Politica

Renzi, antipatico a 'don Ferruccio', non è "un giovane caudillo"


Di Pietro Mancini


Il Capo del governo italiano? "Un giovane caudillo e un maleducato di talento. Il "Corriere della Sera" ha appoggiato le sue riforme economiche, utili al Paese, ma ha diffidato, fortemente, del suo modo di interpretare il potere. Disprezza le istituzioni e mal sopporta le critiche. Personalmente mi auguro che Sergio Mattarella non firmi l’Italicum".
Lo ha scritto, nel suo editoriale di commiato, Ferruccio de Bortoli, direttore del quotidiano più diffuso e autorevole del nostro Paese, bello ma sempre meno normale. Per i lettori, che non conoscono lo spagnolo, il termine "caudillo" viene utilizzato per indicare il Capo di un regime autoritario. Lo fu il generalissimo Francisco Franco, spietato fascistone, che assunse il potere nel 1939, dopo una sanguinosa guerra civile e grazie all'aiuto di Mussolini e Hitler.
Cosa sarebbe successo nel Regno Unito e negli USA se i direttori di "The Times" e "The New York Times" avessero dato di "caudillo" al primo ministro, David Cameron, o al Presidente, Barack Obama ? Lasciamo la risposta ai lettori.
Gli italiani, in primis Renzi, leggeranno, oggi, con attenzione, l'editoriale del nuovo direttore del "Corriere della Sera", Luciano Fontana, per capire se condivida, oppure no, il giudizio di de Bortoli sul premier. Intanto, in attesa di sapere se il finora silenzioso Mattarella firmerà, oppure no, l'Italicum ci terremo, serenamente, a Palazzo Chigi, non pochi prevedono fino al 2018, come Capo del governo, cioè della seconda istituzione, un giovane che-sostiene l'ex direttore del "Corrierone"- disprezza le istituzioni e che "odora di logge massoniche".
È normale, fisiologico, in una democrazia occidentale, tutto ciò ? No, non lo è.
Come non lo era che, nel ventennio berlusconiano, la lotta dura, ma senza sbocchi concreti, non siano stati in grado di farla i tanti capi e capetti della sinistra, ma i registi, come Nanni Moretti, i giornalisti, come Santoro e Travaglio, i giuristi, come Zagrebelsky, gli attori, come Dario Fo. E, soprattutto, i magistrati come Ilda Boccassini e Antonio Ingroia, che ricevettero la staffetta da Tonino Di Pietro, Francesco Saverio Borrelli e Gian Carlo Caselli. Costoro avevano dato il loro rilevante contributo alla dipartita dei leader e dei luogotenenti della Prima Repubblica, che pagarono pure i non pochi errori politici commessi e la corruzione diffusa, non solo nel vecchio teatrino della politica.
In un "Paese alle vongole", dove la situazione, come avrebbe detto Flaiano, è grave ma non è seria, perché ci stupiamo, dunque, delle parole forti di commiato di un onesto giornalista milanese di lungo corso ? Soprattutto, in quanto, in Parlamento e nel Paese, non ci sono leader e forze politiche, credibili e autorevoli, in grado di guidare un'opposizione, forte e seria, e di presentare un progetto alternativo a quello del giovane e decisionista primo ministro di Rignano.
Alcuni esponenti della minoranza del PD, in questi giorni, tutt'altro che edificanti per l'immagine delle istituzioni, dovrebbero ricordare la amara constatazione che, nel 2002, in pieno berlusconismo, fece Nanni Moretti, in un comizio a piazza Navona, rivolgendosi ai leader dell'epoca dell'Ulivo : "Con questi dirigenti, non vinceremo mai !".
13 anni dopo, nel PD, tra i non renziani, prevalgono l'immobilismo, le incomprensibili e astruse tattiche parlamentari e, soprattutto, il timore di non essere ricandidati in collegi e postazioni sicure. E non si può non bocciare come innocua e sterile  un'opposizione al premier fatta da chi, come le minoranze di PD e FI, avevano già votato 2 volte l'Italicum, al Senato...
Sulle proposte dell'ex Sindaco di Firenze devono essere avanzate critiche ragionevoli, nel merito dei provvedimenti, non lanciati anatemi e paragoni con Mussolini e Scelba.
Invece di dividerci sui confronti tra Matteo e Alcide de Gasperi  o Benito Mussolini, sarebbe positivo se la maggioranza della classe dirigente del Paese riflettesse, con attenzione, su due concetti, evidenziati da de Bortoli :

"In questo Paese, di modesta cultura delle regole, l’informazione è considerata da gran parte della classe dirigente un male necessario. Uno dei tanti segni di arretratezza. Piaccia o no, le notizie sono notizie".
Il secondo non può non essere sottolineato e fatto proprio da un quotidiano on line come Affaritaliani.it
"I giornali dovrebbero tutelare, di più, le persone coinvolte in fatti di cronaca o inchieste. Non sono oggetti inanimati delle notizie o protagonisti involontari di una fiction . Hanno famiglie e sentimenti. La loro dignità va sempre salvaguardata e l’onore restituito, quando è il caso". Ben detto, direttore de Bortoli.