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Politica
Chiara Appendino si scorda i debiti al Comune di Torino

Chiara Appendino è indagata per falso ideologico in atto pubblico dalla Procura di Torino. Lo è per non aver fatto iscrivere a bilancio passivo 2016 una somma di 5 milioni di euro per un debito contratto dai predecessori -e cioè dalla giunta di Piero Fassino- verso la società Ream della Fondazione Crt che aveva dato una caparra nel 2012 per avere il diritto di prelazione per la costruzione di un centro congressi da 5.000 posti ed un supermercato Esselunga nell’area ex Westinghouse.

Poi la Ream rinuncia e l’appalto viene dato all’Amteco Maiora e quindi la somma deve andare iscritta alle passività del bilancio comunale come, del resto, è andata all’attivo la somma di 19,6 milioni di euro da incassare.

Insieme all’Appendino sono indagati per lo stesso reato il capo di gabinetto della sindaca Paolo Giordana e l’assessore al Bilancio Sergio Rolando.

Ne ha dato notizia su Facebook la stessa sindaca alle 10.48 di ieri, giorno in cui è stata ascoltata, su sua stessa richiesta, per ben tre ore in Procura.

Premesso che i cittadini, anche i Cinque Stelle, sono innocenti fino al terzo grado di giudizio, non si possono però non fare certe considerazioni proprio in virtù del credo grillino nella giustizia giusta.

Luigi Di Maio è piombato sulla vicenda dicendo che il Movimento è “sotto attacco, il sistema ci accerchia”, continuando a distillare il solito concentrato di populismo miscelato con scaltra demagogia in salsa elettorale.

Di Maio però lucra ma non protegge la sindaca “buona”, quella che fino a qualche mese fa rappresentava l’aspetto competente e serio di un Movimento, i Cinque Stelle, spesso identificato come impreparato e superficiale nella gestione della cosa pubblica.

L’Appendino, con il suo passato in Confindustria e la sua laurea alla Bocconi, rappresentava, dicevamo, il contraltare positivo al disastro romano di Virginia Raggi; poi la drammatica vicenda di Piazza San Carlo dove, il 3 giugno, una marea umana ivi radunata per la finale di Champions della Juventus, è stata fatta risuonare in uno spazio privo della necessaria scurezza e dove c’è stata anche una vittima, ha offuscato quanto di buono o meglio, di non cattivo, aveva fatto fino ad allora. Successivamente, il 25 settembre, un altro episodio mette in mostra le contraddizioni della sua giunta quando la sindaca è costretta a trasferire il G7 da Torino a Venaria, per evitare disordini pubblici con proteste anti-sistema condivise anche da parte degli stessi grillini.

Consapevolmente segnata da quanto successo Chiara Appendino ha perso via via di lucidità cominciando a mettere a nudo il solito aspetto di approssimazione e non controllo grillino e facendola precipitare pericolosamente nel gradimento della pubblica opinione nei dintorni della Raggi, peraltro incappata in identici problemi.

Ora l’accusa di questo giochetto contabile -se sarà confermata- la individua come scaltra amministratrice pubblica riponendola in quell’ideale Pantheon di amministratori che non fanno il bene dei cittadini ma perseguono il loro interesse, in piena sintonia con quella “vecchia politica” che i seguaci del comico genovese si riproponevano di spazzare via.

Vi sono mail e lettere imbarazzanti e le dichiarazioni di una dirigente del Comune, Anna Tornoni, che ha raccontato dell’invito a riscrivere il bilancio alla Procura dopo un esposto fatto da Alberto Morano (lista civica Morano) e Stefano Lo Russo (Pd); in seguito c’è stato un altro esposto da parte del collegio dei revisori dei conti di Palazzo Civico.

Oltretutto, i Cinque Stelle, a Torino come altrove, hanno sempre fatto una politica di lotta contro la cementificazione che però nella città sabauda ha visto l’approvazione, fino ad ora, di ben sette centri commerciali.

In particolare poi, i Cinque Stelle hanno lottato per anni contro la costruzione del “Mostro” -come lo chiamavano quando erano all’opposizione- cioè del nuovo centro commerciale approvato invece il 30 novembre del 2016, nascondendone pure i debiti e incassandone i crediti.

I Cinque Stelle, hanno fatto la loro fortuna politica proprio malmestando la demagogia dell’”onestà” -fino a quando- per una sorta di nemesi storica le due sindache della Capitale d’Italia e di una grande città industriale, non si sono trovate a difendersi dalle stesse accuse.

Piero Fassino ha colto l’occasione per ribadire quanto sia difficile governare e, si potrebbe aggiungere, quanto sia difficile tenere fede ad altissimi valori etici sparsi a piene mani solo per arraffare consenso.

 

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