apertura alle “nuove generazioni” e cioè alla Schlein ed ha prontamente ribattuto: “C’è un gruppo dirigente che è stato sconfitto e che per la maggior parte è sempre lo stesso da anni», rendendo pan per focaccia a Franceschini stesso.
E poi la stoccata finale a Franceschini: «Niente di personale, ma vi pare normale che nessun dirigente nazionale di livello sia stato candidato in un collegio uninominale per andare a prendere i voti a uno a uno? Se sei un leader devi dimostrarlo anche nel consenso». Da considerare anche che Pina Picerno, vicepresidente del Parlamento europeo, ha abbandonato AreaDem e si è messa con Bonaccini facendo addirittura la sua vice presentandosi in ticket. Anche Lia Quartapelle non le ha mandate a dire: «In questa intervista manca l’unica cosa importante, e cioè che sia un’opinione personale, non l’indicazione per una corrente. Caro Dario, non si lascia spazio al nuovo se le vecchie correnti semplicemente si spostano su un altro candidato segretario».
Ora la situazione dentro al Pd sta letteralmente deflagrando e si assiste ad uno squallido spettacolo di guerra tra bande con incursioni giornaliere di bravi e sgherri che minacciano e si minacciano vicendevolmente. Si tratta del momento più difficile per la storia del Partito Democratico e tutto questo ha un nome e cognome e cioè Enrico Letta, una sorta di Romolo Augustolo padano, la cui condotta disastrosa sta portando alla fine di un impero elettorale che vede il Pd in caduta libera nei sondaggi.
In tutto questo sta emergendo solo il particulare, come direbbe Machiavelli. I cosiddetti leader mostrano di disinteressarsi totalmente del Partito e degli elettori ma cercano solo di salvarsi a tutti i costi, anche a costo di stravolgere le proprie idee e i propri valori. Con quello che sta succedendo prima con il caso Soumahoro, poi con lo scandalo di Bruxelles, la grande assente dal dibattito è proprio la questione morale. Nessuno ne fa cenno, nessuno fa autocritica, nessuno ne parla. Un convitato di pietra. Gli elettori stanno vaporizzandosi come neve al sole del deserto, mentre il fantasma di Enrico Berlinguer aleggia sullo sfondo.