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Politica
Cos'è il M5s per Salvini? Un tram che si chiama desiderio (di potere)

Mesi fa, dopo il voto del 4 marzo, quando si evidenziavano - sempre men sotterranee - le prove tecniche di intesa fra la Lega e il M5s per arrivare a Palazzo Chigi, molti osservatori facevano notare come Matteo Salvini - che deteneva il mero 17% di consensi rispetto al 32% dei grillini - si stesse esponendo al rischio di essere fagocitato da questi ultimi e di assumere volontariamente il ruolo di "socio di minoranza" in un esecutivo nel quale i suoi alleati avrebbero fatto invece la parte del leone, mangiandosi la Lega.

Il tempo invece ha palesato via via l'erroneità di tale analisi, evidenziando al tempo stesso il fenomeno opposto, ovvero l'appiattimento progressivo del Movimento sui temi del Carroccio, che ha finito per indebolire i grillini.

Si può certo dire che entrambe le forze politiche si siano utilizzate vicendevolmente per raggiungere Palazzo Chigi (in politica si chiama "alleanza" o - nel nuovo gergo giallo-verde - "contratto di governo"), e che ciascuna abbia usato i consensi dell'altra come un tram per aggiungerli ai propri e arrivare a destinazione. Ma Salvini, rispetto a Di Maio, è un politico di razza, e si è dimostrato ben più ferrato nel manovrare, citando liberamente Tennessee Williams, il tram chiamato desiderio (di potere), relegando gli alleati a semplici passeggeri che, di tanto in tanto, gli mettono i bastoni tra le ruote e rallentano la corsa. 

Salvini, tuttavia, ha finito per avere in mano il volante e ha assunto una tale posizione di supremazia da essere lui a guadagnarci di più se o quando (più accreditata la seconda ipotesi ormai) tutto dovesse andare a carte quarantotto. I suoi propositi di abbandonare l'alleato al suo destino, Salvini li ha resi noti neanche tanto velatamente qualche giorno fa in un'intervista volante: "Se governassi da solo farei le cose più velocemente" ha dichiarato in una sorta di spoiler, di anticipazione delle prossime puntate della querelle governativa, un sassolino gettato nelle superficialmente ristagnanti (ma sotto sotto ribollenti) acque della diplomazia di facciata che governa i rapporti tra lui e i grillini. 

La domanda è: saranno prima i grillini ad abbandonare la corsa di Salvini magari tentando disperatamente un'alleanza con il Pd come vorrebbe una certa parte dei dem e qualche cespuglio "sinistro" del M5s, o il leader del Carroccio a liquidarli per convenienza? A conti fatti, è più probabile che avvenga la seconda ipotesi, e a quel punto Di Maio & co. non potrebbero fare altro che, per usare un'espressione icastica, attaccarsi al tram.

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