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Politica
Consiglieri regionali e abuso della fascia: urge regola cerimoniale univoca
Sindaci con la fascia tricolore

Largo abuso della fascia da consigliere, è necessario ridare valore e dignità all’uso dei simboli

Nella convulsa e confusionaria vita delle istituzioni nazionali si apprende che un consigliere regionale ligure, Angelo Vaccarezza, attualmente in Forza Italia, ha partecipato ad una commemorazione della RSI sul Monte Manfrei nel Savonese, per ricordare un presunto eccidio di 200 soldati della San Marco che sarebbe accaduto nel 1945 ad opera dei partigiani.

L’uso del condizionale è quantomai opportuno, non essendo per niente documentato che ciò sia accaduto, anche stando agli archivi della stessa RSI. Stando alla ricostruzione di diversi studiosi, risulterebbe essersi trattato di 8 fucilazioni.

Ma il punto non è nelle proporzioni dell’eccidio, su cui devono pronunciarsi gli storici, quanto nel fatto che un consigliere regionale abbia deciso di partecipare all’evento indossando la fascia della Regione Liguria. La fascia che i rappresentati delle istituzioni indossano nelle cerimonie ufficiali hanno un alto significato rappresentativo e un elevato valore simbolico dal punto di vista del cerimoniale. Parliamone.

È noto che protocollarmente la fascia tricolore la indossano i sindaci e la fascia azzurra è portata dai presidenti di Provincia. Lo stabilisce una legge dello Stato, il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. L’articolo 50 infatti stabilisce che: “Distintivo del sindaco è la fascia tricolore con lo stemma della Repubblica e lo stemma del comune, da portarsi a tracolla. Distintivo del presidente della provincia è una fascia di colore azzurro con lo stemma della Repubblica e lo stemma della propria provincia, da portare a tracolla”. La formulazione della normativa è avvenuta al termine di un processo voluto a livello nazionale per rafforzare l’identità ed il valore simbolico della rappresentanza.

Una precedente circolare del 1998 (la n. 5/98) del Ministero dell’Interno era stata particolarmente incisiva sul valore della fascia tricolore per i sindaci: “L'uso della fascia tricolore da parte del soggetto che rappresenta la comunità locale si caratterizza per il suo valore altamente simbolico (…) L'alto ruolo istituzionale svolto dal sindaco impone, pertanto, un uso corretto e conveniente della fascia tricolore nell'avvertita consapevolezza della dignità e del decoro della carica, e tale da non scalfire la realtà dello Stato come elemento di unità giuridica, nel cui ambito ogni cittadino è tenuto a partecipare al mantenimento dei valori che lo caratterizzano e lo fondano”. Parole precise, misurate e inconfutabili: decoro della carica, unità giuridica dello Stato, mantenimento dei valori.

Le regioni erano fuori da questo discorso. In ossequio ai principi dell’autonomia fissati dal nuovo Titolo V della Costituzione, ogni regione può agire per proprio conto, cioè ognuno può decidere di dotarsi di una propria fascia, con propri colori e caratteristiche. E qui subentra un attimo di confusione. L’argomento rientra nel contesto del cerimoniale della Repubblica.

La fascia è elemento di riconoscibilità nelle cerimonie pubbliche. Quando si è in presenza di più sindaci, sono tutti univocamente individuabili per il tricolore che indossano; quando si è in presenza di una sequenza di fasce azzurre, non si sbaglia a riconoscerle come espressione dei Presidenti di Provincia; se invece abbiamo un’arlecchinata di fasce dovremmo capire che si tratta dei Presidenti di giunta regionale.

E questo è il primo punto controverso: essendo la rappresentanza materia del Cerimoniale, dovrebbe essere lo Stato a regolamentare. Lo sanciscono varie sentenze della Corte Costituzionale.

Ma, tornando al caso specifico, la questione è un’altra: la fascia va indossata dal rappresentante di vertice dell’amministrazione. Quindi, un sindaco o un presidente dell’ente, sia esso provinciale o regionale. Eccezionalmente, e per espressa delega, può essere ceduta a un vice sindaco o un vice presidente o un assessore presente in rappresentanza.

E capiamoci bene: vi è una sola fascia disponibile in ogni ente ed è nella disponibilità del solo rappresentante di vertice. Se anche i consiglieri comunali, provinciali o regionali avessero facoltà di indossare la fascia, tra l’altro per iniziative non ufficialmente riconosciute nell’ambito dell’unicità dello Stato, ma a proprio gusto e piacimento personale, dove vanno a finire la “dignità e il decoro della carica” e il “mantenimento dei valori” istituzionali?

Insomma, un qualsiasi consigliere comunale ha pieno diritto di riconoscersi nei contenuti di un determinato evento (sebbene in questo caso si senta puzza di revisionismo storico e di attacco ai valori dell’antifascismo), ma non può decidere autonomamente di passare a Palazzo, prelevare la fascia e andarla ad indossare, dando l’idea di rappresentare l’intera istituzione. Decidiamoci una volta per tutte a ridare valore e dignità all’uso dei simboli, di cui il cerimoniale cerca di rendersi garante… Ma quanta fatica!

*già responsabile dell'Ufficio del Cerimoniale di Stato e per le Onorificenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri che ha visto sfilare a Palazzo Chigi ben sette premier, da Silvio Berlusconi a Mario Draghi, passando per Mario Monti, Enrico Letta, Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte.






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