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Carceri, stop alla riforma Orlando. Bonafede: "Né manettari, né buonisti"
Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede

Il Governo ha dato il via a una nuova riforma delle carceri, modificando la disciplina dell’ordinamento penitenziario voluta dall'ex ministro della Giustizia Andrea Orlando.

Nella serata di ieri, infatti, il Consiglio dei Ministri, su proposta del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, ha approvato in esame preliminare un decreto legislativo volto a modificare l’ordinamento penitenziario. Il Governo "ha ritenuto opportuno intervenire con una revisione e riscrittura del testo" varato dal precedente Governo, "in modo da tenere conto delle indicazioni espresse dal Parlamento", si legge in un comunicato del Consiglio dei Ministri.

BONAFEDE: PUNTO DI EQUILIBRIO - "Né manettari, né buonisti: facciamo le cose per bene. Lo schema di decreto legislativo adottato ieri dal Consiglio dei Ministri è un buon punto d'equilibrio dei due principi contenuti nel contratto di governo: certezza della pena e dignità della sua espiazione. Partendo da un presupposto irrinunciabile: il rispetto del Parlamento". Lo sottolinea il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, su Facebook.

Bonafede
 

"Abbiamo deciso di salvare quanto abbiamo trovato condivisibile del vecchio provvedimento, cancellando ovviamente le parti su cui non eravamo affatto d'accordo. Anche questo è il governo del cambiamento", prosegue Bonafede.

"Così, nel nuovo schema, abbiamo bloccato l'allargamento di benefici concessi anche a chi ha commesso reati gravi. Ma, di contro, abbiamo ammesso quei punti che consentiranno un miglioramento della vita dei detenuti. Fra questi, ad esempio - aggiunge Bonafede - la semplificazione delle procedure per l'accesso alle misure alternative, ma solo per chi se lo merita. L'assunzione di mediatori culturali e interpreti che agevolino la vita in carcere dei detenuti stranieri evitando così la creazione di tensioni che possano risultare pericolose. L'effettiva tutela dei detenuti vulnerabili, a rischio di sopraffazioni o aggressioni, all'interno delle carceri. Poi la formazione professionale, il lavoro, la partecipazione a progetti di pubblica utilità. L'accesso ad attività volontarie, culturali e all'istruzione".

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