Politica

Così la politica punta allo sport... ma alla fine vince sempre Malagò

Di Lorenzo Zacchetti

Mastrangelo (Lega) sfida il suo ex coach Berruto (Pd). Nelle liste ci sono tante star dello sport, ecco a cosa puntano i partiti

Da Vezzali a Fittipaldi, i campioni che scendono in campo nelle elezioni 2022

 


L'ex pallavolista Luigi Mastrangelo si candida con la Lega e così sfida il suo ex coach della nazionale Mauro Berruto, che scende in campo col Pd. Uno dei tanti incroci curiosi nel rapporto tra sport e politica, non sempre di facile gestione. 

A volte sono i partiti a scommettere sull'affetto nei confronti dei più grandi campioni: Fdi punta su Emerson Fittipaldi, augurandosi di inserirsi nella scia che ha visto eleggere delle star come Gianni Rivera e Manuela Di Centa. In altri casi sono i protagonisti dello sport a voler cavalcare la propria popolarità per entrare in Parlamento. Ad esempio Claudio Lotito, presidente della Lazio e protagonista di una beffa davvero clamorosa: non eletto al Senato nel 2018, fece ricorso e lo vinse, ma non entrò mai in carica perché in quattro anni non si è trovato il tempo per fissare la votazione necessaria per la ratifica. Un boccone difficile da mandar giù e infatti il citazionista latino più famoso del pallone sta provando a farsi ricandidare da Forza Italia. Probabile, sempre tra gli “azzurri”, la presenza di Beppe Incocciati, ex giocatore del Milan e poi del Napoli di Maradona, che già da tempo si dedica alla politica.

Chi sicuramente sarà in lista nel partito di Silvio Berlusconi è Valentina Vezzali, sottosegretaria con delega allo Sport nel Governo Draghi. Il suo feeling con il Cav è noto fin dai tempi della famosa puntata di “Porta a Porta” che tanto fece discutere per una sua battuta allusiva, ma la candidatura con Forza Italia è finalizzata a un obiettivo decisamente più serio e prestigioso: la guida politica dello sport.


Vezzali a Berlusconi: "Da lei mi farei veramente toccare" - VIDEO

 

 

Non parliamo di “ministero” vero e proprio, perché in Italia non porta granché bene. Vincenzo Spadafora (M5S, ora Impegno Civico) è ricordato dagli addetti ai lavori per aver ammesso che - almeno inizialmente -non conosceva il settore dello sport del quale si doveva occupare. Non si può dire che abbiano lasciato ricordi indelebili nemmeno gli esponenti Pd Luca Lotti e Josefa Idem, ma quest'ultima ha una grossa attenuante: fu costretta a dimettersi per una vicenda minuscola (il mancato pagamento di ICI e IMU) che pareva inoltre dipendere più da un errore del suo commercialista che suo. L'ultima a cui la carica ha portato fortuna è stata Giovanna Melandri, entrata in carica poco prima del mondiale vinto dagli Azzurri di Lippi nel 2006 e quindi in prima fila a sollevare la coppa a Berlino. Il fattore C è indispensabile, tanto nello sport quanto nella politica. 

Solitamente, la delega allo Sport viene appioppata a un sottosegretario o, più raramente, a ministri chiamati ad occuparsi anche di altro (dalle politiche giovanili al turismo). Questo succede in parte per l'incapacità dei politici di governare un settore del quale peraltro intuiscono il potenziale in termini di consensi. Lo si evince anche dalla maldestra gestione della questione-DAZN: oggi siamo sotto elezioni e tutti i politici ne parlano con toni da Masaniello, ma le proteste degli utenti risalgono a molto indietro nel tempo. 

Evidenziate le carenze dei partiti, bisogna anche riconoscere le attenuanti. A chiudere ogni discorso sono le norme del CIO, il Comitato Olimpico Internazionale, che sanciscono l'indipendenza dello sport dalla politica. L'ultima riforma che cercò di spostare gli equilibri di potere, ad opera di Giancarlo Giorgetti, per poco non ci costò l'estromissione dalle Olimpiadi: fu necessaria una controriforma approvata in tutta fretta per placare l'ira funesta del CIO.

A richiederne l'intervento era stato Giovanni Malagò che, in quanto presidente del Coni, aveva il dovere di segnalare a Losanna l'anomalia italiana. Il riassetto normativo servì anche a rimettere ordine nei rapporti tra lo stesso Coni e la neonata Sport e Salute, società alla quale erano stati devoluti alcuni asset (tra cui il famoso Istituto di Medicina dello sport dell'Acqua Acetosa) e buona parte del personale. 



 

Una vera e propria guerra, che ebbe in Malagò il suo chiaro vincitore, come regolarmente avviene ormai da oltre vent'anni. Oggi la partita ha in palio una posta ancora più ghiotta, a partire dalle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026. La politica guarda con enorme interesse a quel magico mondo che, come spiegava Nelson Mandela, “può cambiare il mondo, parlando ai giovani in un linguaggio a loro comprensibile”, roba che i partiti sognano di notte. Lo sport fa gola, ma solitamente va così: i contendenti se le danno di santa ragione e alla fine vince Malagò. Almeno fino a quando c'è: il suo mandato scade nel 2024 e al quadro politico che scaturirà queste elezioni si legherà certamente anche la futura governance dello sport.